“REPORT”: NESSUNO TOCCHI IL PADRINO - QUANDO L’ARMA STOPPO’ IL CARABINIERE SULLE TRACCE DI PROVENZANO E MESSINA DENARO

Sigfrido Ranucci per Corriere.it

«Noi non abbiamo intenzione di prendere Provenzano! Non hai capito niente allora? Ti devi fermare!». È sbigottito il maresciallo Saverio Masi quando, dopo aver chiesto uomini e mezzi per catturare il boss, sente urlare il suo superiore. «Hai finito di fare il finto coglione? Dicci cosa vuoi che te lo diamo. Ti serve il posto di lavoro per tua sorella?» Allo sbigottimento segue lo sconcerto. Nessuno nell'Arma era a conoscenza che la sorella fosse disoccupata.

È solo uno degli episodi che Masi ha descritto nella denuncia presentata alla Procura di Palermo. A distanza di anni rivela il nome del superiore e di tutti gli altri che avrebbero ostacolato le indagini su Provenzano prima e Messina Denaro poi.
Un macigno scagliato mentre è in corso la requisitoria del Pm Nino di Matteo contro gli ex ufficiali del Ros accusati di avere favorito la latitanza di Provenzano. Ma la testimonianza di Masi arriva anche pochi giorni prima del 27 maggio quando si aprirà il processo sulla trattativa mafia-Stato, ed è destinata a lasciare il segno.

IL CONTATORE DELL'ENEL
I fatti si svolgono tra il 2001 e il 2007. Provenzano nel frattempo è stato arrestato (nel 2006), Matteo Messina Denaro ancora no. Masi, per uno strano intreccio di vite, oggi è il capo scorta di Di Matteo, il pm che indaga sulla trattativa.
Quando Masi nel 2001 si presenta al Nucleo Provinciale di Palermo chiede di occuparsi della cattura di Provenzano. La caccia ai latitanti è una missione che sente cucita sulla pelle e invece lo inviano a Caltavuturo, sulle Madonie. Non si rassegna e, di propria iniziativa, si mette sulle tracce di Provenzano.

Si sorprende quando intuisce che con pochi mezzi e consultando vecchi verbali, all'indomani dell'arresto del boss Benedetto Spera, riesce ad individuare un contatore Enel riferibile a chi gestiva la latitanza di Provenzano ben cinque anni prima della sua cattura. Difficile immaginare la sua reazione quando i superiori gli ordinano di sospendere le indagini.
Gli appare chiaro che non c'è tanta voglia di catturare il boss di Corleone.
Forse è per questo che molti spunti d'indagine rimangono lettera morta, come quelli raccolti in una notte dell'agosto del 2001.

LA TELEFONATA CON L'ITALOAMERICANO
I carabinieri ascoltano un noto pregiudicato della zona legato a Provenzano, dall'altra parte del filo c'è un italoamericano che ha solo una preoccupazione: invitare negli Usa il premier Berlusconi l'8 ottobre alla festa del Columbus Day.
L'americano dice: «Voglio Berlusconi e ho detto a Nicola come si deve fare. Iddu è pure in buoni rapporti con Bush», e il mafioso italiano risponde: «Certo, come lo vedo, glielo dico io».

Pochi giorni dopo c'è l'attentato alle Torri, Berlusconi partecipa al Columbus Day, ma al telefono. Chi fosse Nicola e a chi fosse intestata l'utenza Usa non si è mai saputo. È rimasto anche il mistero di come un italoamericano e un picciotto delle contrade siciliane potessero condizionare Berlusconi.

LA MACCHINA PER SCRIVERE
Masi poi descrive il goffo tentativo di piazzare le cimici nel casolare di Provenzano, caduto nel vuoto perché il Ros aveva dimenticato gli attrezzi per forzare la serratura. Un episodio che fa il paio con un altro avvenuto poco dopo, quando i superiori ordinano a Masi, senza spiegare il motivo, di sospendere il pedinamento di Ficano, cognato di Simone Castello, postino di Provenzano.

Masi aveva ficcato il naso nel parco autodemolizioni di proprietà di Ficano e aveva scoperto, tra pneumatici e carcasse, un casotto con dentro una macchina per scrivere. La stessa che probabilmente veniva usata per compilare i pizzini destinati a Provenzano. E forse in alcuni casi l'aveva usata lo stesso boss. In quel casotto pochi minuti prima era entrato anche il suo capitano e, non rilevando nulla di anomalo, aveva deciso di non piazzare microspie.

Masi stupito chiede di fare accertamenti sulla macchina per scrivere. Chiede di battere l'alfabeto su un foglio, per poter confrontare i caratteri con quelli dei "pizzini" già sequestrati. Una richiesta banale, ma il capitano si rifiuta. Ne scaturisce un'animata discussione dopo la quale Masi apprende che anche nelle indagini su Gaetano Lipari, "l'infermiere di Bernardo Provenzano ", era stato impartito lo stesso incredibile ordine: non pedinare i principali indagati.

