franco gabrielli giorgia meloni adolfo urso

CHI PRENDERÀ IL POSTO DI GABRIELLI? – LA POLTRONA DI AUTORITÀ DELEGATA PER LA SICUREZZA È UNA DELLE PIÙ SCOTTANTI: OGNI PREMIER VUOLE METTERE AI SERVIZI UN FEDELISSIMO, PER EVITARE CHE QUALCHE MANINA FACCIA SPUNTARE DOSSIER AVVELENATI. E VALE ANCHE PER LA MELONI, CHE "STIMA" L’ATTUALE SOTTOSEGRETARIO, MA NON LO CONFERMERÀ, PERCHÉ “ORIENTATO A SINISTRA”. TRA I TECNICI SI FA IL NOME DI PIANTEDOSI, EX CAPO DI GABINETTO DI SALVINI (E DUNQUE TROPPO COMPROMESSO), E QUELLO DI GIAMPIERO MASSOLO – SE FOSSE UN POLITICO, RICICCIANO I NOMI DI FAZZOLARI O URSO (MA LE ACCUSE DI AVERE RAPPORTI CON L’IRAN NON GIOCANO A SUO FAVORE)

Fausto Carioti per “Libero quotidiano”

 

GIORGIA MELONI COME ILARY BLASI MEME

C'è una poltrona di cui non parla nessuno, eppure pesa (e scotta) quanto quella di un ministro dell'Interno o degli Esteri. Lo dice il taccuino di Giorgia Meloni: tra i candidati al Viminale e alla Farnesina ce sono alcuni che potrebbero andare proprio lì, a ricoprire l'incarico di "sottosegretario ai servizi segreti". Ovvero a diventare la prossima autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, che oggi risponde al nome di Franco Gabrielli.

 

E lo confermano i nomi di chi ha avuto quell'incarico: Gianni Letta ai tempi di Silvio Berlusconi, Gianni De Gennaro con Mario Monti, Marco Minniti durante i governi di Enrico Letta e Matteo Renzi. E oggi, appunto, il superpoliziotto Gabrielli. Uomini di assoluta fiducia per i rispettivi premier, appartenenti a due categorie: politici di alto livello che sanno tenere la bocca cucita (una doppia rarità) e servitori dello Stato dotati di curricula stellari e già addentro alla macchina della sicurezza e dei servizi.

 

QUESTIONE DI FIDUCIA

FRANCO GABRIELLI ADOLFO URSO

Il rapporto fiduciario tra il delegante, ossia il premier, e il sottosegretario alla presidenza del consiglio da lui delegato, è centrale: ogni capo di governo ha l'inconfessabile terrore che dentro ai servizi segreti qualcuno giochi contro di lui, e nel momento peggiore un'ignota manina tiri fuori il dossier - vero o falso poco importa - che lo inguaia.

 

Giuseppe Conte si rifiutò di delegare chicchessia sino a tre settimane prima di dimettersi, e se alla fine affidò l'incarico all'ambasciatore Pietro Benassi fu solo perché Renzi lo accusava di usare i servizi in modo opaco e per fini personali.

 

giuseppe conte gennaro vecchione

L'assenza di delegati aveva consentito infatti all'avvocato del popolo di gestire personalmente la discussa operazione dell'agosto del 2019, quando aveva messo i servizi italiani a disposizione di William Barr, inviato di Donald Trump, il quale cercava a Roma conferme alla teoria di un complotto ordito dai democratici statunitensi.

 

Trump ricompensò «Giuseppi» poco dopo, proponendone la conferma alla guida del governo giallorosso, perché «lavora bene con gli Stati Uniti». Giorgia Meloni ha presente la gravitas della questione, assicura chi le ha parlato. «Sceglierà quel nome da sola, nel chiuso della sua stanza. È una delega di diretta emanazione del presidente del consiglio, che non deve discutere con gli alleati».

GIORGIA MELONI GIOVANBATTISTA FAZZOLARI

 

L'unico con cui si confronterà sarà Sergio Mattarella: inevitabile, visto che la carica riguarda il cuore della sicurezza nazionale, i rapporti con gli alleati atlantici, i segreti di Stato, la lotta al terrorismo e alla mafia. Aree che il detentore della delega copre avvalendosi del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, che a sua volta controlla e coordina l'Aisi (i servizi segreti interni) e l'Aise (quelli che si occupano delle minacce esterne).

 

Molto dipenderà da chi altri ci sarà nel Comitato interministeriale per la sicurezza della repubblica, la "regia" governativa dei servizi, di cui fanno parte, oltre al presidente del consiglio e al suo delegato, sette ministri, i più importanti dei quali sono Interni, Esteri e Difesa. Un premier politico come la Meloni, spiegano dentro Fdi, avrà bisogno di avere lì dentro qualcuno della sua strettissima cerchia, e se non sarà uno di quei tre ministri, perché scelti tutti tra i tecnici o tra i nomi proposti dagli altri partiti, dovrà essere il sottosegretario ai servizi. La rosa è ristretta. E non ne fa parte il prefetto Gabrielli.

 

GIAMPIERO MASSOLO

«Persona di grande valore», argomenta un meloniano di alto rango, ma «Giorgia ha già detto che non intende confermare figure che hanno ricoperto incarichi nel governo Draghi». E poi Gabrielli, per quanto stimato anche a destra, «è orientato a sinistra». Dunque, se tecnico sarà, avrà un altro nome. Di Matteo Piantedosi, che è stato capo di gabinetto all'Interno quando Matteo Salvini era ministro, dentro Fdi si dice un gran bene.

