NON CHIAMATECI EVERSORI: INGROIA DIFENDE L’INCHIESTA SULLA TRATTATIVA TRA STATO E MAFIA - STOP AL CARCERE DURO PER 300 MAFIOSI PER FERMARE LE STRAGI? DALL’ARCHIVIO DEL MINISTERO SPUNTA UN DOCUMENTO: IL DIRETTORE DEL DAP CAPRIOTTI SCRIVEVA AL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO CONSO PER CONSIGLIARE “UN SEGNALE POSITIVO DI DISTENSIONE NELLE CARCERI” - L’EX GUARDASIGILLI NEGA DI AVER CONCORDATO CON SCALFARO E CIAMPI (COME INVECE SOSTIENE GIFUNI) LA SOSTITUZIONE DI NICOLO’ AMATO CON CAPRIOTTI…

Salvo Palazzolo per "la Repubblica"

Tre pagine ritrovate dalla Dia in un archivio polveroso del ministero della Giustizia hanno tirato dentro il professore Giovanni Conso nell'inchiesta sulla trattativa mafia-Stato. L'ex Guardasigilli ha sempre sostenuto di aver deciso da solo, nel novembre '93, la mancata proroga di 300 provvedimenti di 41 bis nei confronti del gotha di Cosa nostra.

Ma quelle tre pagine, adesso depositate dai pm, lo smentiscono: cinque mesi prima, il direttore dell'amministrazione penitenziaria, Adalberto Capriotti, aveva scritto al «signor capo di gabinetto dell'onorevole ministro», per caldeggiare «un segnale positivo di distensione nelle carceri». La sua proposta era una sola: «I decreti relativi ai soggetti di media pericolosità - allo stato 373 - potrebbero alla scadenza non essere rinnovati». In alto a destra, è ben visibile un'annotazione del capo di gabinetto: «Conferito col ministro, in attesa di ulteriore appunto già richiesto a Di Maggio».

Secondo i pm, quel documento sarebbe la prova che Conso e Capriotti non hanno detto tutta la verità sulla reale strategia del governo in quei mesi insanguinati dalle stragi. Da novembre 2011 al maggio scorso, sono scattate anche le intercettazioni sui telefoni dell'ex ministro e dell'ex capo del Dap, adesso indagati per false dichiarazioni. Perché quelle 300 mancate proroghe del 41 bis erano il segnale che i capimafia aspettavano. E da quel momento, le stragi si fermarono.

Dice il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, ieri a Lamezia Terme per il festival dei libri di mafia: «Non vorrei che qualcuno pensasse che se continuiamo questa indagine siamo degli eversori. Sono davvero tanti gli elementi da approfondire». E le risposte
degli uomini delle istituzioni sono state spesso fin troppo vaghe. Ecco un esempio. Il 21 dicembre scorso, l'aggiunto Ingroia e il sostituto Di Matteo convocano Conso
per la terza volta.

Pm: «Andando al sodo: la sua linea fino ad oggi è stata di aver deciso in assoluta solitudine».
Conso
(C): «Sì, ho deciso da solo ».
Pm: «Senza suggerimenti? Un appunto sembra invece dimostrare che il Dap diede un'indicazione ».
C: «Guardi, qui la solitudine vuol dire che l'atto finale l'ho preso io».
Pm: «E questo documento firmato da Capriotti?».
C: «Non è un atto collegiale... io non voglio mica inguaiare gli altri ministri».
Pm: «L'atto finale è suo, ma fu istruito dal Dap. L'aiutiamo a ricordare. Nel documento si legge: "Al fine di dare un segnale di distensione"».

C: «Questo l'hanno scritto loro».
Pm: «Lo scrive Capriotti. Dopodiché risulta un'annotazione del capo di gabinetto Pomodoro, che dice di avergliene parlato. Se lo ricorda? »
C: «Se dicono loro, non ho motivo di negare».
Pm: «No, scusi, la domanda mia è se lei ricorda o non ricorda».
C: «Ma non lo escludo: tutto quello che mi veniva detto, lo sentivo, poi però decidevo io».

I magistrati hanno chiesto a Conso anche di spiegare i suoi rapporti con il vice capo del Dap, Francesco Di Maggio, deceduto nel '96: è ritenuto uno dei registi della strategia di alleggerimento del 41 bis.
Pm: «Quali erano i suoi rapporti con Di Maggio?».
C: «Ottimi».
Pm: «Ha avuto mai qualche frizione con lui?
C: «No, anzi, mi faceva molta simpatia. Un carattere estroverso, impetuoso. Capriotti, invece, una persona quasi docile».
Pm: «La domanda non gliel'ho posta a caso. Capriotti ha ricordato un acceso scontro per motivi d'ufficio tra lei e Di Maggio, che l'avrebbe aggredita verbalmente: "Iniziò a dargli del tu e lo insultava..." ».
C: «Cosa vuol dire gridare, uno può dire una parola più forte delle altre».

Pm: «Lei ha questo ricordo?».
C: «Non ricordo».
Pm: «Non ricorda proprio una discussione accesa?»
C: «Oggi si dice, la vita è complicata. Ma allora era peggio, eravamo dopo la strage di Capaci. Era talmente bruciante che le reazioni non erano come sono adesso».

I magistrati hanno provato a sapere da Conso anche i retroscena della nomina di Di Maggio.
Pm: «Ma a lei il nome di Di Maggio come le venne in mente? Solo perché l'aveva visto in televisione, come ci ha detto? Professore, non è credibile».
C:«Ma era molto brillante».
Pm: «Però non aveva alcuna esperienza in materia carceraria».
C:«Ma forse l'aveva».
Pm: «Il dottore Gifuni ha dichiarato di essere a conoscenza del fatto che la sostituzione del direttore del Dap Amato con Capriotti venne da lei concordata sia con i presidenti Scalfaro e Ciampi».
C: «Ne parlai a cose fatte».
Pm: «Non prima?»
C: «Ma no, prima no».

 

ingroiaGiovanni Consonicolo amatoAdalberto Capriotti

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