NEL CASOLARE
La carriera di Masi s'incrocia anche con Messina Denaro, e si trova a sfogliare un copione già letto. Come quando segue il caso delle «talpe» della Procura di Palermo. Si mette sulle piste di Francesco Mesi, sospettato di essere uno dei favoreggiatori di Denaro.

Piazza cimici e rilevatori satellitari sull'auto e segue Mesi nei pressi di una macelleria: è di Pietro Tornatore, che consegna a Mesi una busta e gli sussurra: «da parte del compare Giammanco», considerato vicino a Provenzano. Masi segue la sua preda nella campagna tra Bagheria e Misilmeri, fino a quando si ferma.

Il maresciallo è certo di aver individuato il "corriere" di Messina Denaro. Vuole continuare le indagini con telecamere e microspie. Per questo chiede che gli vengano revocate le ferie natalizie. Ma il suo superiore "lo invita" ad andare in vacanza perché ci avrebbe pensato lui.

Al ritorno dalle ferie "forzate", Masi chiede conto dell'esito delle indagini. Il superiore risponde di non aver trovato nulla! Masi non gli crede e con un collega e a sue spese si reca in piena notte sul punto segnalato dal Gps: trova un contatore Enel e un casolare. Si avvicina, una porta si spalanca all'improvviso. Masi intravede degli uomini intorno a un tavolo, uno di loro probabilmente è Messina Denaro. Il maresciallo si getta sotto la siepe per non essere scoperto. Torna in caserma, litiga furiosamente con il capitano e scrive l'ennesima relazione che, come le altre, cade nel vuoto.

L'APPOSTAMENTO
L'appuntamento con il capo di Cosa Nostra è solo rinviato. Nel marzo del 2004 sulle strade di Bagheria evita per un soffio lo scontro con un'utilitaria che gli taglia la strada. Sta per imprecare, ma riconosce alla guida Matteo Messina Denaro. Lo segue mentre si infila in una villa. Ad attenderlo c'è una donna. Annota tutto e chiede l'autorizzazione a proseguire le indagini.

La reazione dei suoi superiori non è quella che si aspetta:gli chiedono di cancellare dalla relazione l'identità del proprietario della villa e quella della donna che aspettava il boss. Matteo Messina Denaro poteva continuare ad essere tranquillamente un fantasma.

Masi chiede ai superiori di trasmettere comunque la relazione alla Procura. A distanza di anni non sa se l'hanno fatto. Quello che è certo è che nessuna microspia è stata piazzata sull'auto di Denaro.

L'ultima relazione Masi l'ha scritta ieri. Ha messo in fila fatti e nomi e li ha consegnati alla Procura di Palermo. La vicenda ha un epilogo classico, come quello del capitano Bellodi protagonista del Giorno della Civetta. Masi tra poco affronterà un processo dove è accusato di tentata truffa per aver chiesto l'annullamento di una multa contratta con l'auto privata mentre svolgeva gli appostamenti.

«Usavamo le macchine di amici - aveva spiegato nel processo Mori - perché i mafiosi conoscevano le nostre auto di servizio». A difenderlo gli avvocati Carta e Desideri, gli stessi che ora lo assistono nella denuncia depositata pochi giorni dopo le minacce al Pm Di Matteo.

Una pagina di testo scritta al computer: "Amici romani di Matteo (Messina Denaro, ndr) hanno deciso di eliminare il pm Nino Di Matteo in questo momento di confusione istituzionale, per fermare questa deriva di ingovernabilità. Cosa Nostra ha dato il suo assenso, ma io non sono d'accordo".

È il pizzino scritto da chi si identifica come uno del commando di morte. Quello che è certo è che è ben informato. Conosce nei dettagli notizie riservate, spostamenti e soprattutto i punti deboli della protezione del Pm che sta indagando sulla trattativa mafia-Stato.

 

 

matteo messina denaro IDENTIKIT DI MATTEO MESSINA DENARO IL PM NINO DI MATTEO IL PM NINO DI MATTEO Boss Matteo Messina Denaro - Identikit elaborato dalla polizia 2Boss Matteo Messina Denaro - L unica foto di lui dal vivoBERNARDO PROVENZANObernardo provenzano repubblBernardo provenzano arrestato

