1- VIENI AVANTI, VENDOLA! “NON SOLO BERSANI, ANCHE RENZI E' DA ROTTAMARE" 2- RENZI: "SE IO VINCO LE PRIMARIE NON FINISCE CENTROSINISTRA MA D'ALEMA VA A CASA" 3- FINITA L’ASSEMBLEA (TRUCCATA) DEL PD, NESSUNO SA DARE RISPOSTA ALLA DOMANDA: È POSSIBILE VOTARE AL SECONDO TURNO DELLE PRIMARIE ANCHE SE NON HAI VOTATO AL PRIMO? BOH, INTANTO, ROTTAMATORI E BERSANIANI TORNANO NELLE RISPETTIVE TRINCEE” 4- TANTO CASINO PER NULLA: RENZI O BERSANI O VENDOLA, A PALAZZO CHIGI CI VA DI NUOVO MONTI. COSì HANNO DECISO I “MERCATI” E BERLINO: ITALIA “UNFIT” PER LA DEMOCRAZIA

1- PD: VENDOLA ALL'ATTACCO DI RENZI - "LUI E I SUOI MODELLI DA ROTTAMARE"
(AGI) -
Nichi Vendola, leader di SEL e presidente della Regione Puglia, sfida Bersani e Renzi alle primarie del centrosinistra e a Sky TG24 dice: "Ho costruito il mio cammino con molti dei protagonisti dell'attuale Partito democratico", quello che "va rottamato e' l'atteggiamento di subalternita' con la cultura del liberismo. Renzi aderisce a modelli culturali che credo vadano rottamati". All'Ilva di Taranto - ha rilevato Vendola - "abbiamo imposto le normative piu' avanzate di Europa. La magistratura ora chiede a tutte le industrie italiane di fare un salto qualitativo. Ci vorrebbe un Governo con una politica industriale non prona ai grandi gruppi".

Sulle spese per la campagna delle primarie, Vendola ha chiarito: per la manifestazione di lancio a Ercolano "abbiamo speso 8 mila euro. La mia campagna si avvicinera' al costo di zero euro. Non abbiamo l'appoggio degli investitori privati, ci reggiamo soltanto sul volontariato". E sulla moralizzazione della politica a partire dalla riduzione degli emolumenti: "Quest'anno ho ridotto il mio stipendi di altri 50 mila euro. Ci voleva un segno di assoluta sobrieta', perche' chi fa politica deve sentire il dolore del paese. Non e' un modo strumentale di affrontare la questione e mi pare di avere molti critici e pochi emulatori".

2- RENZI, "CON ME NON FINISCE CENTROSINISTRA MA D'ALEMA VA A CASA"
"Se io vinco le primarie non finira' il centrosinistra, certamente finira' la carriera parlamentare di D'Alema" dice d aparte sua Matteo Renzi, replicando ad una battuta di alcuni giorni fa dell0'ex presidente del Consiglio. A Matera dove e' iniziato il tour di cinque tappe che lo portera' anche a Potenza, Fogglia, Campobasso e Isernia, il sindaco di Firenze ha ribadito la sua battaglia per "svecchiare la politica".

"Io voglio fare quello che hanno fatto D'Alema e Veltroni con Natta e Occhetto. Arrivo in un momento in cui chi e' stato in Parlamento per venti o piu' anni deve farsi da parte. Il problema non e' l'eta' anagrafica, ma la quantita' di tempo che, come deputati, hanno avuto per cambiare il Paese, e non lo hanno fatto. Noi vogliamo cambiare - ha concluso Renzi - la classe politica che ha ucciso il nostro futuro".

PRIMARIE, ACCETTO CAMBIO REGOLE MA NON NE CAPISCO IL PERCHE'
"Non ho condiviso il modo con cui si e' arrivati alla decisione di cambiare il regolamento delle primarie, ma vi confermo che a me sta bene cosi'" ha aggiunto il sindaco di Firenze, Matteo Renzi torna sulla decisione dell'assemblea nazionale del Pd di dare un nuovo regolamento per le elezioni primarie.

"Sinceramente non capisco perche' le regole sono andate bene nel 2005 e nel 2007 e oggi dovevano essere cambiate. Comunque, di Bersani mi fido e faro' una battaglia a viso aperto, con sorriso, leggerezza e senza prendersi molto sul serio. Io sono per la serieta' della politica e non per i politici come busto di marmo".

Renzi ha evitato note polemiche sui lavori dell'assemblea, condividendo il risultato positivo gia' espresso dal segretario Bersani: "Ieri il Pd ha deciso di non stare a discutere sulle regole, ma di stare a discutere sulle idee. Siamo gli unici che hanno il coraggio, la forza e l'intelligenza di confrontarci con le primarie, mentre gli altri non lo fanno. Spero che lo faccia anche il centrodestra, prima o poi".

