PIU' ZARISTI DELLO ZAR - L'ARRESTO IN AULA DI NAVALNY E' UN BOOMERANG PER PUTIN

Anna Zafesova per "La Stampa"

Ammanettato in aula e portato in carcere: con una sentenza choc Alexei Navalny ieri si è trasformato in un detenuto politico. Cinque anni (quattro al co-imputato Piotr Ofizerov) senza condizionale e incarcerazione immediata senza nemmeno aspettare l'appello, come ci si poteva aspettare dopo che nei giorni scorsi il leader dell'opposizione era riuscito a diventare candidato alle elezioni del sindaco di Mosca, previste l'8 settembre.

Una svolta improvvisa, che ha riportato ieri nelle piazze russe la protesta - il centro della capitale è rimasto bloccato per ore da migliaia di persone - e che ha spinto in serata la magistratura a contestare il provvedimento cautelare. Oggi Navalny potrebbe tornare libero a guidare uno scontro che si è riacceso con un Cremlino che appare più diviso del solito.

La sentenza per appropriazione indebita di 400 mila euro in contratti di legname truccati, che Navalny avrebbe organizzato nel 2009 come consigliere del governatore di Kirov, appariva scontata, per quanto lo svolgimento stesso del processo, tra mille contraddizioni e lacune dell'accusa, aveva destato più di un dubbio, e infatti ieri le cancellerie occidentali, da Londra a Bruxelles, avevano dichiarato «preoccupazione» per lo Stato di diritto in Russia.

Ma un conto era dichiarare il blogger anti-corruzione un ladro, e un conto era ammanettarlo in aula, con la moglie Yulia che lo abbracciava per l'ultima volta senza una lacrima in una scena straziante. Navalny ha conservato il suo abituale sarcasmo, e dopo aver passato una mattinata in aula a scherzare e twittare, ha lanciato un ultimo «cinguettìo» ai suoi seguaci: «Non vi annoiate senza di me e soprattutto non state con le mani in mano, il rospo non scenderà giù dal tubo del petrolio da solo». E Mikhail Khodorkovsky, l'ex oligarca da 10 anni nel Gulag, commentava: «In Russia gli oppositori vengono sempre spacciati per criminali».

Una sentenza che nessuno dubita sia politica, e mentre l'opposizione chiamava a raccolta nella piazza del Maneggio a Mosca dopo un lungo silenzio, la polizia blindava il centro in uno schieramento di mezzi e uomini pesantissimo, e chiudeva l'uscita dalla metropolitana. Putin si è fatto vivo soltanto con un messaggio di auguri di compleanno a Mandela, facendo coniare ai manifestanti lo slogan del «Navalny-day».

Ma in serata la magistratura ha fatto marcia indietro contestando l'arresto. Indiscrezioni parlano di una svolta dei «falchi», dopo che era già stato deciso di condannare Navalny con la condizionale, impedendogli così di correre alle elezioni ma senza farne un martire.

Soluzione che non è nelle corde del Cremlino, che finora ha portato a compimento le campagne contro tutti i suoi critici, da Khodorkovsky alle Pussy Riot all'avvocato Magnitsky, condannato qualche giorno fa in un altro processofarsa nonostante sia morto quattro anni fa in carcere, privato di soccorso medico.

Stavolta però il fronte del potere si è mostrato diviso. Forse perché si tratta di una situazione imbarazzante anche per il sindaco putiniano Serghei Sobianin. Forse è per questo che ieri la polizia si è mostrata relativamente pacata, con oltre un centinaio fermi: il primo cittadino non sarebbe stato certo avvantaggiato né da uno showdown della polizia proprio sotto le finestre dei ministri del G20, né dal boicottaggio delle elezioni proposto dai seguaci di Navalny.

Che nei sondaggi ha tra l'8 e il 16%, troppo poco per rappresentare una vera minaccia. Se verrà scarcerato potrà riprendere la campagna elettorale, almeno fino alla sentenza di appello.


