TE LO DO IO IL “PORTO DELLE NEBBIE”! - PIGNATONE, IL NEO PROCURATORE CAPO DI ROMA, TRA I MAGGIORI ESPERTI ITALIANI DI LOTTA ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA, PARLA E LA CASTA TREMA: “LE INDAGINI SONO SOLO ALL’INIZIO. E HANNO AVUTO L’EFFETTO DI FARE EMERGERE E METTERE A DISPOSIZIONE DEI CITTADINI UNA MASSA DI DATI E DI INFORMAZIONI SU ASPETTI IMPORTANTI DELLA VITA PUBBLICA” - E DOVE NON ARRIVERA’ IL CODICE PENALE “CI POTRA’ ESSERE UN GIUDIZIO DI NATURA POLITICA O ETICA…”

Giuseppe Cerasa per "la Repubblica"

L'autunno del procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone inizia con un esplosivo dossier, il caso Fiorito. Che al di là di un affare di giustizia investe i rapporti tra politica e gestione del denaro pubblico. Procuratore dove arriveremo partendo da Fiorito?
«I margini d'arrivo», dice Pignatone, «non sono ipotizzabili, ma restano sufficientemente ampi. Però le indagini sono solo all'inizio. A Fiorito, che si è protestato innocente, è stato contestato il reato di peculato per l'appropriazione a fini personali di somme di denaro del gruppo consiliare di cui era a capo. Quanto agli altri fatti che in questi giorni riempiono le pagine dei giornali, le indagini dovranno chiarire quali sono di rilievo penale e quali no.

Per questi ultimi ci può essere un giudizio di natura politica o anche etica che non compete al giudice penale. Anche se non posso fare a meno di pensare che con una quota anche minima delle somme di denaro di cui si parla gli uffici giudiziari potrebbero migliorare il servizio giustizia che ci sforziamo di rendere ai cittadini».

Il caso Fiorito segue ed è per certi versi gemello dell'affare Lusi, tesoriere della "Margherita", arrestato nei mesi scorsi. In Procura avete definito Fiorito un "Lusi all'amatriciana", ma anche in quel caso c'è ancora tanto da scavare?
«Per Lusi le indagini sono ormai pressoché concluse. Riteniamo di avere accertato, e questa ricostruzione è stata confermata anche dalla Cassazione, che il senatore Lusi si è appropriato per fini esclusivamente personali di somme ingentissime di cui poteva disporre nella sua qualità di tesoriere della "Margherita" e che egli avesse costituito una vera e propria associazione per delinquere per realizzare, prima, e occultare, poi, il suo progetto.

Abbiamo ritenuto invece che, se non c'è un'appropriazione indebita nell'interesse individuale, il giudice penale non debba intervenire per sindacare la destinazione data ai fondi erogati per il finanziamento pubblico dei partiti: la pubblicazione di un giornale piuttosto che un convegno, le spese di segreteria o quelle per una cena elettorale o una manifestazione locale.

Qui siamo, secondo noi, nell'ambito della discrezionalità della politica e il giudizio non spetta alla Procura della Repubblica. Anche se vorrei aggiungere che sia nella vicenda Lusi sia in quella che riguarda il consigliere regionale del Lazio Franco Fiorito le indagini della Procura hanno anche avuto l'effetto, che credo positivo, di fare emergere e mettere a disposizione dei cittadini una massa di dati e di informazioni su aspetti importanti della vita pubblica».

Il suo ufficio in passato è stato visto come l'avamposto del "porto delle nebbie", dove si arenavano senza scampo le inchieste più compromettenti per il sistema politico ed economico italiano. Riuscirà a fare piazza pulita di questo sistema?
«Non mi permetto di giudicare il lavoro di chi mi ha preceduto. Io so che alla Procura di Roma lavorano tante persone per bene e tanti magistrati di grande e a volte eccezionale valore, che in molti settori stavano già svolgendo un ottimo lavoro. L'importante è lavorare ovunque con indagini a 360 gradi, sul presupposto che non esistono santuari inviolabili.

Ci sono difficoltà diverse tra un ambiente e l'altro, ma l'idea di fondo è la stessa. Non
ci sono soggetti "colpevoli a priori" o, al contrario, "intoccabili". Le nostre inchieste devono essere finalizzate a fare processi e ottenere sentenze, possibilmente di condanna».

Dieci anni a Palermo, tre anni procuratore di Reggio. Lei è tra i maggiori esperti italiani di lotta alla criminalità organizzata. Le mafie hanno in mano pezzi dell'economia della Capitale?
«Roma è un luogo privilegiato del riciclaggio. Il denaro reinvestito dalle organizzazioni mafiose si nasconde nei mille affari di una grande città dove tante sono le attività commerciali, industriali e di intermediazione che possono consentire di ottenere risultati redditizi.

E poi le cosche sfruttano gli intrecci finanziari, le società di comodo, i prestanome. Lo hanno dimostrato molte inchieste degli ultimi anni. Infatti le mafie hanno finora evitato di commettere nella Capitale delitti eclatanti per non attirare l'attenzione dell'opinione pubblica e degli organi dello Stato.

Questa espansione delle mafie porta poi con sé un altro pericolo gravissimo. Ogni nuova attività imprenditoriale, specie se di grande rilievo, aiuta le mafie ad acquisire nuove relazioni nel mondo "esterno": nelle professioni, nell'economia, nella finanza, nella burocrazie e anche nella politica. Sono quelle relazioni che costituiscono una delle cause profonde della forza delle mafie e che in una città come Roma si intrecciano con altre forme di criminalità, la corruzione, le grandi frodi, la grande evasione fiscale che sono il primo e più grave problema da affrontare».

 

GIUSEPPE PIGNATONEProcuratore Giuseppe PignatoneFRANCO FIORITOFRANCO FIORITOLUSI CON IL SUO AVVOCATO LUCA PETRUCCILUIGI LUSI IN SENATO IL GIORNO DEL VOTO SUL SUO ARRESTO jpegTRIBUNALE PENALE DI ROMA IN PIAZZALE CLODIO

Ultimi Dagoreport

spionaggio paragon spyware giorgia meloni fazzolari mantovano giorgetti orcel francesco gaetano caltagirone flavio cattaneo

DAGOREPORT - E TRE! DALLO SPIONAGGIO DI ATTIVISTI E DI GIORNALISTI, SIAMO PASSATI A TRE PROTAGONISTI DEL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA FINANZA: CALTAGIRONE, ORCEL, CATTANEO - SE “STAMPA” E “REPUBBLICA” NON LI FANNO SMETTERE, VEDRETE CHE OGNI MATTINA SBUCHERÀ UN NUOVO E CLAMOROSO NOME AVVISATO DI AVERE UN BEL SPYWARE NEL TELEFONINO - COME NEL CASO DEGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA PROCURA ANTIMAFIA (FINITI IN CHISSÀ QUALCHE SCANTINATO), I MANDANTI DELLO SPIONAGGIO NON POSSONO ESSERE TROPPO LONTANI DALL’AREA DEL SISTEMA DEL POTERE, IN QUANTO PARAGON FORNISCE I SUOI SERVIZI DI SPYWARE SOLO AD AUTORITÀ ISTITUZIONALI - A QUESTO PUNTO, IL CASO È CORNUTO: O SI SONO TUTTI SPIATI DA SOLI OPPURE IL GOVERNO MELONI DEVE CHIARIRE IN PARLAMENTO SE CI SONO APPARATI “FUORILEGGE”. PERCHÉ QUANDO IL POTERE ENTRA NEI CELLULARI DEI CITTADINI, NON C’È PIÙ DEMOCRAZIA…

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…