RENZI, "SE PERDO RESTO FUORI MA NON LO SENTO DIRE DA ALTRI"
Renzi conferma che in caso di sconfitta alle primarie continuera' a fare il sindaco di Firenze, ma chiede un impegno politico anche agli altri partecipanti. "Ho gia' detto che non voglio premi di consolazione o contentini, come e' successo in passato. Chi vince lo sosterro' lealmente e con tutta la mia forza, ma questa cosa non la sento dire dagli altri".

2- DAGOREPORT ALL'ASSEMBLEA DEL PD
Francesco Persili per Dagospia

Dal «mi fido di te» veltroniano al «mi fido di lui» griffato Matteo Renzi. È tregua, allora, con Bersani? Musica, maestro. «Là ci darem la mano», il segretario del Pd ricorda di aver intonato l'aria del Don Giovanni una volta insieme a Katia Ricciarelli e al sindaco di Firenze, scherzando, promette: «faremo un duetto».

Colonna sonora di un appeasement dopo la richiesta del segretario democratico di ritirare gli emendamenti anti-renziani e le parole accomodanti del Bimbaccio proprio mentre l'assemblea Pd si preparava a dare il via libera alla sua corsa alla premiership del centrosinistra.

Ok, l'accordo è giusto? Quella che viene pomposamente definita come «pax democratica» è subito messa alla prova dall'endorsement «politicamente poco corretto» per la vittoria di Bersani dell'ultrà Rosy Bindi, presidente del Partito democratico, al termine dell'assemblea. La fine delle polemiche sulle regole, l'inizio di un'altra partita. Un attimo, fermi tutti, ma qui si deve giocare ancora il secondo tempo.

«Ci si può iscrivere all'albo entro il giorno in cui si vota per il primo turno. Quindi, chi non si è registrato non potrà votare - a meno di non dimostrare che stava male o era all'estero - al secondo turno», è questa l'interpretazione restrittiva di Madre Badessa Bindi (a cui farà eco qualche altro illustre esponente della nomenclatura bersaniana).

Sconcerto tra i renziani, che tengono il punto («l'assemblea ha dato il via libera a primarie aperte») e sono pronti a giocare di sponda con Vendola per vedere riconosciuta la possibilità di votare al secondo turno anche qualora non si sia votato al primo. Punto e (d)a capo.

«Cosa succederà? Niente». Il giorno più lungo del Partito democratico si era aperto in un albergo sull'Aurelia con un mezzo sorriso ironico di Pippo Civati, un tempo vicino al sindaco di Firenze, equidistante oggi sia da Renzi che da Bersani («Io, il terzo incomodo? Il terzo comodo, per ora...»). L'eterna promessa democratica ammette che la discesa in camper del Bimbaccio ha provocato qualche malessere alla nomenclatura e confessa di non capire le polemiche degli ultimi giorni che non riguardano «i contenuti» ma cavilli, emendamenti, procedure.

«Una settimana per raccogliere le firme e tre settimane per discutere le regole. Ma non si poteva fare il contrario?» Cambiando l'ordine dei fattori non cambia il risultato della discussione che sembra tutta interna al partito: non sarebbe stato meglio fare un congresso? «In queste condizioni, forse, era meglio...». Diplomazie al lavoro, sherpa in trattativa continua al telefonino.

Tensioni sotterranee, sospetti malcelati, estenuanti mediazioni. Intanto i militanti situazionisti di Occupy-primarie, il gruppo che fa capo al consigliere lombardo, accolgono delegati e parlamentari con le sagome di cartone di Bersani e Renzi. «Quello vero non c'è, è in tournée», scherza qualche «giovane turco» mentre Franco Marini si impanca di rabbia per la mancata presenza del sindaco Fonzie (copyright Alba Parietti) e scandisce: «un atteggiamento che non può essere accettato».

Tutto fa assemblea democratica: la votazione per alzata di delega, l'unanimismo di facciata (che nasconde antichi conflitti e nuovi posizionamenti), la ricerca inesausta della polemica e della metafora più gagliarda (si segnala quella sul tennis di Paola Concia che avrebbe fatto inorridire David Foster Wallace).

Un gioco di rimandi, battutine e dettagli: la caviglia fracassata di Realacci (rottamatore rottamato?), le 50 sfumature di rosso: dal colore scelto da Anna Finocchiaro e Livia Turco all'articolo 18, che stavolta è la norma dello statuto del Pd da sospendere, spiega Bindi, che poi fa l'occhiolino: «Non avevo visto Susanna Camusso in sala...».

Oltre ai leader della Cgil, vecchi (Cofferati) e nuovi (Camusso), non mancano Bassolino e Jervolino, Vincenzo Visco. Tutti pronti per l'Unione 2.0? Tanto più che il sismografo della gauche de' noantri registra anche i movimenti dei sinistrati di ritorno Pietro Folena e Cesare Salvi schierati per Bersani. Non solo.

