ROMANZO VIMINALE – OLTRE ALLA DIFFICILE PARTITA DELL’ECONOMIA, C’È IL REBUS MINISTERO DELL’INTERNO: RENZI VORREBBE UN CAMBIO (PER DARE UN SEGNALE DI DISCONTINUITA’ COL PASSATO) MA ALFANO DICE NO…

Goffredo De Marchis per ‘La Repubblica'

Il nodo del ministero dell'Economia non si scioglie. Nemmeno alla fine di una giornata che per il premier incaricato ruota intorno a due appuntamenti fondamentali: il colloquio di un'ora con il governatore di Bankitalia Ignazio Visco e l'incontro di due ore con Giorgio Napolitano che serve a fare il punto sulla situazione, in particolare per la casella di Via XX settembre.

Snodo principale delle politiche economiche, dei rapporti con l'Europa, degli obiettivi per la crescita. Matteo Renzi lavora su due schemi. La scelta di un ministro politico è «la mia preferita», dice ai suoi interlocutori. Una figura che manca da anni al Tesoro, una personalità dello stesso partito del premier con il quale il lavoro quotidiano sarebbe simbiotico anziché conflittuale.

L'idea di indicare Graziano Delrio rimane in piedi. L'altro schema, ormai tradizionale, prevede l'ascesa di un "tecnico" gradito ai mercati oltre che alla Bce e all'Unione. In questo caso, i nomi in pista si sono ridotti a due: l'ex rettore della Bocconi Guido Tabellini (favoritissimo) e l'ex Ocse Piercarlo Padoan, attuale presidente dell'Istat. Con un outsider, il direttore generale della Banca D'Italia Salvatore Rossi.

La difficile partita del ministero dell'Economia lascia sullo sfondo la giornata finale di consultazioni con Forza Italia, Pd e Movimento 5 stelle. I sessanta minuti di riunione con Berlusconi non fanno che confermare la "profonda sintonia" tra i due politici. Oltre all'opposizione responsabile della destra. «È importante che a Palazzo Chigi ci sia un giovane, un uomo che ha esattamente la metà dei miei anni», dice il Cavaliere entusiasta dopo l'incontro. Con Beppe Grillo è tutta un'altra storia. Lo streaming in diretta restituisce l'immagine di una totale incomunicabilità.

Il comico è venuto fino a Roma per provocare Renzi. Non lo lascia parlare, lo accusa di mancanza di credibilità. Il segretario del Pd cerca di ironizzare, ma dopo 9 minuti alza bandiera bianca. Le delegazioni si salutano con degli scambi di mano e i sorrisi tirati. Fine del gioco. «Se ero leader di partito e basta gli saltavo sul tavolo ma da presidente incaricato avevo l'obbligo di stare sereno e ci sono riuscito», sbuffa Renzi. Comunque, dopo lo show di Grillo Renzi non riesce a nascondere la sua irritazione.

A questo punto, la giornata vira decisamente sul primo banco di prova del governo: la squadra di ministri. Renzi vorrebbe addirittura accelerare i tempi. Parla, a Montecitorio, di lista pronta sabato e voto di fiducia al Senato lunedì. Ma pensa, e lo confida ai fedelissimi, a sciogliere la riserva al Quirinale già domani sera. Tenere aperta la lista può diventare rischioso. Ma sono le due caselle più ambite quelle da sistemare: Economia e Interno. Tornando dal Quirinale, Renzi racconta agli amici che l'incontro è stato «positivo: siamo molto avanti con il lavoro e con il capo dello Stato siamo entrati nel merito delle cose».

A Napolitano ha mostrato i dossier del lavoro sul programma e il calendario delle scadenze. La decisione sul ministero del Tesoro però è aperta e lo stesso segretario ammette con i suoi che qualche nodo da sciogliere c'è ancora. E ripete: «Ho le mie idee». Come dire: fosse per me non avrei dubbi, lì andrebbe un politico. Per cambiare verso, come dice lo slogan della sua corsa alle primarie. Non solo si eviterebbe la diarchia su cui si è molto dilungato ieri Berlusconi nella sala della Camera, svelando aneddoti del rapporto conflittuale con Giulio Tremonti. Ma si avrebbe un ministro che sa stare anche vicino alla gente e non solo un distaccato professore esperto di numeri.

Il muro contro muro con Alfano per il Viminale resta in secondo piano ma non è meno complicato da risolvere. Renzi vuole "Angelino" fuori dal ministero dell'Interno. «È il primo segnale di discontinuità con il passato che deve dare il mio governo. Il più importante», ripete ai fedelissimi.

Al Nuovo centrodestra è arrivata un'offerta pesante che potrebbe compensare l'addio del loro leader, la sua uscita dalla squadra. Secondo Renzi, Ncd avrebbe diritto a un ministero, massimo due «visti i numeri della maggioranza». In cambio di un passo indietro di Alfano, il premier incaricato è disposto a salire a tre, con «due dicasteri che contano». Ma la condizione che ha messo sul tavolo il secondo partito della coalizione non è equivocabile: Alfano confermato all'Interno, senza discussioni.

La risposta di Renzi è ancora no. «Angelino deve perlomeno cambiare ministero. Altrimenti l'architettura del governo è troppo simile al passato. E io non voglio smettere di fare il Renzi. Il cambiamento va realizzato fin dall'inizio». La proposta è di un trasloco alla Difesa, anche se l'Ncd non cede nemmeno davanti al prestigio di un dicastero come quello. E non è solo un problema di poltrone. Alfano non può permettersi di perdere il braccio di ferro nel momento in cui Berlusconi sbandiera il feeling con Renzi in ogni occasione.

Le scelte su Economia e Interno sbloccheranno il resto della lista dei ministri. Sulla scelta di un politico a via XX settembre Renzi fa affidamento anche sull'appoggio della minoranza del Pd. Che però ieri si è occupata soprattutto della sua rappresentanza. La richiesta è di tre ministri: Guglielmo Epifani al Lavoro, Massimo Bray per il bis alla Cultura, Andrea Orlando saldo all'Ambiente se non addirittura trasferito alla Giustizia dove non gli mancherebbe la competenza. Si può fare, ma Renzi pensa ai nomi inediti, a caratterizzare l'esecutivo per il tasso di novità e ha individuato in Renato Soru il profilo giusto per il dicastero dell'Innovazione. Soru è un dirigente del Pd ma anche il fondatore di Tiscali.

L'altro nodo, che viene dopo la formazione del governo e i suoi primi atti, è la legge elettorale. Berlusconi è uscito dalla consultazione tirando di nuovo fuori il presidenzialismo. «È arrivato il momento di una riforma in questo senso». Ma il no del segretario del Pd è stato netto. Il Cavaliere chiede anche la conferma dell'Italicum e una sua rapida approvazione, senza legarlo all'abolizione del Senato.

Un altro desiderio stoppato da Renzi che punta invece all'approvazione alla Camera con una clausola transitoria del tipo "l'Italicum entra in vigore tra un anno" o "dopo la riforma del Senato". Insomma, niente voto a breve, come preferirebbe Forza Italia. Oggi la legge elettorale non è la priorità di Renzi ma sa che chi cerca una fase di instabilità userà quello strumento. Ecco perché anche la parte del programma che prevede le
riforme, va blindata.

 

RENZI E ALFANO ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BRUNO VESPA Renato Soru DELRIO ALLA LEOPOLDA Sergio Rizzo e Giulio Tremonti Giulio Tremonti Guglielmo Epifani Guglielmo Epifani

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