NAZIONI DISUNITE: USA, GRAN BRETAGNA E FRANCIA PRONTE ALL’ATTACCO, ITALIA E GERMANIA FRENANO

Marco Zatterin per "La Stampa"

Silenzio e assenza. Man mano che sale il tono delle minacce occidentali contro il regime di Assad, l'Unione europea scivola ai margini del palcoscenico della diplomazia. Parlano poco le istituzioni di Bruxelles, evitano commenti su «indiscrezioni per lo più non attribuite» a proposito dell'imminenza d'una svolta militare in Siria.

I Trattati non attribuiscono all'Ue poteri in materia di Difesa e così la strategia estera che dovrebbe avere sostanza appare un latitante da giudicare in contumacia. Dall'Estonia l'alto rappresentante Cathy Ashton reitera l'adesione al primato della soluzione politica. Le capitali che contano, però, coltivano orientamenti parecchio diversi.

Più voci dicono che a Washington sono tentati dalla scelta militare. «Nessuna opzione è esclusa», recita la formula di rito. Sulla nostra sponda dell'Atlantico i britannici, fedeli alleati degli americani, affermano per bocca del ministro degli esteri William Hague che «la ricerca di una soluzione diplomatica è fallita». Conta sull'appoggio francese, mentre Italia e Germania raccomandano cautela. Prima di assumere qualunque tipo di iniziativa in Siria «bisogna pensarci mille volte», ha detto il ministro degli Esteri Emma Bonino a Radio Radicale: «Le ripercussioni potrebbero essere drammatiche».

Ieri sera il dossier siriano è stato al centro di un vertice convocato dal premier Enrico Letta con Bonino, Mauro (ministro della Difesa) e Alfano (Interni). Palazzo Chigi ritiene che un intervento possa essere deciso solo «con una base giuridica solida» e auspica «uno sforzo di condivisione e legittimazione internazionale», pur reputandola difficile.

Le fonti governative rivelano che «ci sono stati e ci saranno nelle prossime ore contatti con gli alleati europei e statunitensi». Secondo la signora Bonino con una posizione «unanime» nel Consiglio Onu «si potrebbero percorrere strade non necessariamente militari», per esempio il deferimento di Assad alla Corte internazionale. A differenza di americani, britannici e francesi, Roma non ritiene praticabile un'azione senza l'egida del Palazzo di Vetro.

L'Italia invita ad andare avanti con le ispezioni e attenderne l'esito. Il ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle è in sintonia. Ha messo in guardia contro le «fantasie di onnipotenza» suscitate in taluni dalla crisi siriana. Come la Ashton, la cancelliera Merkel in campagna elettorale vuole una soluzione politica e in casa Onu, coerentemente con la linea che la Germania ha sempre tenuto in ambito Nato.

L'alleanza, tuttavia, fa capire che si può decidere anche senza le Nazioni Unite, all'occorrenza. È un elemento su cui il presidente Obama risulta contare molto. Ci attendono ore di fuoco. Forse anche fuori di metafora.

Il primo ministro britannico David Cameron ha interrotto le vacanza per seguire il caso e da stamane sarà in servizio attivo nell'ufficio di Downing Street. «Qualunque cosa faremo sarà nel pieno rispetto del diritto internazionale con l'assistenza Onu», ha detto ieri Hague, citando il precedente libico. Ciò non toglie, però, che a suo avviso le Nazioni Unite «non siano state sinora all'altezza delle responsabilità».

Londra guarda a Parigi, come successo contro Gheddafi. Un piano occidentale «sarà concordato nei prossimi giorni» ha puntualizzato il ministro degli Esteri Laurent Fabius, persuaso che «in certe circostanze si possa anche decidere senza il parere dell'Onu». Non è previsto, al momento. «Il Consiglio di sicurezza si riunirà, non possiamo lasciar passare questo crimine contro l'umanità», ha sottolineato il premier JeanMarc Ayrault.

«I tre gendarmi occidentali sono pronti», riassume un osservatore comunitario. Sono i «Volenterosi» libici che tornano. Hanno il sostegno polacco e sono rinfrancati dai segnali che arrivano dalla Turchia, disposta a partecipare a un'eventuale operazione che organizzata contro Assad, anche fuori dall'Onu. «È il modo con cui Erdogan può rifarsi la verginità nel contesto Nato dopo i fatti di maggio e giugno», rileva una fonte diplomatica.

Su questo sfondo, si annodano la vicende dei due ostaggi italiani, il padre gesuita Paolo Dall'Oglio, e Domenico Quirico, l'inviato della Stampa rapito in aprile. La Farnesina segue i casi con la massima cura: «Manteniamo alcuni contatti flebili che si annodano e si riannodano», ha riferito la signora Bonino. La liberazione dei due connazionali appare complicata dalla «scarsa linearità di comando» tra i gruppi siriani. Difficile individuare gli interlocutori. L'azione continua, nonostante tutto.

 

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