ROMANZO PATRIMONIALE - LA “MADRE DI TUTTE LE TASSE” ORMAI SERVIREBBE SOLO A FAR SCAPPARE I VERI PAPERONI DALL’ITALIA

Orazio Carabini e Paola Pilati per "l'Espresso"

Si deve trovare un modo per liquidare il debito pubblico... Ciascuno farebbe un grosso sacrificio, però temporaneo, e in questa chiave sarebbe disposto a rinunciare a una quota del suo patrimonio pari a quella di tutti gli altri. Così va affrontato il demonio del debito pubblico. Un demonio per liberarci del quale nessun sacrificio sarebbe troppo grande. Ha distrutto l'equilibrio dei prezzi, ha spinto molte persone a emigrare per evitare il peso della tassazione che esso porta con sé e si è appeso come una pietra al collo dell'industria del paese». Era il 9 giugno del 1819 quando David Ricardo, uno dei più grandi economisti della storia, pronunciò queste parole alla Camera dei Comuni.

Certo, sono passati quasi 200 anni e allora la Gran Bretagna era in piena depressione postbellica. Ma che cosa direbbe oggi Ricardo se dovesse intervenire al parlamento italiano sulla legge di Stabilità? Dopo sei anni di recessione e qualche mese passato sull'orlo di un precipizio chiamato default?

Avrebbe di fronte a sé un guazzabuglio di norme che: riformulano dopo neanche due anni la tassazione sulla casa per ottenere, di fatto, lo stesso gettito; impongono un contributo di solidarietà ai titolari di pensioni elevate; raddoppiano la patrimoniale sui risparmi in banca; bloccano contratti e turnover dei dipendenti pubblici anche nel 2014; sgravano le retribuzioni di pochi spiccioli, da dividere tra lavoratori e imprese; si affidano alle cure di un neonominato commissario alla spending review per avere qualche risparmio l'anno prossimo; spostano un po' di immobili da alcuni soggetti pubblici ad altri che però, contabilmente, sono fuori dal perimetro dello Stato.

Il tutto per restare dentro la fatidica soglia del 3 per cento nel rapporto deficit/Pil. Il debito continuerà a oscillare intorno al 130 per cento quando la necessità di rinnovare i titoli in scadenza (vedere tabella a pag. 41) imporrebbero all'Italia un rapido percorso di discesa.

Tanti sacrifici, e poi? E poi può capitare qualche emergenza-banche. La lettera appena resa pubblica del governatore della Bce Mario Draghi sulla necessità di tamponare con l'intervento dello Stato eventuali necessità di capitale degli istituti per evitare crisi di sistema, prospetta nuove spese. Mentre la congiuntura stenta.

E i nuovi vincoli europei chiameranno l'Italia a un aggiustamento dei conti pubblici sempre più brusco. Di fronte a questa fatica di Sisifo la tentazione di un'operazione straordinaria si fa strada. Come suggeriva Ricardo. E come hanno a più riprese in anni recenti riproposto da noi personaggi di spicco e titolari di ottimi redditi o patrimoni come Giuliano Amato, Mario Sarcinelli, Luca Cordero di Montezemolo, Carlo De Benedetti.

L'idea di una tassa sui patrimoni netti dei cittadini abbienti per riportare una volta per tutte il debito pubblico a livelli gestibili è stata rispolverata dal Fondo monetario nel suo recente "Fiscal monitor": una stangata una tantum, resa digeribile perché presentata come una grande operazione di "oro alla patria" e basata sul gentlemen's agreement che non verrà ripetuta. Al di là della presa di distanza di Christine Lagarde, capo del Fmi, quella della patrimoniale è una idea che può fare strada, o è solo un ballon d'essai?

Il clima nazionale sta cambiando. Quella borghesia ricca che una volta pensava solo a mettere al caldo i propri beni nei paradisi fiscali, oggi si mostra sfibrata dall'incapacità del Paese di uscire dal guado, e potrebbe quindi essere più incline a gesti di salute pubblica. La barriera psicologica dei diritti acquisiti è crollata: con il contributo di solidarietà sulle pensioni, con il taglio retroattivo delle detrazioni fiscali, con la rateizzazione del pagamento delle liquidazioni dei dipendenti pubblici.

E ora, dopo le nuove regole sull'Unione bancaria, con la possibilità di coinvolgere nel salvataggio gli obbligazionisti delle banche.
Il passo non è facile, tecnicamente e politicamente. Ma il Fondo nel suo studio fa un ragionamento più rotondo: esamina i sistemi di tassazione e osserva che nel mondo non solo la disuguaglianza sociale è aumentata, ma che è diminuita gradualmente la progressività degli obblighi fiscali. Il combinato disposto delle due cose ha fatto sì che il 10 per cento della popolazione, il gotha della ricchezza, ha avuto un incremento "spettacolare" di benessere e di mezzi a disposizione.

C'è dunque spazio, in cima alla piramide, per incrementare le tasse. Attenzione, però: i ricchi sono la parte più mobile della popolazione. Possono muovere i propri capitali, spostare come vogliono le rendite, cambiare senza problemi residenza e la scuola dei figli. E quindi emigrare dove il fisco è più vantaggioso. È per questo che il Fondo avverte che la prima mossa è rendere più stretta tra i paesi la trasmissione di informazioni sui beni dei residenti: proprio quello che ha appena accettato di fare il paese simbolo del segreto bancario e fiscale, cioè la Svizzera, che da novembre dà il via alla stagione della trasparenza. Una rivoluzione che cambia profondamente la geografia finanziaria europea.

Tutti questi indizi fanno una patrimoniale o almeno ne preparano il terreno? «Il momento adatto a introdurre una patrimoniale era due anni fa, all'avvio del governo Monti», risponde l'economista Marcello Messori, «ora più che una tassa straordinaria vedo più utile mettere in campo diversi strumenti: rimettere una tassa sulla casa, ripristinare quella sulle eredità, e avviare tagli di spesa che diano risultati negli anni».

Sul fatto che il treno della patrimoniale sia passato due anni fa, quando lo spread era ai massimi, concorda anche Stefano Simontacchi, docente di diritto tributario internazionale e avvocato nello studio Bonelli Erede Pappalardo: «Attenzione, perché dobbiamo attirare le grandi ricchezze, non farle scappare», dice.

«Semmai, dobbiamo promuovere una "voluntary disclosure", una volontà di trasparenza da parte dei contribuenti: faccio regole più stringenti per il futuro, ma oggi creo le condizioni per rendere vantaggiosa l'autodenuncia di chi ha evaso il fisco o portato capitali all'estero. Primo, depenalizzando la dichiarazione infedele, secondo, riducendo del 50 per cento le sanzioni amministrative ma non le imposte evase. Insomma, l'Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza non devono più presentarsi come "i cattivi" che vogliono

 

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