1. PIGI BATTISTA CONTRO LA GIUSTIZIA DEL BUNGA: “CHE PERICOLOSI MALFATTORI, DA CONDANNARE A SETTE ANNI DI GALERA E DA INTERDIRE PER SEMPRE DAI PUBBLICI UFFICI” 2. “E CHE LINGUAGGIO, NELLA REQUISITORIA DEL PUBBLICO MINISTERO. IL TERZETTO VIENE EQUIPARATO NIENTEMENO CHE A “UN APPARATO MILITARE CHE SI SCATENA PER SALVARE E ACCUDIRE IL SOLDATO RYAN CHE È RUBY”. LELE MORA UN “SEGUGIO”. LUI E FEDE COME “ASSAGGIATORI DI VINI PREGIATI” CHIAMATI A VALUTARE LA GRADEVOLEZZA E L'ADEGUATEZZA DELLE POVERE VITTIME DI UN “SISTEMA COMPLESSO” DI PROSTITUZIONE PRIMA DI CONCEDERLE AL “DRAGO”. E LA MINETTI, SOLO UNA PROCURATRICE DI GIOVANI E MINORENNI PROSTITUTE? NO, VIENE DETTO SEMPRE CON IL LINGUAGGIO DELLA PIÙ VIVA RIPROVAZIONE ETICA, “PARTECIPAVA ATTIVAMENTE COMPIENDO ATTI SESSUALI RETRIBUITI” 3. “IL VERDETTO MORALE SI FA PIEDISTALLO DI UNA RICHIESTA DI CONDANNA SEVERISSIMA. ESEMPLARE. MA LE CONDANNE DEVONO ESSERE GIUSTE, NON ESEMPLARI”

1. PATOLOGIE
jena@lastampa.it
- Bisogna credere a Berlusconi che accusa il pm di essere patologico, lui la materia la conosce.

2. RUBY, FEDE E IL SENSO DELLA MISURA - SE SETTE ANNI VI SEMBRANO POCHI
Pierluigi Battista per il Corriere della Sera

Che pericolosi malfattori, da condannare a sette anni di galera e da interdire in modo perpetuo dai pubblici uffici. La requisitoria dei magistrati di Milano vuole spedire Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti all'inferno. L'inferno giudiziario, per ora. Ma per una tale tempesta di indignazione morale, la pena dovrebbe essere l'espiazione spietata di un peccato, di una condotta abominevole, di uno stile di vita infamato ed infamante. Sette anni di galera e interdizione perpetua: ecco il prezzo per aver fatto da protagonisti delle spregevoli notti nell'antro di Arcore.

E che linguaggio, nella requisitoria del pubblico ministero. Il terzetto viene equiparato nientemeno che a «un apparato militare che si scatena per salvare e accudire il soldato Ryan che è Ruby». Lele Mora un «segugio». Lui e Fede come «assaggiatori di vini pregiati» chiamati a valutare la gradevolezza e l'adeguatezza delle povere vittime di un «sistema complesso» di prostituzione prima di concederle al «drago».

Un complesso sistema mirante al «soddisfacimento del piacere di una persona», che poi sarebbe il padrone di casa, il beneficiario ultimo del peccaminoso bunga bunga. E la Minetti, solo una procuratrice di giovani e minorenni prostitute? No, viene detto sempre con il linguaggio della più viva riprovazione etica, «partecipava attivamente compiendo atti sessuali retribuiti».

Il linguaggio è importante. Il tono con cui viene richiesta una condanna esemplare è ancora più decisivo della misura concreta di una condanna. L'interdizione perpetua dai pubblici uffici e il divieto di avvicinarsi a tutti i luoghi, primi fra tutti le scuole, dove possano concentrarsi minorenni, configurano una definitiva degradazione morale di tre persone dipinte come la sentina di ogni vizio, l'espressione di ogni nefandezza.

Si smarrisce ogni senso delle proporzioni, e la condanna morale sembra simbolicamente preminente rispetto a quella giudiziaria in senso stretto. L'immagine degli «assaggiatori» fa premio su ogni altra circostanza fattuale. Il verdetto morale si fa piedistallo di una richiesta di condanna severissima. Esemplare. Ma le condanne devono essere giuste, non esemplari.

3. RUBY, BERLUSCONI: "ARGOMENTAZIONI DEI MAGISTRATI LONTANE DALLA REALTÀ"
La Stampa.it

«Le argomentazioni utilizzate dai Pubblici Ministeri Milanesi nel processo Minetti, Mora, Fede, in relazione a quanto sarebbe accaduto nella mia casa, sono quanto di più lontano dalla realtà sia possibile immaginare». Lo afferma Silvio Berlusconi in merito a quanto detto dai pubblici ministeri milanesi oggi nel corso della requisitoria sul processo Ruby, durante la quale sono stati chiesti sette anni di reclusione per Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti. I tre sono imputati di favoreggiamento e induzione della prostituzione anche minorile e per loro sono state avanzate anche le richieste di interdizione perpetua dai pubblici uffici e da qualunque incarico in servizi pubblici o privati che ha a che fare con minori.

«Decine e decine di testimonianze - prosegue il Cavaliere nella nota - hanno asseverato la assoluta normalità delle cene presso la mia residenza e la totale assenza di qualsiasi connotazione men che corretta. La fantasia dell'accusa appare davvero senza confini e si spinge ad una patologia giuridica che non può che destare indignazione e preoccupazione».

Sorpreso anche il legale di Berlusconi, Nicolò Ghedini: «La requisitoria di quest'oggi on può che lasciare stupiti per la mancanza di correlazione fra la realtà processuale e le tesi accusatorie. A casa del Presidente Berlusconi mai si sono verificati accadimenti quali quelli narrati. Tutti i testimoni non solo hanno escluso qualsiasi attività prostituiva ma anche che si siano verificate situazioni volgari o illecite».

