1. PAOLO CIRINO POMICINO SPUTTANA LA “GIUSTIZIA MANETTARA” DELL’EX PM DI MANI PULITE: "DI PIETRO MI CHIESE: È VERO CHE GIORGIO NAPOLITANO HA RICEVUTO SOLDI DA LEI? IO RISPOSI CHE NON ERA VERO, MA LUI INSISTEVA. GUARDI CHE C'È UN TESTIMONE, UN SUO AMICO, CHE LO HA CONFESSATO. SE L'HA DETTO, HA DETTO UNA SCIOCCHEZZA, PERCHÉ NON È VERO RISPOSI IO. E INFATTI LA CONFESSIONE ERA FINTA, ME LO RIVELÒ LO STESSO DI PIETRO POCO DOPO, UN TRANELLO PER FARMI DIRE CHE NAPOLITANO AVEVA PRESO UNA TANGENTE. MA SI PUÒ GESTIRE LA GIUSTIZIA CON QUESTI METODI?” 2. “LA STORIA DELLA COSIDDETTA MAXITANGENTE ENIMONT È ANCORA TUTTA DA SCRIVERE. ALLA POLITICA ANDARONO 15 O 20 MILIARDI, MA C'ERANO 500 MILIARDI IN FONDI NERI. DOVE SONO FINITI? A CHI SONO ANDATI? E CHI HA COPERTO QUESTE PERSONE IN QUESTI ANNI? IN PARTE L'HO RICOSTRUITO, CON DOCUMENTI CHE HO, SUI FONDI ENI FINITI A PERSONAGGI ALL'INTERNO DELL'ENI. MA DI QUESTO NON SI PARLA MAI, E INVECE SI PUBBLICANO FALSE RICOSTRUZIONI DELLA MORTE TRAGICA DI RAUL GARDINI”

1. POMICINO: IL PM DI PIETRO TENTÃ’ DI FARMI INCASTRARE NAPOLITANO
Paolo Bracalini per Il Giornale

E mentre la truccatrice gli passa la spazzola sulla giacca, prima di entrare nello studio tv di Agorà, 'o ministro ti sgancia la bomba: «Di Pietro mi chiese: È vero che Giorgio Napolitano ha ricevuto soldi da lei?. Io risposi che non era vero, ma lui insisteva. Guardi che c'è un testimone, un suo amico, che lo ha confessato. Se l'ha detto, ha detto una sciocchezza, perché non è vero risposi io. E infatti la confessione era finta, me lo rivelò lo stesso Di Pietro poco dopo, un tranello per farmi dire che Napolitano aveva preso una tangente. Ma si può gestire la giustizia con questi metodi?

E badi bene che lì aveva trovato uno come me, ma normalmente la gente ci metteva due minuti a dire quel che volevano fargli dire. In quegli anni le persone venivano arrestate, dicevano delle sciocchezze, ammettevano qualsiasi cosa e il pm li faceva subito uscire e procedeva col patteggiamento. Quando poi queste persone venivano chiamate a testimoniare nel processo, contro il politico che avevano accusato, potevano avvalersi della facoltà di non rispondere. E quindi restavano agli atti le confessioni false fatte a tu per tu col pubblico ministero».

La stessa tesi falsa, cioè che Napolitano, allora presidente della Camera, esponente Pds dell'ex area migliorista Pci, avesse ricevuto dei fondi, per sé e per la sua corrente, col tramite dell'ex ministro democristiano, Pomicino se la ritrovò davanti in un altro interrogatorio, stavolta a Napoli. «Il pm era il dottor Quatrano (nel 2001 partecipò ad un corteo no global e l'allora Guardasigilli Roberto Castelli promosse un'azione disciplinare, ndr). Mi fece incontrare una persona amica, agli arresti, anche lì per farmi dire che avevo dato a Napolitano e alla sua corrente delle risorse finanziaria».

La ragione di quel passaggio di soldi a Napolitano, mai verificatosi ma da confermare a tutti i costi anche col tranello della finta confessione di un amico (uno dei trucchi dell'ex poliziotto Di Pietro, «altre volte dicevano che se parlavamo avremmo avuto un trattamento più mite»), per Cirino Pomicino è tutta politica: «Obiettivo del disegno complessivo era far fuori, dopo la Dc e il Psi, anche la componente amendoliana del Pci, quella più filo-occidentale, più aperta al centrosinistra. Tenga presente che a Milano fu arrestato Cervetti, anch'egli della componente migliorista di Giorgio Napolitano, e fu accusata anche Barbara Pollastrini. Entrambi poi scagionati da ogni accusa».