Il segretario democratico può contare sul sostegno di Dario Franceschini, suo avversario nelle primarie di partito del 2009, che oggi si rimbocca anche le maniche della camicia come Bersani, si è fatto crescere la barba che nemmeno quando era più giovane di Matteo Orfini e a Renzi chiede, addirittura, una prova d'amore nei confronti del partito. Come si cambia, verrebbe da dire.

Quella che non cambia è, invece, la galleria di facce compunte e sguardi preoccupati, basta una zoomata su notabili e capi-bastone durante la relazione di Bersani per entrare in un saggio di fantascienza in cui proliferano appartenenze correntizie degne di Star Trek e nebulose dalle quali ogni giorno arrivano nuove candidature (dopo Puppato, Gozi e Tabacci, ora anche Valdo Spini dalla galassia socialista).

L'usato sicuro dell'establishment si scalda quando il segretario Pd batte il colpo da standing ovation («l'unica regola che abbiamo cambiato in corsa è una regola d'apertura, quella per consentire altre candidature») mentre rottamatori senza bussola vagano in cerca della sala Camper, l'area ritrovo - nemmeno a dirlo - dei delegati vicini al sindaco di Firenze, tra cui spicca il ciuffo d'argento del deputato Andrea Sarubbi.

Renziano, ma critico, non gli va giù l'assenza del sindaco: «Ha sbagliato, glielo ho anche scritto. Si sarebbe preso qualche fischio ma avrebbe dovuto essere qui. Così ha dato un argomento in più a chi non perde occasione per attaccarlo». Franco Marini, ad esempio, ha l'impressione che Renzi si rivolga «solo a quelli fuori dal nostro partito».

Dovrebbe essere un merito, eppure al Bimbaccio si muove l'accusa di piacere troppo agli elettori di centrodestra. Sarubbi mette in guardia da quel complesso dei migliori che è da sempre «il rischio storico della sinistra». L'atteggiamento di superiorità morale che si traduce nella tentazione di cercare il voto di qualità. In pratica, «meno semo, mejo stamo». Il risultato? «La condanna ad essere minoritari nel Paese».

Si parla di partecipazione e di numeri. Più cresce il numero dei votanti, più conterà il voto di opinione e meno quello di appartenenza. In ogni caso, «primarie aperte per cercare nuovi elettori», puntualizza nel suo intervento il veltromontiano, Giorgio Tonini. Sul punto concorda anche Sarubbi che non si iscrive alla corrente carsica e trasversale nel Pd del Monti bis («che vedo semmai come un governo d'emergenza nel momento in cui non emerga una maggioranza dalle urne»).

C'è tempo di sentire l'uomo chiamato cavillo, Salvatore Vassallo - autore dello statuto del Pd, oggi schierato per Renzi - chiedere il ritiro degli emendamenti «che vanno in senso restrittivo» per la partecipazione alle primarie prima di quello che Bersani definisce un «capolavoro della democrazia» con l'assemblea che dà semaforo verde a Renzi anche se un piccolo giallo resta.

E adesso? Nessuno sa dire cosa succederà, nemmeno Goffredo Bettini, il king maker del modello Roma e del Pd veltroniano, che dopo due anni di silenzio e un libro, andrà a votare ma non sceglierà né Bersani, né Renzi. Del primo apprezza lo spirito democratico anche se, poi, «il segretario ha perso la sua scommessa quando non è riuscito a promuovere il rinnovamento del gruppo dirigente e della forma partito». E tutto ciò non potrebbe riuscire a Renzi? «No, perché - prosegue Bettinorium - il sindaco di Firenze dà l'idea di volersi solo sostituire ai vecchi piuttosto che cambiare le forme e il modo di fare politica».

Finisce con Bettini che rimarca «l'attuale distanza politica» da Veltroni mentre nessuno sa dare risposta alla domanda del giorno più lungo del Pd: è possibile votare al secondo turno delle primarie anche se non hai votato al primo? Boh, intanto, rottamatori e bersaniani tornano nelle rispettive trincee. Là ci darem la mano, un giorno, forse, e dopo essersi registrati all'albo.

 

 

 

vendola-bersani-vignetta.gifNICHI VENDOLA E PIERLUIGI BERSANI MASSIMO DALEMA E WALTER VELTRONI jpegMASSIMO DALEMA E WALTER VELTRONI jpeg BERSANI RENZIDALEMA LEADER SKIPPER 2012DA LIBERO RENZI SI CUCINA BERSANI pippo-civatiNICHI VENDOLA - PIERLUIGI BERSANI - ANTONIO DI PIETROnichi vendola paola concia allegrezza alexandra rosa russo jervolino antonio bassolino lapDARIO FRANCESCHINI WALTER VELTRONI BERSANI LETTA DALEMA FRANCESCHINI FAUSTO BERTINOTTI GOFFREDO BETTINI

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?