IL GIOCO DELL’OCA DELLE PROCURE - IL RIMPALLO DELLE COMPETENZE SULL’INCHIESTA TARANTINI È UN GROVIGLIO INESTRICABILE: PUÒ L'UFFICIO DI BARI, GUIDATO DA LAUDATI, SVOLGERE UN'INDAGINE CONNESSA A QUELLA IN CORSO A LECCE A CARICO DELLO STESSO LAUDATI? E NEL FRATTEMPO CHE FARÀ ROMA? - TRA TANTE PROCURE, CE N’È UNA CHE PER ORA STA A GUARDARE MA CHE ALLA FINE POTREBBE ESSERE IL PORTO FINALE: LECCE, COMPETENTE A INDAGARE SULLE FAIDE TRA TOGHE BARESI...

Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"

Dunque si ricomincia da dove si era partiti, Bari, dopo l'intervallo napoletano e la breve trasferta romana. Con Lecce che resta a guardare. Fosse un gioco di società, le caselle delle varie Procure sarebbero svuotate o riempite a ogni lancio di dadi, che in questo caso sono provvedimenti sottoscritti da magistrati: richieste di pubblici ministeri e ordinanze di arresto, scarcerazione o incompetenza.

Fatto sta che l'inchiesta giudiziaria sulle signore e signorine pagate da Gianpaolo Tarantini per trascorrere serate e notti nelle residenze di Silvio Berlusconi, partita da Bari quasi tre anni fa, torna nel capoluogo pugliese con una nuova ipotesi di reato: stavolta a carico del presidente del Consiglio, col giovane imprenditore suo amico nei panni della vittima; schema rovesciato rispetto a quello immaginato fino alla settimana scorsa dagli inquirenti napoletani.

Ma ammesso che tutto fili liscio, e che la Procura di Roma - dove attualmente si trovano i faldoni del procedimento - dia seguito immediato all'ordine arrivato da Napoli di trasferire tutto a Bari, si pone un problema. Figlio dello scontro interno alla magistratura locale, già approdato all'organo di autogoverno dei giudici e alla Procura di Lecce, competente per i procedimenti che coinvolgono le toghe del capoluogo pugliese. Può l'ufficio inquirente di Bari, guidato da Antonio Laudati, svolgere un'indagine apparentemente connessa a quella in corso a Lecce a carico dello stesso Laudati?

Il procuratore di Bari è sotto inchiesta per le ipotesi di favoreggiamento e abuso d'ufficio - fermamente negate dall'interessato, il quale s'è già difeso con dovizia di dettagli davanti al Consiglio superiore della magistratura -, che sembrano strettamente collegate al presunto reato da contestare a Berlusconi. Non fosse perché hanno tutti a che fare con l'originaria inchiesta per favoreggiamento della prostituzione contro Tarantini.

In sintesi: Laudati è sospettato di averla gestita favorendo il presidente del Consiglio che (sebbene non indagato) compariva più volte nelle intercettazioni, mentre Berlusconi viene ora accusato di aver indotto Tarantini a mentire nell'ambito di quella stessa indagine. Se non bastasse, a Lecce si dovrà pure decidere sulla denuncia per calunnia presentata da Laudati contro l'ex sostituto procuratore Scelsi e il tenente colonnello della Finanza Paglino, che gli hanno addebitato il rallentamento dell'inchiesta.

La connessione tra i vari fascicoli sembra chiara, e anche di questo s'è discusso ieri nella riunione svoltasi tra il capo dell'ufficio, due procuratori aggiunti e i sostituti delegati all'inchiesta sulla prostituzione. Ogni decisione ufficiale potrà essere presa solo quando la Procura barese sarà ufficialmente investita del fascicolo, ma intanto si fa strada un'ipotesi: anziché trasferire l'intera indagine a Lecce per connessione con quella che lo riguarda, Laudati potrebbe fare un passo indietro affidando la gestione del fascicolo a uno degli aggiunti, spogliandosi di ogni decisione. È una possibilità di cui si parla, sebbene qualcuno abbia già avanzato dubbi sulla sua praticabilità.

La scelta avverrà solo dopo che da Roma sarà arrivato l'intero incartamento. E siamo a un altro quesito generato dal groviglio di provvedimenti che ha trasformato la vicenda giudiziaria Berlusconi-Tarantini in una specie di gioco dell'oca. O di Monopoli. Che farà la Procura di Roma?

Anche qui si attende la comunicazione ufficiale di pronunciamenti altrui, per adesso solo annunciati a mezzo stampa, ma già oggi il procuratore aggiunto Saviotti prenderà una decisione. Quasi certamente l'immediato invio del fascicolo a Bari, come richiesto dal Riesame di Napoli. Ci sarebbe l'alternativa di proseguire l'inchiesta per estorsione su Tarantini, sua moglie e Valter Lavitola, (che essendo il reato più grave attrarrebbe anche l'istigazione a mentire di Berlusconi), magari sollevando un conflitto di competenza alla Procura generale della Cassazione.

Ma è una possibilità molto remota, così come sembra poco praticabile la terza via: trasmettere gli atti a Bari per il reato ipotizzato a carico del premier e mantenere l'estorsione ai suoi danni nei confronti dei precedenti indagati, come aveva indicato un altro giudice napoletano. In ogni caso bisognerà dare un esito al procedimento già avviato contro i Tarantini e Lavitola.

Sono tutte ipotesi «di scuola», che dimostrano una volta di più la complessità della materia (e dei reati da contestare) e il pasticcio generato dall'intreccio del lavoro delle diverse Procure. Nei giorni scorsi c'è stato persino chi ha sostenuto che competente a indagare fosse la magistratura di Reggio Calabria perché lì, nello studio dell'avvocato Nico D'Ascola, arrivò la prima proposta di assistenza legale a Tarantini con la regia di Berlusconi e dei suoi consiglieri.

La competenza rivendicata dai pm napoletani che hanno aperto il procedimento derivava dall'impossibilità di individuare con certezza il luogo in cui s'è consumato il reato. Silvio Berlusconi aveva invocato lo spostamento delle indagini a Roma, iniziativa del tutto inedita per una «parte offesa» com'era lui in quel momento.

Ma il premier ha sempre negato di aver subito alcun ricatto, sostenendo la tesi di una generosa beneficenza volontaria a favore di Tarantini: tesi talmente debole da essere ritenuta incredibile da tutti i magistrati che si sono occupati della vicenda, unico giudizio unanime in mezzo a tante diversità di vedute.

Non ci credevano nemmeno alla Procura di Roma, guardata con diffidenza da quella di Napoli un po' per la preferenza espressa dal premier che si rifiutava di presentarsi ai pm partenopei, e un po' per la ruggine emersa quando, in primavera, il procuratore della Capitale provò a reclamare la sua competenza nell'inchiesta su Bisignani e il presunto gruppo di potere ribattezzato P4, condotta dagli stessi pm di Napoli. I timori che tutto venga inghiottito nel cosiddetto «porto delle nebbie» persistono, ma stavolta i magistrati di Roma non hanno avuto tempo nemmeno di fare la prima mossa.

 

antonio laudatiTarantini allingresso della procura di BariROMA-PROCURAProcuratore di Napoli Giandomenico LeporeBERLUSCONI MARTINELLLI E LAVITOLA

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