IL GRANDE OBLIO - CON LA FINE DEL PATONZA DIREMO ADDIO ANCHE AGLI SCILIPOTI, ALLE POLIDORI, ALLE GELMINI, ALLE BERNINI? - E LA CARLUCCI ORA CHE È STATA USATA SARÀ ANCORA A LUNGO FILATA DA QUALCUNO? - SAVERIO ROMANO FINO A UNA SETTIMANA FA SI FACEVA FOTOGRAFARE CON SARKOZY; DA OGGI S’AVVICINERÀ PIÙ FACILMENTE AI SUOI LEGALI - ECCO IL PECCATO MORTALE DEL BERLUSCONISMO MORIBONDO: AVER FATTO SOGNARE A TUTTI DI ESSER BERLUSCONI. ORA PIÙ CHE LA GOGNA, IL CONO D’OMBRA…

Jacopo Iacoboni per "La Stampa"

«Onorevole, il suo tempo è scaduto». Fine dei giochi, ultimo valzer. Per quanto l'eterna specialità italiana sia cambiar tutto perché nulla cambi, e fatta anche la tara dei gattopardismi più astuti - ce ne sono molti, e molti, i più abili, si occulteranno - bisogna salutare con umana pietas, non spirito vendicativo, il variegato mondo di coloro che adesso, semplicemente, scompaiono.

Guai a chi sogna vendette, sia reso semmai l'onore delle armi a un variopinto manipolo di onorevoli o ministri o sottosegretari. Li attende la grande «pecorarizzazione», leggasi: scomparsa dai talk show, drastica dieta delle interviste colorite, si spera riduzione delle prebende, in definitiva, per dirla alla Chandler, scenda il Grande Oblio. Scilipoti, il suo tempo è scaduto; ma quello di quanti altri?

Bisogna distinguere. I nuovi sommersi talvolta sono anche migliori di quelli che si salveranno voltando gabbana. Sabato al teatro Manzoni, alla manifestazione Underground degli irriducibili, Daniela Santanchè ha pronunciato un discorso dignitoso, «a me non importa di non esser più al governo, sono orgogliosa di aver fatto undici anni di politica col presidente, tornerò a stare nelle piazze, tra la gente». Nobile uscita, s'avverte però il timore d'esser invitata meno.

Gianfranco Rotondi, democristiano atipico che non s'è accasato col nuovo governo, sarà sempre il re della boutade o tornerà a dichiarare in congressi democristiani tristanzuoli da maglioncino rosa? «Da domani saremo tutti commissariati», prevede il teorico degli obliàti Scilipoti. Li si difenda da qualunque aggressione.

Catia Polidori e Aurelio Misiti hanno fatto carriera vertiginosa, in un anno due promozioni, un'altra fiducia a rischio e li avremmo visti ministri, erano aggregati dell'ultima ora ma in questa veste avevano ottenuto ciò che adesso e infine vien loro tolto: cosa resta a un uomo che è carica, senza carica, chiedeva José Saramago? Ombra. Difficile immaginare che le pur comiche litigate di Stracquadanio possano esser rilevanti, in stagione di austerity.

Anna Maria Bernini, che tanto piaceva al Cavaliere, innalzata al rango ministeriale, potrebbe ora trovar più spazio nel suo studio di avvocato che nello studio di Ballarò. E Antonio Razzi, altro esemplare della tribù interstellare degli scilipotiani, chi mai vorrà più intervistarlo? Anche se onestamente nessuno può bullarsi su di lui come ha fatto Barbato (il deputato dipietrista coi capelli corti davanti e lunghi dietro), gridandogli in aula «Antò, hai sbagliato investimento!».

Il capo dei Responsabili Saverio Romano fino a una settimana fa, durante vertici europei, si avvicinava nientemeno che a un capannello con Nicolas Sarkozy, come attesta un'incredibile foto di questa fine regime, lui e Sarkò faccia a faccia, postata con effetto involontariamente comico sul sito del ministero dell'Agricoltura; da oggi s'avvicinerà più facilmente ai suoi legali.

Certo il generale Oblio ha l'occhio strabico, mette insieme berlusconiani coerenti perinde ac cadaver e stampellatori della penultima ora; forse pure i «traditori» dell'ultima. Roberto Antonione - il cui mutamento sì travagliato tanto ha addolorato il Cavaliere - già si sogna la notte Turigliatto, che votò contro Prodi: alzi la mano chi l'ha più sentito, quel vecchio trotzkista. E la Carlucci ora che è stata usata sarà ancora a lungo filata da qualcuno? Calearo abbandonò Veltroni e fu famoso; fu lì lì per non votare più la fiducia neanche a Berlusconi, e rimaneva in qualche modo oggetto di attenzioni. Arduo in futuro immaginarselo decisivo, dirimente, centrale. Lo si riconsegni al natìo Veneto.

Ecco il peccato mortale del berlusconismo moribondo, aver fatto sognare a tutti di esser centrali quando evidentemente non lo erano, per costituzione, struttura morale, cultura. Era l'estrema malìa del Cavaliere azzoppato, promettere tutto a tutti, accendere un riflettore sulla pura nullità umana. Ora più che la gogna, il silenzio; smart phone che non squillano ma giocano a solitario.

Michela Biancofiore ieri ha avuto ancora un microfono sotto la bocca, era in pellegrinaggio a Palazzo Grazioli davanti al leader in uscita: è poi ripartita verso le valli dell'Adige. Mara Carfagna, che era passata da un pregiudizio negativo a uno positivo in molta parte di opinione pubblica, si atteggiava con singolare preziosità, difficile che adesso il suo parere sulle «pari opportunità» venga considerato quanto quello di una studiosa.

Mariastella Gelmini viveva blindata, tornerà libera dalle parti di Desenzano sul Garda, non è detto che le verrà richiesta opinione sulla riforma della pubblica istruzione. Dissero che anche il Cavaliere, nel 2006, s'era depresso quando vinse Prodi; non parlava con nessuno, usciva poco. Si riprese subito, ma lui è lui.

Certo esisterà sempre il tepore di Porta a porta, e il Tg1, e la Rai; ma anche il pubblico che non l'ha fatto prima per complicità o spesso semplice forza d'inerzia, può provare a ripartire e compiere il gesto più liberatorio: spegnere e uscire a fare una passeggiata all'aria aperta.

 

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