MUJICA REVOLUTION - RIFORME, LOTTA ALLA POVERTÀ, UGUAGLIANZA SENZA MAI FARSI CORROMPERE: L’EX PRESIDENTE DELL’URUGUAY LASCIA E IL SUDAMERICA PERDE IL SUO “EROE PERFETTO”, “UN DON CHISCIOTTE NEI PANNI DI SANCHO PANZA”

Mimmo Candito per “la Stampa

 

mujica1mujica1

Con il presidente Mujica che chiude ora il mandato, se ne va uno di quegli eroi di cui la sinistra – e non soltanto quella rivoluzionaria dell’America Latina - ha sempre avuto bisogno. Ma se ne va anche una di quelle rare figure di cui oggi più che mai ha un disperato bisogno la politica, che ovunque va mostrando di marcire nella disgrazia della corruzione e nel maluso del proprio potere.

 

Perché il presidente dell’Uruguay, davanti agli occhi piuttosto sconcertati del mondo, ha fatto della gestione della sua alta carica un modello (irripetibile?) di austerità, di stile parco di vita, di indifferenza alle lusinghe dei privilegi, e però anche di legittimazione del pragmatismo pur nel modello ideologico di un socialismo segnato dalle venature illusorie dell’utopia.

Proprio «Utopia senza armi» (Utopìa sin armas) fu il titolo di un importante libro che nei primi Anni Ottanta scrisse Jorge Castañeda immaginando che le lotte rivoluzionarie che in quel tempo avevano traversato con sangue e morte la vita politica dell’America Latina potessero alla fine evolversi in un processo di trapasso dalla guerriglia al dibattito parlamentare e all’assunzione della responsabilità di governo.

Tabarè Tabarè

 

Castañeda, giornalista della «izquierda» democratica, provò egli stesso a far politica, e fu anche ministro a Città di Messico; ma durò poco, capì di non reggere il compromesso della nuova scelta, mentre invece Mujica – che della guerriglia urbana dei Tupamaros era stato davvero comandante e s’era fatto 15 anni di carcere duro nelle galere della dittatura militare, prima d’essere liberato con l’amnistia del ritorno alla democrazia in Uruguay – passò stabile alla vita politica, e divenne deputato, senatore, ministro e, cinque anni fa, anche capo dello Stato, facendosi interprete straordinario e protagonista principale di quel passaggio utopistico dalla lotta armata alla leadership governativa, come d’una rivoluzione che trionfa legittimando se stessa nel confronto delle idee e dei programmi elettorali.

Ma la sua straordinarietà non sta tanto in questo successo ottenuto «sin armas», altri ci sono riusciti ugualmente, dal Brasile di Lula e della Dilma Rousseff al Venezuela di Teodor Petkoff, dal Messico dei suoi rivoluzionari fattisi uomini di governo all’Argentina degli ex Montoneros, e poi al Salvador, al Nicaragua dei sandinisti della prima ora, al Guatemala – è l’intera storia del subcontinente ad aver vissuto fin dagli anni di Bolívar questo confronto tra lotta armata e democrazia. 
 

DILMA ROUSSEFF E LULA DA SILVA DILMA ROUSSEFF E LULA DA SILVA

Mujica è però una storia a parte perché in questa sua seconda vita («l’isolamento in prigione, senza poter parlare con nessuno per anni, senza un libro da leggere, è come morire») ha praticato una scelta che ha trasformato gli ideali della sua vita rivoluzionaria in un mandato di potere dove quegli ideali astratti si facevano concretezza di comportamenti quotidiani scarnificati di ogni contaminazione con la logica propria del potere.
 

Teodor 
Petkoff
Teodor Petkoff

Se il suo governo ha introdotto misure di forte contenuto sociale e di netto miglioramento delle condizioni di vita (l’indice di povertà è calato dal 39 al 14 per cento), tutto questo era coerente con l’identità della formazione di sinistra, il Frente Amplio, che lo ha fatto eleggere, e con le ragioni di una coalizione di ben 27 partiti che comunque gli imponeva gli equilibrismi e i compromessi necessari della gestione politica; è stato invece davvero rivoluzionaria la gestione della sua vita quotidiana, con la residenza conservata nella sua modesta abitazione di periferia, il rifiuto delle prebende della sua alta carica, la rinuncia del 90 per cento del suo onorario (destinato a programmi sociali), la cancellazione di ogni formalismo, la rinuncia assoluta della cravatta, e sempre la sua vecchia auto dell’87.

Lo hanno chiamato «un Chisciotte nei panni di Sancho Panza», un Chisciotte e un Sancho Panza che dal 1° marzo continueranno a far politica dagli scanni del Senato, alla guida di uno di quei 27 partiti che hanno eletto il nuovo Presidente. Ma per liberare la sua storia dalla inevitabilità della retorica, bisogna calarla all’interno della storia del suo Paese, il più europeo dell’America Latina, nel costume, nel dibattito ideologico, negli stili di vita, perfino nella pratica della guerriglia rivoluzionaria dei suoi Tupamaros, più socialisti umanitari che castristi. E allora si capisce il senso di quella copia del David di Michelangelo che sta nell’atrio del municipio di Montevideo.

 

Ultimi Dagoreport

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…