OBAMA PER LA PRIMA VOLTA IN ISRAELE. DA TURISTA…

1- MO: VISITA OBAMA; OLP, SUBITO QUALCOSA PER SOLUZIONE 2 STATI
(ANSA) - "Siamo ad un momento storico: se non si fa qualcosa subito, la soluzione dei due stati è morta". Questo l'appello al presidente Usa Barack Obama, in arrivo domani nella regione, rivolto oggi da Mustafa Barghuti del Consiglio legislativo palestinese in una conferenza stampa in corso a Ramallah, organizzata dall'Olp. Barghuti ha aggiunto che "é finito il tempo della passività" e che "dopo 20 anni dalla firma degli Accordi di Oslo la situazione per i palestinesi è peggiorata molto".


2. ISRAELE ABBATTE 6 STRUTTURE COLONI IN CISGIORDANIA
(ANSA) - L'esercito israeliano e la polizia hanno smantellato, nel corso della notte, sei strutture in due insediamenti "illegali" in Cisgiordania. Lo riferiscono i media spiegando che due delle strutture sorgevano a Oz Zion e altre quattro a Ramat Migron, non distanti da Ramallah. L'intervento è avvenuto alla vigilia dell'arrivo in Israele del presidente Usa Barack Obama. I coloni - hanno aggiunto i media - hanno criticato il nuovo governo di Benyamin Netanyahu che ha cercato con l'azione di ingraziarsi il capo della Casa Bianca.


3. PRIMA VISITA DI OBAMA IN ISRAELE TUTTE LE TRAPPOLE DELL'ITINERARIO
YAD VASHEM SÌ, MURO DEL PIANTO NO. E NEANCHE MOSCHEA
Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"

Barack Obama inizia la sua missione internazionale più difficile: da domani in Israele, poi a Ramallah, nei territori palestinesi governati da Abu Mazen, infine in Giordania. Coi riflettori di tutto il mondo di nuovo puntati su di lui, il presidente Usa affronta il rischio - anzi la probabilità - di tornare a casa a mani vuote o, al massimo, con sotto braccio una cornice nella quale provare a inserire la ripresa del difficile dialogo tra lo Stato ebraico e l'Autorità palestinese espressione di Al Fatah.

La prima visita al principale alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente arriva solo nel quinto anno della sua presidenza. Obama troverà la diffidenza di molti ebrei che lo considerano il presidente meno filo-israeliano a memoria d'uomo, ma anche l'ostilità di un mondo arabo in pieno subbuglio politico nel quale le voci democratiche della primavera egiziana e tunisina di tre anni fa sono state soffocate dal prepotente riemergere del radicalismo islamico.

Così stando le cose, ironizza Tom Friedman sul New York Times, Obama potrebbe essere il primo presidente americano della storia ad andare in Medio Oriente a fare solo il turista. Friedman, ovviamente, esagera: piccoli margini per la riapertura di un dialogo tra israeliani e palestinesi ci sono, anche se almeno tre fattori inducono a non farsi troppe illusioni: l'intransigenza e l'aggressività di Hamas, l'ulteriore spinta agli insediamenti ebraici nei territori occupati (in Cisgiordania vivono ormai 300 mila coloni) e la stessa struttura del nuovo governo dello Stato ebraico (nel quale non sono entrati gli ultraortodossi, ma ha trovato spazio un partito dei coloni che chiede l'annessione della Cisgiordania).

Del resto è la stessa Casa Bianca ad avvertire che è meglio non farsi illusioni su una visita che ha soprattutto il valore di una testimonianza di solidarietà a Israele (anche, e forse soprattutto, rispetto alla minaccia nucleare iraniana), oltre che di un tentativo di vedere e capire, di esplorare i margini che ci possono essere per una ripresa del dialogo.

Un tour - non turistico, ma politico, culturale e anche simbolico - che è stato assai difficile da costruire tra veti contrapposti, esigenze di sicurezza e timori di offendere le diverse suscettibilità in una terra contesa da due popoli e in una città, Gerusalemme, culla di tre religioni.

E così il presidente americano, dei grandi simboli religiosi dei luoghi santi, visiterà solo la Chiesa della Natività di Gesù a Betlemme, mentre rinuncerà al Muro del Pianto, il luogo sacro degli ebrei, e la moschea di Al Aqsa, luogo sacro per i musulmani. Del resto qualcosa del genere accadde anche nel 1996 quando Bill Clinton, che voleva ardentemente visitare questi tre luoghi, cancellò tutto dopo il veto palestinese all'ingresso nella moschea del premier israeliano Olmert, deciso ad accompagnare il presidente Usa.

Altra scelta delicata quella del discorso pubblico: Obama non parlerà davanti alla Knesset, ma al Convention Center. Perché non vuole parlare solo ai politici ma alla società civile e soprattutto ai giovani, spiegano alla Casa Bianca. Perché, replicano i suoi critici, nel Parlamento israeliano ha molti nemici, soprattutto nelle forze politiche radicali: non vuole rischiare di essere sonoramente contestato in mondovisione.

A Ramallah Obama vedrà i palestinesi dialoganti di Abu Mazen mentre non avrà contatti con Hamas. Il presidente visiterà poi, come ogni capo di Stato, il museo dell'Olocausto e renderà omaggio alla tomba di Theodor Herzl, considerato il padre del sionismo moderno. La Casa Bianca ha, però, declinato l'invito a visitare la città costiera di Haifa dove il premier Netanyahu voleva mostrare a Obama il volto del nuovo Israele delle tecnologie avanzate. A conferma dell'impegno a difendere lo Stato ebraico dalla minaccia nucleare di Teheran, Obama esaminerà una delle batterie di missili antimissile realizzate con l'aiuto americano, ma non quella operativa montata sulle colline che dominano Tel Aviv che era stata scelta dagli israeliani.

Poche illusioni sui risultati, si diceva. La settimana scorsa è stata la stessa Casa Bianca a spegnere ogni focolaio di ottimismo. Dopo un vertice a porte chiuse dedicato alla missione mediorientale, alcuni anonimi funzionari hanno fornito indiscrezioni a vari «media» americani che vanno tutti nella stessa direzione: la soluzione di questa controversia che dura da decenni è in cima alle preoccupazioni del presidente, ma al momento non si vedono spiragli che possano far sperare ragionevolmente in un progresso decisivo verso la ripresa del negoziato di pace.

Solo la speranza che i cambiamenti in atto nei Paesi arabi e certi fermenti giovanili che si avvertono anche in Israele possano pian piano portare a un maggior pragmatismo da parte di tutti, a una maggiore attenzione ai problemi interni di queste società sciogliendo gradatamente le incrostazioni prodotte da contrapposizioni antiche.

 

 

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