I ricordi sono riemersi di colpo, richiamati dalle «corbellerie» dette da Di Pietro al Corriere a proposito del suicidio di Raul Gardini, vent'anni esatti fa (23 luglio 1993). «Sono allibito che il Corriere della Sera dia spazio alle ricostruzioni false raccontate da Di Pietro. Ho anche mandato un sms a De Bortoli, ma quel che gli ho scritto sono cose private». «Di Pietro dice che Gardini si uccise con un moto d'impeto, e che lui avrebbe potuto salvarlo arrestandolo il giorno prima. Io credo che Gardini si sia ucciso per il motivo opposto», forse perché era chiaro che di lì a poche ore sarebbe stato arrestato.

Anche Luigi Bisignani, l'«Uomo che sussurra ai potenti» (bestseller Chiarelettere con Paolo Madron), braccio destro di Gardini alla Ferruzzi, conferma questa lettura: «Raul Gardini si suicidò perché la procura aveva promesso che la sua confessione serviva per non andare in carcere, ma invece scoprì che l'avrebbero arrestato».

Processo Enimont, la «madre di tutte le tangenti», l'epicentro del terremoto Tangentopoli. «La storia di quella cosiddetta maxitangente, che poi invece, come diceva Craxi, era una maxiballa, è ancora tutta da scrivere». Pomicino lo spiega meglio: «Alla politica andarono 15 o 20 miliardi, ma c'erano 500 miliardi in fondi neri. Dove sono finiti? A chi sono andati? E chi ha coperto queste persone in questi anni? In parte l'ho ricostruito, con documenti che ho, sui fondi Eni finiti a personaggi all'interno dell'Eni. Ma di questo non si parla mai, e invece si pubblicano false ricostruzioni della morte tragica di Gardini».


2. STEFANIA CRAXI RISPONDE A DI PIETRO: "SU GARDINI FA LA VITTIMA"
Lettera di Stefania Craxi al Corriere della Sera

Caro Direttore,
le grandi interviste di Aldo Cazzullo sono una perla nell'economia del suo giornale. Ho perciò letto con interesse il resoconto del colloquio del suo inviato con l'ex pm Di Pietro nella ricorrenza dei venti anni dal suicidio di Raul Gardini (23 luglio 1993). L'intervista è stata strettamente mantenuta al tema del «giallo» di piazza Belgioioso a Milano, sede dell'abitazione di Gardini; evitato accuratamente ogni riferimento all'attualità politica. Ma anche sul dramma che ha travolto l'imprenditore ravennate.

Di Pietro non ha aggiunto novità di rilievo dedicando tutta l'intervista a negare la propria responsabilità nel suicidio. L'ex pm afferma di aver promesso agli avvocati di Gardini che non lo avrebbe arrestato e che avrebbe atteso l'imprenditore in Procura per l'interrogatorio proprio quella mattina 23 luglio. Ma invece di recarsi in Procura quella mattina l'imprenditore si sparò. È un gioco di parole. Tutti, da settimane, sapevano a Milano che per Gardini le manette erano già pronte.

Era noto, del resto, che gli interrogatori di Di Pietro si svolgessero accompagnati dal tintinnare delle manette e che le porte di San Vittore fossero ben aperte per tutti coloro ai quali il tintinnare non bastava per rispondere secondo i desideri del pm.

Di Pietro racconta la sua attività durante tangentopoli come una specie di caccia al malloppo, i soldi delle tangenti miliardarie che il CAF (Craxi, Andreotti e Forlani) riusciva a nascondere nella banca vaticana. Tutto falso. E Di Pietro fa anche la vittima: avevo contro personaggi come Craxi e Parisi, il capo della polizia! Caro Direttore, non credo che rinnovare i fasti di Mani Pulite sia la migliore medicina per l'oscuro presente.

Nel biennio 1992/94 si è distrutto un sistema illecito di finanziamento della politica, ma si è distrutto anche un sistema politico che da cinquant'anni assicurava libertà e progresso. I partiti distrutti non sono più rinati; la politica e l'amministrazione hanno conosciuto solo passi indietro. Abbiamo bisogno di voci nuove, di idee nuove, di programmi nuovi. I Di Pietro lasciamoli nel dimenticatoio in cui si sono cacciati, a cucinarsi nel loro acido brodo.

 

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