1. NON SOLO I GIORNALI DEI POTERI MARCI, ARIA DI CRISI ANCHE PER LA SINISTRA DI CARTA 2. “NON SIAMO UN SOCIAL NETWORK, UN BAR, UN RISTORANTE: SIAMO UN GIORNALE”, STRILLA IN PRIMA PAGINA ‘’LIBÉRATION”, LO STORICO GIORNALE DELLA GAUCHE FRANCESE FONDATO DA SARTRE NEL ‘73, CONTRO IL PIANO DI RISTRUTTURAZIONE VARATO DALLA PROPRIETÀ (EDOUARD DE ROTSCHILD, BRUNO LEDOUX E IL GRUPPO ITALIANO ERSE) 3. NELL’ULTIMO ANNO LE VENDITE SONO CALATE DEL 15%. IL GIORNALE SOPRAVVIVE ORMAI SOLO GRAZIE ALLE SOVVENZIONI DI STATO E IL PROGETTO ANTI-CRISI PREVEDE DI TRASFORMARE IL MARCHIO DEL QUOTIDIANO IN UN “SOCIAL NETWORK, CREATORE DI CONTENUTI, REDDITIZIO SU DIVERSE PIATTAFORME (CARTA, VIDEO, DIGITALE, FORUM, EVENTI, RADIO) 4. STAMATTINA ANCHE “IL FATTO” SI APPELLA AI LETTORI: “LA LIBERTÀ COSTA, MA NEANCHE TROPPO. OLTRE AI LETTORI CHE OGNI GIORNO CHIEDONO ‘’IL FATTO’’ IN EDICOLA, CI BASTANO 20MILA ABBONAMENTI. SIAMO GIÀ A BUON PUNTO, MA OCCORRE ANCORA UNO SFORZO”

1. PIANO PER RILANCIARE LIBÉRATION CON CAFFÈ E RISTORANTI. È RIVOLTA: "SIAMO UN GIORNALE"
Anais Ginori per La Repubblica

«Siamo un giornale». Libération fa la prima pagina per difendere la sua identità. Lo storico giornale della gauche francese, che proprio quest'anno ha festeggiato i suoi primi quarant'anni, organizza una protesta inedita contro il piano di crisi varato dalla proprietà.

Il progetto che più fa discutere i giornalisti è l'idea di trasformare la sede di rue Béranger in un centro culturale a tutto campo, con set televisivo, studi radiofonici, ma anche un ristorante e un "incubatore di start up". «Non siamo un social network, un bar, un ristorante» si leggeva ieri mattina sulla copertina del quotidiano.

Sono "giorni neri", altro titolo a pagina 2 e 3, per la testata riconoscibile dal famoso rombo rosso e fondata da Jean-Paul Sartre nell'aprile del 1973. Nell'ultimo anno, le vendite sono calate del 15%.

Secondo un comunicato diffuso dai tre editori - Edouard de Rotschild, Bruno Ledoux e il gruppo italiano Ersel - il giornale sopravvive ormai solo grazie alle "sovvenzioni del potere pubblico". La proprietà rifiuta di mandare via il direttore editoriale Nicolas Demorand, sfiduciato nel novembre scorso dall'89,9% dei votanti in redazione. Demorand, noto conduttore radiofonico nominato nel 2011, non è mai stato davvero accettato dagli oltre duecento giornalisti che hanno avuto prima solo due altri direttori: Serge July dal 1973 al 2006 e Laurent Joffrin, passato alla guida del Nouvel Observateur tre anni fa.

Gli attuali editori hanno presentato nell'autunno scorso un piano editoriale che affianca al nuovo paywall sul sito, una serie di tagli per circa 4 milioni di euro: una diminuzione degli stipendi fino al 15% su base volontaria, l'accesso al part-time e la chiusura anticipata del giornale di carta alle 20 (oggi è alle 21,30).