2. A MOSCA ESPLODE LA RABBIA ARRESTATI OLTRE 100 ATTIVISTI
Tonia Mastrobuoni per "La Stampa"

La ragazza accanto a noi non ha neanche il tempo di emettere un suono: in sei la trascinano via brutalmente dalla prima fila della manifestazione. Siamo state spalla a spalla per un'ora e la sua unica colpa è stata reggere un cartello con la scritta «il caso Bolotny è una vergogna per la Russia». Il riferimento è alla manifestazione del 6 maggio scorso contro l'investitura di Putin, finita con centinaia di arresti e processi-farsa.

La gente sembra abituata, non reagisce granché, a questo punto del pomeriggio girano già voci su una trentina di persone fermate dalla polizia, saranno oltre 100 a fine giornata. Ma poco dopo si sente un urlo: su una camionetta a due metri da noi una ragazzina è riuscita a salire sul tetto. Avrà più o meno quindici anni. Alza il pugno. Dalla folla si alza un boato. Pochi secondi e sono in tre su di lei, la trascinano giù dalla camionetta, la portano via.

La gente comincia a fischiare e ad applaudire freneticamente, si alzano cori rabbiosi, «Putin ladro», «libertà», «Navalny-Navalny». Un ragazzo si avvicina: «Forse è meglio se ti sposti - suggerisce - tra un po' caricano». Ma l'amico accanto, Sergej, scuote la testa: «Macché, puoi stare tranquilla, non succederà niente. Il sindaco Sobyanin non vuole mica diventare impopolare per così poco, a settembre ci sono le elezioni comunali!».

«Magari - sorride sarcastico - ti prendono come la ragazza, ma dopo un po' ti rilasciano». Quando gli si fa notare che un motivo per le mancate cariche potrebbe essere che quella manifestazione avviene sotto gli occhi di decine di giornalisti venuti da tutto il mondo per il G20 finanziario, Sergej scoppia in una grassa risata: «A Putin non importa un fico secco».

Da quattro ore sui marciapiedi delle tre grandi arterie che si diramano dal Cremlino la gente continua ad affluire e a essere ricacciata dai cordoni della polizia. Le migliaia di manifestanti - 20mila secondo gli organizzatori, 2.500 secondo le forze dell'ordine - protestano contro l'ennesimo capitolo buio della storia giudiziaria russa, la sentenza contro il capo dell'opposizione Navalny.

E c'è anche una sorta di coreografia rodatissima: siccome la manifestazione non è autorizzata, le strade non sono state chiuse, e il traffico scorre veloce, sulle vie che passando accanto alla Piazza Rossa e al Parlamento. Ma per solidarietà verso la protesta, gli automobilisti suonano il clacson e la folla risponde con gli applausi. Il pomeriggio è scandito da una surreale colonna sonora, un matrimonio di massa tra chi è venuto qui e chi vorrebbe esserci.

Dietro di noi, improvvisamente, qualcuno comincia a litigare. Una donna bionda, con una scritta sulla T-shirt che in questi giorni va per la maggiore «sono il fratello di Navalny», sta insultando un poveretto che vaneggiava di «complotti ebraici». Non è una donna qualunque. Soprattutto, non dovrebbe essere qui.

Maria Baranova è diventato uno dei volti più noti dell'opposizione da quando è stata arrestata il 6 maggio scorso ed è finita nel gorgo dei processi sommari. Rischia due anni di carcere solo per aver partecipato a quella manifestazione contro la conferma di Putin.

I capi di accusa sono ridicoli, ovviamente. Ed è ancora a piede libero solamente perché ha un bambino di 5 anni, ma la prossima udienza è martedì prossimo e questo è l'ultimo posto dove dovrebbe stare. «Mi chiede se due anni di carcere sono tanti? Assolutamente no, se comparati con gli anni che abbiamogià vissuto sotto Putin», grida, mentre è partito l'ennesimo coro «NavalnyNavalny».

Anche Victor Davidoff si è avvicinato, attirato dal battibecco, e ci tiene a dire con un sorriso amaro che «ovviamente il problema non siamo noi ebrei». Attivista storico, è finito in galera la prima volta nel 1976 e l'ultima, due anni fa, nel giorno del suo 54° compleanno. La differenza tra l'ex Urss e oggi? «Purtroppo, mi costringono sempre a stare qui in piazza, ieri come oggi».

 

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