Ultimi Dagoreport

riccardo muti concerto agrigento alessandro giuli

“AGRIGENTO CAPITALE DELLA CULTURA 2025” DOVEVA ESSERE PER IL MINISTERO GIULI-VO UN “APPUNTAMENTO CON LA STORIA” ED È FINITO NEL SOLITO “APPUNTAMENTO CON LA CASSA” - PER “INTERPRETARE IL SENSO DI UNA MEMORIA CONTINENTALE EURO-AFRICANA CONDIVISA E FARNE IL FERMENTO DI UN RITROVATO BENESSERE INDIVIDUALE DI CRESCITA COLLETTIVA…” (SEMPRE GIULI), COME È POSSIBILE CHE LA REGIONE SICULA ABBIA SBORSATO LA FOLLIA DI 650MILA EURO PER UN SINGOLO CONCERTO NELLA VALLE DEI TEMPLI DELL’ORCHESTRA GIOVANILE CHERUBINI DIRETTA DA RICCARDO MUTI? LO STESSO EVENTO, ORGANIZZATO L’ANNO SCORSO DAL COMUNE DI LAMPEDUSA, ERA COSTATO APPENA 100MILA EURO - DEL RESTO, CON BUDGET DI 150 MILIONI, I 461MILA EURO PER LA “PROMOZIONE E PUBBLICITÀ DEL PARCO ARCHEOLOGICO” CI STANNO. COME IL “MOVITI FEST”: PER 473.360 MILA EURO, ECCO UN “PROGETTO CHE MIRA A COINVOLGERE E ANIMARE I LUOGHI DEL CENTRO STORICO AD AGRIGENTO” - ALLE CRITICHE, IL SINDACO DELLA CITTÀ DELLA CUCCAGNA, FRANCESCO MICCICHÈ, SI OFFENDE: “BASTA DILEGGIO STERILE. SE VINCE AGRIGENTO, VINCE LA SICILIA”! (QUI CE NE VOGLIONO 100 DI MONTALBANO…”)

temptation island

LE ANTICIPAZIONI DI “TEMPTATION ISLAND” - APPASSIONATI DI CORNA E FALÒ, AVETE PREPARATO GELATO E POP CORN PER LE ULTIME TRE SERATE DEL PROGRAMMA? SI PARTE DOMANI SERA E DAGOSPIA È IN GRADO DI RIVELARVI COSA ACCADRÀ TRA LE COPPIE - "FORREST GUMP" ANTONIO, DOPO ESSERE IMPAZZITO CON TANTO DI CORSA DISPERATA PER UN INVITO ALLO STADIO FATTO DAL TENTATORE ALLA SUA FIDANZATA, LA VEDE AL FALÒ E LE CHIEDERÀ DI SPOSARLO - L'AQUILOTTO VALERIO SI AVVICINA SEMPRE DI PIÙ ALLA SINGLE ARY E FINISCE PER TRADIRE SARAH. I DUE CHE ABITANO A ZAGAROLO DARANNO VITA A UNA SPECIE DI "ULTIMO TANGO A ZAGAROL". SARÀ LUI CHE, DISPIACIUTO E CON IL CUORE IN MANO, CHIEDERÀ DI POTER INCONTRARE LA COMPAGNA PER RIVELARLE DI PROVARE UN INTERESSE PER LA SINGLE E… - VIDEO

giorgia meloni dario franceschini guido crosetto francesco verderami senato elly schlein

DAGOREPORT - MA DAVVERO FRANCESCHINI, INTERVENENDO AL SENATO, HA MANDATO “MESSAGGI CIFRATI” AI MAGISTRATI FACENDO INTENDERE DI FARLA FINITA DI INDAGARE ESPONENTI DEL PD (SALA E RICCI), OPPURE SI RITROVERANNO SENZA I VOTI DEI RIFORMISTI PD AL REFERENDUM CONTRO LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA BY NORDIO? –CHE SIA UNA ’’IPOTESI SURREALE”, SBOCCIATA DALLA FANTASY DI VERDERAMI SUL “CORRIERE”, LO SOSTIENE, A SORPRESA, ANCHE GUIDO CROSETTO - IL DISCORSO DI FRANCESCHINI NON MIRAVA INFATTI ALLA ‘’SEPARAZIONE DELLE CARRIERE” DELLE TOGHE, BENSÌ ATTACCAVA LO SDOPPIAMENTO DEL CSM, CON I COMPONENTI SCELTI COL SORTEGGIO, MANCO FOSSE “LA RUOTA DELLA FORTUNA” - FRANCESCHINI HA POI MOLLATO UNO SCHIAFFO ALLA SUA EX PROTEGÉE ELLY SCHLEIN, NEMICA GIURATA DEI VARI ‘’CACICCHI” DEL PARTITO, QUANDO HA DIFESO IL SISTEMA DELLE CORRENTI INTERNE ALLA MAGISTRATURA (CHE LA RIFORMA VORREBBE SCARDINARE) - MA LA DICHIARAZIONE PIÙ RILEVANTE DI ''SU-DARIO'' L’HA DETTATA AI CRONISTI: ‘’IL REFERENDUM CI SARÀ NEL 2026, SARÀ SENZA QUORUM E SARÀ TUTTO POLITICO CONTRO IL GOVERNO MELONI’’ - BEN DETTO! SE UNA SCONFITTA SAREBBE BRUCIANTE PER LE TOGHE, PER GIORGIA MELONI LA BOCCIATURA SAREBBE UNA CATASTROFE IRRIMEDIABILE...