Nel lungo articolo pubblicato ieri in risposta alla proprietà, la redazione lamenta un piano tutto improntato ai risparmi, che non prevede nuovi investimenti per valorizzare il lavoro giornalistico. Non solo. A preoccupare è il progetto di trasformare il marchio del quotidiano in un "social network, creatore di contenuti, redditizio su diverse piattaforme (carta, video, digitale, forum, eventi, radio)" con scopi commerciali.

La sede di rue Béranger, a due passi di place de la République, in una zona di Parigi molto di moda, dovrebbe essere trasformata "con l'aiuto di Philippe Starck" in uno spazio culturale con ristorante all'ultimo piano del palazzo, dove si può godere di una spettacolare vista su tutta Parigi.

Il manager François Moulias, incaricato dalla proprietà di trattare con la redazione, ha detto di voler creare un "Flore del ventunesimo secolo", espressione che ha fatto inorridire molti. L'idea è stata bocciata nell'articolo di autodifesa, firmato da tutta la redazione, con termini spregiativi come "Libéland", "Libémarket".

Per i giornalisti di Libération si tratta di un "colpo di Stato", un inaccettabile svuotamento del significato storico della testata. "Il rombo rosso senza più niente dietro" concludono i giornalisti di Libé.

Dopo un primo sciopero venerdì, la redazione organizza oggi un'altra assemblea generale per decidere le prossime mosse con la consapevolezza che quando un giornale fa la prima pagina su se stesso non è mai un buon segno.

 

2. IL PREZZO DELLA LIBERTÀ 20MILA ABBONAMENTI
di Antonio Padellaro, Marco Travaglio e Peter Gomez
per Il Fattoquotidiano - (estratto)
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È stato il Fatto ad accendere i riflettori sulla trattativa tra Stato e mafia, a denunciare la forte anomalia delle telefonate di Mancino con Napolitano (di cui siamo i soli a segnalare i molti errori), a promuovere la grande manifestazione di Palermo a sostegno del pm Di Matteo condannato a morte, nel silenzio generale, da Riina.

La scorsa estate è stato il Fatto a raccogliere 450mila firme contro il tentativo (poi fallito) di stravolgere la Costituzione, orchestrato dai saggi quirinalizi tra gli applausi della cosiddetta grande stampa: cioè di quei giornaloni che solo oggi scoprono la pochezza del governo Letta, così come fecero con il sobrio Monti turibolato oltre ogni decenza, salvo poi ammettere con il suo "rigore" stava distruggendo anche i resti dell'economia italiana.

Ma noi in quel coro non ci siamo mai stati, tirandoci addosso moniti e fulmini dagli alti colli. Non sono inutili vanterie, così come non è vittimismo ricordare che il prezzo della libertà può essere salato, soprattutto per una testata che non prende un euro di denaro pubblico e non può certo contare sugli introiti pubblicitari. Ci siamo fatti molti nemici e cresce ogni giorno il peso delle cause civili milionarie, anche se quasi sempre pretestuose.

Ma i nostri amici sono molti, molti di più. Chi ci legge, chi ci sostiene, chi ci sta vicino. Oggi il Fatto è una grande comunità che ruota attorno al giornale che state sfogliando, al sito web ormai stabilmente al vertice dell'informazione digitale, ai social network che rilanciano le nostre notizie e opinioni. La libertà costa, ma neanche troppo. Oltre ai lettori che ogni giorno chiedono il Fatto in edicola, ci bastano 20mila abbonamenti. Siamo già a buon punto, ma occorre ancora uno sforzo. Facciamolo tutti insieme. Grazie.

 

 

LIBERATIONLIBERATION rue beranger sotto la redazione di liberation dove si trova la redazione di liberation a parigi LIBERATION LA REDAZIONE DI LIBERATION Orlando Padellaro Gomez e Travaglio ANTONIO PADELLARO E MARCO TRAVAGLIO dida padellaro travaglio

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