casaleggio iacoboni

OGGI M’INDIGNO UN PO’- TUTTI SCANDALIZZATI PER L’ESCLUSIONE DEL CRONISTA DE “LA STAMPA” DALLA LEOPOLDA GRILLINA (E CI MANCHEREBBE) – MA TUTTI SILENTI QUANDO LE EPURAZIONI DEI GIORNALISTI ERANO UN VANTO DEL DUCETTO DI RIGNANO O QUANDO NANNI MORETTI NON VOLEVA PENNIVENDOLI DI TESTATE SCOMODE

 

Giorgio Gandola per la Verità

 

«Je suis Iacobonì». L' onda di piena non si placa e il giornalista della Stampa rimbalzato perché persona non gradita alla convention della Casaleggio Associati di Ivrea rischia di essere trasformato dal solito accanimento abbaiante dei social network e dall' indignazione del centrosinistra dolente in un Salman Rushdie della cronaca politica. Cosa che immaginiamo gli possa creare anche un pizzico di fastidio. Forse.

 

BEPPE GRILLO - DI MAIO - DAVIDE CASALEGGIO

La vicenda è imbarazzante per due motivi. Il primo riguarda l' ingenuità dei responsabili marketing del Movimento 5 stelle, che dall' alto del 32% dei consensi alle elezioni avrebbero dovuto stendere un tappeto rosso soprattutto al cronista antipatizzante per sentirsi veramente democratici. Sarebbe stata una formidabile occasione per ammortizzare le critiche contenute nel libro L' esperimento, uscito da poco a firma di Jacopo Iacoboni medesimo, invece di diventare i principali moltiplicatori del suo probabile e meritato successo.

 

Il secondo motivo è che trasformare un «no, lei non entra» in un attacco frontale alla democrazia parlamentare che discende dalla Costituzione repubblicana, in una «modalità censoria come quella praticata da Trump, Putin e Maduro» (Iacoboni dixit) ci pare lievemente esagerato. Anche perché distinguere gli amici dai nemici è il giochino più diffuso e puerile - e non da oggi - nel rapporto fra politica e informazione in Italia.

 

FINTI MARTIRI

CASALEGGIO

Un movimento che anela a governare, anzi si appresta a governare, non dovrebbe cedere alla tentazione di stilare la lista dei buoni e dei cattivi, di chiudere la porta in faccia a chi non è gradito. Soprattutto per evitare di copiare una pessima abitudine che ha caratterizzato fino a ieri solidi partiti di governo. E aziende più interessate all' immagine che ai dipendenti. E imprenditori prepotenti con le mani in pasta in giornali grandi e piccoli. E magistrati ispirati dal motto «Per gli amici tutto, per i nemici la legge». E sottosegretari frustrati che intimano: «O mi riveli la tua fonte o ti querelo». E squadre di calcio disposte ad assoldare un killer per zittire chi critica il rigore regalato.

 

Quando sentono parlare di giornalisti sgraditi, i cronisti sportivi si mettono a ridere; il teatrino accade tutte le settimane, dipende dal voto al terzino sinistro. I direttori di giornale devono abbozzare per non perdere contratti pubblicitari; gli editori spesso sono amici d' infanzia dei suddetti presidenti. E nessuno ha visto il film The Post. Chiariamo un punto per non rischiare il solito minestrone indigesto: se l' Italia è al sessantaduesimo posto quanto a libertà di stampa (fonte Freedom house) la colpa non è certo della fatwa di Ivrea.

renzi giornalisti

 

Ieri Davide Casaleggio ha spiegato la sua decisione. «Oltre 70 giornalisti rappresentanti decine di testate, comprese quelle che non hanno risparmiato pessime critiche nei miei confronti, si sono registrate con la massima correttezza. A evento iniziato, si presenta all' ingresso Iacoboni, il giornalista di Beatrice Di Maio - una fantomatica persona a suo dire stipendiata da me per screditare il Pd, poi rivelatasi la moglie di Renato Brunetta - che non aveva mai fatto richiesta di accredito, già provvisto di un badge riservato solo ai relatori. Perché lui può essere al di sopra delle regole?».

LIBRO JACOBONI

 

È questo il clima nel quale si inserisce l' affaire Iacoboni. E coloro che oggi si indignano (Pd in tutte le sue forme, sindacato, intellettuali da appello incorporato) sono gli stessi che se la ridevano quando, in una sgangherata edizione della Leopolda, l' allora premier Matteo Renzi faceva proiettare i titoli dei giornali sgraditi e invitava il popolo del Web a «votare il peggiore». Poiché la passerella delle presunte schifezze riguardava Il Fatto Quotidiano, Il Giornale, Libero e Il Tempo (il nostro non era ancora nato sennò sarebbe stato bruciato in piazza della Signoria), gli altri coraggiosamente tacquero.

 

JACOPO JACOBONI

Vittorio Zucconi, che evidentemente nella sua pastorale americana tende a scambiare Iacoboni per Alexandr Solgenitzyn, ha twittato: «Non mi offende il giornalista sgradito lasciato fuori dalle celebrazioni M5s, perché così si comportano le sette. Mi offendono i giornalisti che sono rimasti dentro. Complici». Fra i quali ci sarebbe anche il collega di Iacoboni che seriamente ha continuato il suo lavoro di cronista. Ridicolo.

 

LA LEZIONE DELL' EX PREMIER

Il clima nel mar dei Sargassi del progressismo ferito, anche perché prosciugato dal Movimento 5 stelle, è questo. E allora sarebbe interessante sapere per quale motivo lo stesso anelito di libertà soppressa, di partecipazione collettiva, di grande abbraccio democratico non si verificò quando l' inviato del Corriere della Sera, Marco Galluzzo, venne cacciato dall' albergo di Forte dei Marmi (era il 2014) dove aveva prenotato una camera per seguire il premier Matteo Renzi in vacanza.

ferruccio de bortoli

 

«Mi avvicinai al tavolo del ristorante dove cenava con la moglie e i figli», è il racconto di Galluzzo tratto dal libro di Ferruccio de Bortoli, Poteri forti (o quasi). «Mi fu possibile solo salutarlo e stringergli la mano, poi cominciò a gridare, lasciando di stucco i tavoli degli altri ospiti, gruppi francesi, tedeschi e russi. Gridava talmente forte, inveendo contro il Corriere che invadeva la sua privacy, che la scorta accorse come se lui fosse in pericolo. Venni anche strattonato (...). Il caposcorta mi minacciò dicendo che di me sapevano tutto, anche con sgradevoli riferimenti, millantati o meno conta poco, alla mia vita privata».

 

La colonna sonora fu il silenzio, in nome della consueta eccezione culturale della sinistra di potere che non ha bisogno di attenersi alle regole condivise per il semplice motivo che ci è seduta sopra. Esattamente vent' anni fa, al Festival di Cannes, Nanni Moretti era in concorso con Aprile. Non era un semplice regista, ma l' icona politica dell' Italia dei girotondi, il Beppe Grillo di oggi, e la gauche caviar mondiale pendeva dalle sue labbra.

 

de bortoli renzi 5

Poiché Il Giornale, per il quale lavoravo, non era stato tenero nei suoi confronti, fui cancellato dall' incontro stampa. Persona non gradita, reprobo, vergognati. L' ufficio stampa fu irremovibile. Nessuno si scomodò, Zucconi era a pescare sul Potomac. Il giorno dopo, alla presentazione de La vita è bella, quel filone di Roberto Benigni era sulla porta del salone. Quando mi vide disse a voce alta: «Tu entri per primo». Lezioni di vita.

NANNI MORETTI 7

 

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