beppe sala manfredi catella giancarlo tancredi stefano boeri

DAGOREPORT - L’ANSIA ATTANAGLIA LA ‘’MILANO DEL BALLO DEL MATTONE’’. ‘’QUI SALTA TUTTO!’’, BALBETTANO PIÙ SPAVENTATI DI UN CONIGLIO - SE IL GIP DELLA PROCURA DECIDESSE DI ACCOGLIERE LE PROPOSTE DEI PM, A QUEL PUNTO, ESPLODEREBBE UNA SANTA BARBARA A MISURA DUOMO. E POTREBBE RIPETERSI CIÒ CHE SUCCESSO ALL’EPOCA DI TANGENTOPOLI: A TANTI DEI 74 INDAGATI, LA PAURA DI FINIRE IN GABBIA A SAN VITTORE APRIREBBE DI COLPO LE VALVOLE DELLA MEMORIA - DA PARTE SUA, IL SINDACO BEPPE SALA, INDAGATO, INTASCATA LA SOLIDARIETÀ DA DESTRA E SINISTRA, HA RIPRESO A MACINARE ARROGANZA, E HA SPARATO TESTARDO E SPAVALDO: “LE DIMISSIONI NON AVREBBERO FATTO COMODO A NESSUNO…” – QUALCHE ANIMA PIA GLI RICORDI CHE L’USO SBARAZZINO DELL’URBANISTICA MENEGHINA È AVVENUTO SOTTO IL SUO NASONE... 

urbano cairo sigfrido ranucci la7 fiorenza sarzanini

DAGOREPORT - SIETE PRONTI? VIA! È PARTITA LA GRANDE CAMPAGNA ACQUISTI (A SINISTRA!) DI URBANO CAIRO - IL COLPACCIO SU CUI LAVORA URBANETTO: PORTARE A LA7 SIGFRIDO RANUCCI E L’INTERA SQUADRA DI “REPORT”, A CUI TELE-MELONI STA RENDENDO LA VITA IMPOSSIBILE - IL PROGETTO È GIÀ PRONTO: PRIMA SERATA DI LUNEDI', SECONDE SERATE CON "REPORT-LAB", COINVOLGENDO SITO, SOCIAL E L'EDITRICE SOLFERINO - MA NON FINISCE QUI: CAIRO VUOLE RIPOSIZIONARE IL “CORRIERE DELLA SERA”: ESSERE LA GAZZETTA DI FAZZOLARI NON PORTA ALL'EDICOLA NUOVI LETTORI, CHE PREFERISCONO L'ORIGINALE: "IL GIORNALE", "LIBERO", "LA VERITA'": MEGLIO RITORNARE AL CENTRO-SINISTRA. IN ARRIVO GIOVANI GIORNALISTI BEN DISTANTI DAL MELONISMO...

mara venier gabriele corsi

PERCHÉ GABRIELE CORSI HA MOLLATO “DOMENICA IN”? LA SUA PRESENZA AL FIANCO DI MARA VENIER ERA STATA FRETTOLOSAMENTE ANNUNCIATA DA ANGELO MELLONE, DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI RAI. E INVECE, SOLO DUE GIORNI FA, CORSI HA ANNUNCIATO DI ESSERSI TIRATO INDIETRO - COSA È SUCCESSO? LA RAI AVEVA TENTATO DI COMMISSARIARE LA "ZIA MARA", PIAZZANDOLE ACCANTO I "BADANTI" NEK E CORSI. MA L'ARZILLA 74ENNE, FORTE DI BUONI ASCOLTI, HA FATTO TERRA BRUCIATA AI SUOI DUE "VALLETTI", USANDO L’ARMA DA FINE DEL MONDO: “SE IO MOLLO AD AGOSTO CHI CI METTETE?". E COSÌ, UNA VOLTA VISTO IL SUO SPAZIO RIDOTTO A QUALCHE MINUTO DI UN QUIZ, IL CONDUTTORE SI È CHIAMATO FUORI (NEK ERA GIÀ SCAPPATO A "THE VOICE") - LA VENIER HA TENTATO DI DISSIPARE I DUBBI SULLE SUE “COLPE” POSTANDO UNA STORIA IN CUI SI INSINUAVA CHE CORSI AVESSE MOLLATO PER I SOLDI (POCHI). MA A SMENTIRE LA SUA VERSIONE È STATO IL MANAGEMENT DEL CONDUTTORE…