orban

OR-BANG! L’UOMO FORTE DELLA ‘DEMOCRAZIA ILLIBERALE’ SBANCA ALLE ELEZIONI UNGHERESI, E CON I SUOI ALLEATI OTTIENE 133 SEGGI SU 199: POTREBBE AVERE I DUE TERZI DEI VOTI CHE GLI PERMETTONO DI FARE DELLA COSTITUZIONE, E DEL PAESE, QUELLO CHE GLI PARE - SI È GIOCATO TUTTO SULLA PAURA DEI MIGRANTI: ‘SE NON VOTATE ME, SI APRE LA DIGA E NON SI POTRÀ TORNARE INDIETRO’ - MA L’UE PUO’ ROVINARGLI LA FESTA

 

 

ORBAN BIRRA

Monica Perosino per www.lastampa.it

 

 

A una delle campagne elettorali più dure di sempre gli ungheresi hanno risposto in massa. E hanno risposto con un voto che incorona con un plebiscito l’uomo della «democrazia illiberale», il premier Viktor Orban, che conquista il quarto mandato, il terzo consecutivo, e una super-maggioranza.

 

 

La partecipazione al voto per il rinnovo del Parlamento di Budapest ha registrato un’affluenza record che ha sfiorato il 70%, con oltre 5,5 milioni di elettori. Era stata il 61,73% nel 2014. È la più alta mai registrata nella storia dell’Ungheria dalla caduta del comunismo, la più alta da quando esistono elezioni libere e democratiche.

 

MERKEL ORBAN

In serata, ben dopo la chiusura dei seggi, in alcuni distretti, come quello di Bocskai, erano migliaia le persone che ancora aspettavano di votare. Per tutta la giornata l’attesa per poter esprimere il voto andava dalle due alle tre ore, con code interminabili che si allungavano per diversi isolati. L’affluenza più alta si è registrata soprattutto nella capitale Budapest e nelle grandi città, ma non nelle aree rurali, roccaforte tradizionale di Fidesz, il partito del premier.

 

Per questo gli analisti avevano previsto che l’opposizione sarebbe stata favorita, e azzardavano «possibili e inaspettati cambi di scenario». Ancora ieri sera nella sede dei socialisti si parlava di «un clima di cambiamento». Ma si sbagliavano. Il partito del premier Fidesz ha stravinto e ha conservato il primo posto, superando di gran lunga il numero di seggi necessari alla maggioranza assoluta. Orban ha conquistato da solo il 49% dei seggi e, con gli alleati dei Cristiano democratici, avrebbe 133 seggi su 199. Ancora meglio delle elezioni di quattro anni fa, quando ottenne 129 seggi.

JUNCKER ORBAN

 

Con questi numeri Orban potrebbe aver raggiunto il suo obiettivo, la quota dei due terzi del Parlamento che, come nel 2010 e nel 2014, gli ha permesso di cambiare la Costituzione. Il secondo posto va al partito di estrema destra nazionalista Jobbik di Gabor Vona (26 seggi), che ieri notte si è però dimesso da presidente come aveva promesso alla vigilia in caso non fosse riuscito «a cambiare il governo». A seguire l’alleanza socialista-verde (Mszp-P) con 8 seggi. Anche il leader socialista ha deciso di presentare le dimissioni dalla guida del partito. 

 

 

Il premier Viktor Orban, l’uomo forte dell’Ungheria, ha ottenuto quello che con così tanta rabbia e determinazione ha cercato: all’inventore della «democrazia illiberale», non bastava una vittoria, cercava il trionfo. E lo ha ottenuto: «È stata una guerra dura, ma abbiamo vinto. Ora possiamo difendere l’Ungheria» ha detto ieri notte di fronte a una folla esultante, che ha ballato ed esultato fino all’alba sulle rive del Danubio. Il premier, ha cantato la «Canzone di Kossuth» e l’inno nazionale, poi ha ringraziato, tra gli altri sostenitori Jaroslaw Kaczynski, presidente del partito polacco Giustizia e libertà e il premiere Morawiecki.

MELONI ORBAN

 

 

 

Da oggi potrà di fare il bello e il cattivo tempo in Parlamento. Orban ci era già riuscito nel 2014, ottenendo una maggioranza così schiacciante – anche grazie a una legge elettorale fatta apposta per lui - da controllate i due terzi del parlamento: una strada libera e senza ostacoli per modificare la Costituzione, limitare l’azione dei media «ostili», combattere contro l’Europa dei migranti e innalzare muri al confine, e per far passare molte delle riforme che fanno tremare l’Unione, sempre più preoccupata del vacillante stato di diritto ungherese.

 

 

Venerdì sera le sue ultime parole prima del silenzio elettorale erano state: «Con questo voto il futuro dell’Ungheria sarà irreparabilmente determinato per molti decenni a venire. Se la diga viene aperta, se si aprono i confini, se i migranti entrano nel Paese, non c’è modo di tornare indietro».

 

 

ORBAN SOROS

È sulla paura dei migranti che il premier Viktor Orban si è giocato tutto. La battaglia «necessaria» contro i «profughi musulmani», i «nemici dell’Ungheria cristiana e bianca» è stato il mantra di una campagna elettorale che ha raggiunto picchi di tensione altissimi. In questo senso le elezioni sono state anche un referendum su Orban, sul suo muro di 175 chilometri «per fermare l’invasione» e sull’Europa, che vorrebbe costringere Budapest ad accettare il sistema delle ricollocazioni.

 

Il nuovo governo avrà subito a che fare con un problema «esterno»: la spallata potrebbe arrivare proprio dall’Europa. Giovedì la commissione Libertà civili del Parlamento europeo discute la bozza di risoluzione sulla situazione in Ungheria, per valutare si ci sono violazione gravi dei principi fondamentali. La commissione potrebbe portare alla sospensione del diritti di voto al Consiglio in base all’articolo 7 del Trattato.

 

VIKTOR ORBAN

 

Martin Michelot, curatore di un di un rapporto dell’Istituto Delors di Parigi, spiega che Orban è legato all’Europa, ai suoi fondi: «Il il 3% del Pil del suo Paese dipende dagli investimenti internazionali ed europei. Per questo non può permettersi strappi, non può permettersi di essere antieuropeista». Il problema è semmai che l’Europa potrebbe permettersi di essere anti-Orban: «Il problema dello stato di diritto nella Ue è rappresentato da due Paesi Visegrad, la Polonia e l’Ungheria.

 

ORBAN e BERLUSCONI

Finora l’Ue ha avuto le mani legate: il veto che metterebbe l’Ungheria all’ipotesi di sanzioni alla Polonia è scontato, così come lo è a parti invertite». L’Ungheria di Orban, le sue riforme, sono di ispirazione per la Polonia che ammira le leggi sulla nazionalizzazione, sui media e sul sistema giudiziario: «Ma Varsavia e Budapest rispecchiano situazioni molto diverse: l’Europa può ancora fare qualcosa per salvare lo stato di diritto in Polonia. In Ungheria servirebbero immediate riforme costituzionali per correggere i danni fatti negli ultimi 7 anni». Se però l’Ungheria perdesse il diritto di voto – e di veto – i giochi sarebbero tutt’altro che chiusi.

viktor orban da giovane viktor orban e berlusconi

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…