4. "SAGGIAVANO LE DONNE PER BERLUSCONI" - I PM: 7 ANNI A MINETTI, FEDE E MORA - DURA REQUISITORIA AL RUBY BIS: "SAPEVANO CHE LA RAGAZZA ERA MINORENNE"
Paolo Colonnello per La Stampa.it

La festa è finita. Sui «burlesque» e le «cene eleganti» di Arcore cala il sipario del cicaleccio gossiparo e si alza il velo della giustizia fattuale che presenta un conto salato: dopo i 6 anni per Silvio Berlusconi, ora nel processo «gemello» i pm chiedono 7 anni di reclusione ciascuno, più l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e 35 mila euro di multa, per Lele Mora, «l'assaggiatore», Emilio Fede, «il selezionatore», Nicole Minetti, «la tenutaria» che «faceva sesso a pagamento».

Perché il «bordello» di Arcore raccontato dai pm Forno e Sangermano per oltre sette ore nell'aula della quinta sezione penale è ben altro da quel mondo incantato e sfavillante dipinto dalle testimoni pagate e dalle interviste compiacenti: è una realtà drammatica che coinvolge una ragazza minore «che girava per Milano con pacchi di soldi in contanti nelle tasche, che frequentava alberghi di lusso, che viveva con una prostituta e andava a casa di un uomo ricco e potente da cui diceva di ricevere denaro dopo essere fuggita da una comunità».

Una minorenne che «si è fermata a dormire sette notti» tra le «orge bacchiche» di Villa San Martino. «C'è qualcuno che avrebbe mandato in giro Ruby Rubacuori a prendere soldi dal ragionier Spinelli senza chiedersi il perché? Che avrebbe mandato questa ragazza, dopo averne scoperto la storia, anziché in una comunità di nuovo nella casa di una prostituta? C'è qualcuno che si sarebbe tappato le orecchie e lasciato vivere Karima in quel contesto? C'è qualcuno?».

Quel «qualcuno» c'è stato e i magistrati ora ne chiedono la condanna, ricordando che Ruby dopo la «liberazione» dalla Questura, «venne circondata da un apparato militare» e «sottoposta alla violenza di un interrogatorio da parte del difensore di Mora, Luca Giuliante e dell'emissario "di lui", senza alcuna tutela. Una cosa gravissima, di orribile valenza». Che rivela non soltanto l'inquinamento probatorio messo in atto in questa inchiesta ma anche che gli «imputati erano perfettamente consapevoli della pericolosità delle dichiarazioni di Ruby e della sua minore età».

Perché il favoreggiamento della prostituzione, per giunta minorile, «è una forte lesione della libertà di autodeterminazione del minore e della libertà sessuale».

È vero, forse Ruby sembrava più grande della sua età, ma «la tutela della legge non si applica in funzione delle apparenze fisiche. L'integrità psico-fisica di un minorenne è sacra. Un minore è un minore. Ebbene, cosa avrebbero dovuto fare i pm di fronte alle notizie che arrivavano dalla Questura di Milano? Ignorarla? Forse qualcuno avrebbe voluto che i magistrati facessero non dico una valutazione politica ma almeno di opportunità...».

E poi, sostiene l'accusa, tutti sapevano in realtà che Karima era minorenne. Lo sapeva Fede che la incontrò in un concorso di bellezza in Sicilia; lo sapeva Mora che «la pascolò» in qualche spettacolino prima di portarla ad Arcore; lo sapeva la Minetti che lo rivelò nelle intercettazioni telefoniche (ben 120 telefonate con Ruby). E infine, doveva saperlo per forza anche «l'utilizzatore finale», l'allora presidente del Consiglio al quale «era impensabile» che «Mora e Fede portassero una giovane tacendo su uno dei particolari più importanti: la sua età».

Perché Ruby Rubacuori non era solo un feticcio sessuale da invitare nelle «cene eleganti» ma soprattutto una ragazzina «profondamente sofferente, la cui maturità in realtà è inferiore a quella della sua età anagrafica», portata «all'esibizionismo», a «mescolare bugie e verità». «L'unico dato certo è che Ruby ha sempre negato di aver mai avuto rapporti sessuali con Silvio Berlusconi, ha sempre negato di essersi prostituita. Anche se nelle intercettazioni e nelle confidenze alla sua coinquilina raccontava ben altro. Certamente Ruby ha tentato di screditare se stessa. Riconducendo tutto il suo portato dichiarativo, tutta la sua sofferenza psicologica, a delle "cavolate"».

Un falso, il tentativo di difendere se stessa e chi l'ha sfruttata. «Sia chiaro - dice Sangermano - che il ragionamento probatorio che mi accingo a fare non investirà come un torrente in piena Silvio Berlusconi. Non vi è alcuna volontà di attingere alla storia e alla figura di Berlusconi, la vicenda umana e politica di quest'uomo la giudicheranno le urne e la storia. Questo processo è stato dipinto come una farsa e i magistrati come spioni ma noi abbiamo adempiuto con onore al nostro dovere istituzionale».

Ma inevitabilmente il convitato di pietra di questo processo è ancora una volta lui, il Cavaliere che infatti replica prontamente: «La fantasia dell'accusa appare davvero senza confini e si spinge ad una patologia giuridica che non può che destare indignazione e preoccupazione. Sono certo che la forza della verità dimostrerà la totale infondatezza di tali incredibili ed inaccettabili ricostruzioni». Settimana prossima, le repliche in aula.

 

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