I KILLER DI ALLAH? QUEI BRAVI RAGAZZI CHE LA FRANCIA PERDONÒ - ALTRO CHE PESCI PICCOLI, I FRATELLI ACCUSATI DEL MASSACRO DI PARIGI FINIRONO ANCHE IN UNA TESI DI DOTTORATO SUL TERRORISMO ISLAMICO E IN TV

Franco Bechis per "Libero Quotidiano"

 

cherif kouachi 7cherif kouachi 7

Il giudizio è stato netto: «un bravo ragazzo. Ha capito di essere stato invischiato in una vicenda più grande di lui. Lo avevano indottrinato, e dice di non essere stato capace di opporre resistenza. Ma ora ha capito». Così davanti alle telecamere di Antenne 3 l’educatore- assistente sociale del grande carcere di Fleury-Mérogis (Essonne) «assolveva» dopo pochi mesi di prigione a fine 2005 Cherif Kouachi, uno dei due fratelli franco-algerini che avrebbero compiuto il massacro di Parigi nella redazione di «Charlie Hebdo».

 

Un giudizio utile, condito poi da un po’ di retorica sullo sbandamento del giovane, che fino all’arresto era stato uno come tanti della sua età: cambiava di tanto in tanto fidanzata, faceva il cantante rap dilettante, fumava spinelli, non andava nemmeno in Moschea. Come disse l’educatore: un bravo ragazzo, non un integralista islamico. Tanto è che dopo la lunga carcerazione preventiva Kouachi non sarebbe restato in carcere, e quando nel 2008 il processo avrebbe reso definitiva una condanna a 3 anni per la sua adesione a cellula terroristica, la pena fu condonata per la metà. E in carcere non sarebbe più tornato.

cherif kouachi 2cherif kouachi 2

 

Almeno per quella inchiesta. Perchè due anni più tardi- nel 2010- il «bravo ragazzo» sarebbe stato nuovamente arrestato, e indagato suo fratello Said, coinvolti entrambi nel piano per fare evadere un altro terrorista islamico dal carcere: Smain Ait Ali Belkacem. Cherif resterà in carcerazione preventiva oltre 5 mesi, poi verrà liberato per mancanza di prove. Da quel momento sembra che entrambi i fratelli siano tornati a una vita apparentemente normale (Cherif prima ha consegnato a domicilio le pizze, poi ha trovato un impiego temporaneo in un supermercato).

 

forze speciali francesci caccia all'uomo kouachi 4forze speciali francesci caccia all'uomo kouachi 4

Ora salta fuori che i servizi segreti avevano ricevuto segnalazioni durante il 2014 di almeno due viaggi in Siria di entrambi i fratelli. Ma il segnale non è stato sufficiente per vigilare più strettamente sui loro spostamenti e sulle loro relazioni. Tutto però si può dire meno che i fratelli Kouachi fossero illustri sconosciuti, pesci piccoli da non tenere d’occhio.

 

Dell’arresto di Cherif alla fine del 2004 raccontò tutta la stampa internazionale, e sul New York Times si trovano anche ampi resoconti del processo che sarebbe stato celebrato nel 2008. Di più: la cellula salafita francese di cui facevano parte entrambi i fratelli è stata perfino studiata, oggetto di tesi universitarie e post universitarie.

forze speciali francesci caccia all'uomo kouachi 3forze speciali francesci caccia all'uomo kouachi 3

 

È dedicato a loro un capitolo del dottorato di ricerca di Mohamed Ali Adraoui presso l’Università europea, finanziato dal programma Max Weber. Cita «il famoso caso» della «filiera di Buttes-Chaumont nel XIXe arrondissement di Parigi», cui appartenevano appunto i fratelli Kouachi e che era guidata da Farid Benyettou, un ragazzo arabo di pochi anni più grande di loro che faceva un po’ da organizzatore, un po’ rivestiva i panni dell’Imam. E’ stato lui a reclutare i fratelli attentatori.

 

forze speciali francesci caccia all'uomo kouachi 2forze speciali francesci caccia all'uomo kouachi 2

Benyettou era andato in Iraq nel marzo 2003. Lì aveva preso il nome di Abu Abdullah, e aveva chiamato gli «amici francesi» alla jihad insieme al suo compagno di spedizione, Boubaker el- Hakim. Tornato in Francia reclutò appunto Cherif, che a processo ha raccontato di come Farid gli avesse fatto capire che nel Corano si incitava al martirio, convincendolo che a quello un buon mussulmano avrebbe dovuto tendere. Ci volle poco a convincerlo a partire per l’Iraq: bastò un filmato sul trattamento che gli americani riservavano ai fratelli iracheni nella prigione di Abu Graib.

 

forze speciali francesci caccia all'uomo kouachi 5forze speciali francesci caccia all'uomo kouachi 5

Fu organizzata la spedizione di Farid, Cherif e Boubaker in Iraq, e li avrebbero seguiti poi un’altra cinquantina di seguaci raccolti in Francia. Fu anche acquistato poco prima del Natale 2004 il biglietto per Damasco: per entrare in Iraq e unirsi agli altri jiaddisti la via giusta era passare dalla Siria. Fu a quel punto che scattò l’operazione di polizia, e i partenti furono arrestati qualche giorno prima di imbarcarsi su quel volo. Ma da quel momento entrò in scena un altro tipo di Francia. Quella buonista, che funzionò a meraviglia nel caso di Cherif come si è visto nell’assoluzione un po’ frettolosa datagli dall’assistente sociale. Anche quella libertaria, che considerò quel processo eccessivo.

 

franc??ois hollandefranc??ois hollande

Furono tutti condannati, sia pure con notevoli sconti di pena. Ma nessuno avrebbe scontato fino in fondo le pene comminate, che arrivarono fino a sette anni di carcere. Farid Benyettou diventò quasi un simbolo di libertà: si sostenne che il suo arresto fosse ingiusto, fu amplificata la tesi dell’avvocato secondo cui nessuna legge francese vietava di andare a fare i combattenti in un paese straniero come l’Iraq.

 

Il terrorista sarebbe diventato protagonista mediatico, rilasciando a margine del processo anche interviste, dove attaccava la Francia, «paese di miscredenti. Non amo questa terra. Non ha rispetto per i mussulmani, c’è discriminazione e islamofobia. Dobbiamo combattere in Francia per difendere i mussulmani, ma dobbiamo farlo con mezzi leciti. Dobbiamo usare la democrazia contro la Francia. Non dobbiamo usare armi o lanciare bombe. La Francia non ha dichiarato guerra a noi». Bastò questo a farne una icona dell’islam moderato.

artisti per charlie hebdo 3artisti per charlie hebdo 3

 

E perfino il giudice che lo ha condannato, in sentenza ha scritto che anche il governo francese aveva bollato come ingiusta la guerra in Iraq. E giustificò così lo sconto di pena. Fu condannato a sette anni anche Boubaker el- Hakim. Dopo tre anni è uscito di prigione ed è sparito. E’ inseguito da un mandato di cattura internazionale della Tunisia, perchè ritenuto l’organizzatore dell’assassinio del leader dell’opposizione di Tunisi, Mohamed Brahmi e di tutta la sua famiglia (avvenuto nel 2013). I due fratelli Kouachi - i bravi ragazzi che avevano solo sbandato nella vita- purtroppo sono riapparsi a Parigi il 7 gennaio con i kalashnikov in mano davanti alla sede di Charlie Hebdo.

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....