 

Se non andasse al Viminale, stavolta come ministro, l'incarico potrebbe toccare a lui. Altro civil servant tenuto in considerazione è l'ambasciatore Giampiero Massolo, che conosce bene il mondo degli 007, essendo stato direttore del Dis. Ma il nome di Massolo figura pure nella lista dei candidati al ministero degli Esteri, accanto a quello dell'ambasciatrice Elisabetta Belloni, attuale direttrice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza: nel caso costei entri nella squadra di governo, il suo posto al Dis potrebbe essere preso da Piantedosi, a conferma di quanto sia ristretta la rosa dei candidati a quel pugno di cariche.

 

IL GRUPPO DEI FEDELISSIMI

gabrielli salvini piantedosi

Anche tra i politici, pochissimi hanno le caratteristiche necessarie ad un incarico così delicato. Uno è Adolfo Urso, che nell'ultima legislatura ha guidato il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Urso, però, è spendibile anche per un ministero di prima fascia, come l'Interno, gli Esteri o la Difesa. Meno esperto di servizi segreti, ma dotato comunque di una buona cultura internazionale e manageriale, è Giovanbattista Fazzolari, appena rieletto senatore.

 

GUIDO CROSETTO GIORGIA MELONI

Dentro Fdi non hanno dubbi che gli sarà affidato un ruolo a palazzo Chigi, accanto alla premier: resta da vedere se sarà proprio quello. Un altro dei pochi di cui la Meloni si fida è Guido Crosetto, che ha la testa e il bagaglio di conoscenze giusti, ma non è detto che intenda lasciare gli incarichi che oggi riveste nel settore privato, e comunque è più interessato ad un posto di ministro o ai vertici di una società della difesa.

giorgia meloni 2giampiero massolo foto di baccofranco gabrielli 6GUIDO CROSETTO - LA FEBBRE DEL SABATO SERA – MEMEFRANCO GABRIELLI ADOLFO URSO giampiero massolo foto di bacco (1) matteo piantedosi matteo salvini armando siriluca ciriani giorgia meloni

Ultimi Dagoreport

giuseppe conte matteo ricci

FLASH – È ALTAMENTE PROBABILE CHE MATTEO RICCI, CANDIDATO DEL CAMPO LARGO ALLA REGIONE MARCHE, SIA PROSCIOLTO  DALL’ACCUSA DI CORRUZIONE NELL’INCHIESTA “AFFIDOPOLI” A PESARO, PRIMA DELLE ELEZIONI REGIONALI, PREVISTE PER IL 28-29 SETTEMBRE. È LA RASSICURAZIONE CHE VOLEVA GIUSEPPE CONTE, PER SCIOGLIERE LA RISERVA DEL SOSTEGNO DEL M5S ALL’EX SINDACO DI PESARO. E INFATTI OGGI PEPPINIELLO HA DATO IL SUO VIA LIBERA: “NON VEDIAMO ALCUNA RAGIONE PER CHIEDERE A MATTEO RICCI UN PASSO INDIETRO. SAREBBE UN BRUTTO PRECEDENTE. NON CI SONO ELEMENTI A CARICO DELLA SUA COLPEVOLEZZA

emmanuel macron john elkann donald trump

DAGOREPORT – A PARIGI SI VOCIFERA CHE MACRON SIA UN PO' INCAZZATO CON JOHN ELKANN PER LA SUA AMERICANIZZAZIONE FILO-TRUMP (VEDI LA VISITA CON LA JUVE AL SEGUITO, ALLA CASA BIANCA) - IN BALLO LA GESTIONE DI STELLANTIS, GRUPPO AUTOMOBILISTICO DI CUI LA FRANCIA POSSIEDE IL 6,2%: DOPO TAVARES, MACRON VOLEVA UN CEO FRANCESE MA TRUMP SI E' OPPOSTO, ED E' ARRIVATO L’ITALIANO FILOSA - I CONTI IN ROSSO DI STELLANTIS PREOCCUPANO YAKI, COME DEL RESTO L’EDITORIA CHE NON GENERA PROFITTI MA SOLO ROGNE COL GOVERNO MELONI. E A PRENDERSI "REPUBBLICA" E "LA STAMPA" NON CI PENSA PIU' NESSUNO (IMPOSSIBILE RIBALTARE LA LORO LINEA ANTI-GOVERNATIVA) - LA TENTAZIONE DI ELKANN DI MOLLARE TUTTO PER DEDICARSI AGLI INVESTIMENTI FINANZIARI DI EXOR È OGNI GIORNO PIU' ALTA, MA LA SOLUZIONE STENTA, PER ORA, A FARSI AVANTI...

ursula von der leyen donald trump emmanuel macron

DAGOREPORT - COME MAI IL SEMPRE LOQUACE EMMANUEL MACRON TACE DI FRONTE ALL’UMILIAZIONE EUROPEA CON TRUMP SUI DAZI? IL TOYBOY DELL’ELISEO, CHE SI È SPESO PER NON SCENDERE A COMPROMESSI CON IL TYCOON (ERA IL FAUTORE DELLA LINEA DURA, CONTRO QUELLA MORBIDA PROPUGNATA DAL DUO MELONI-MERZ), HA PREFERITO CONTATTARE DIRETTAMENTE URSULA VON DER LEYEN. E LE HA POSTO TRE DOMANDE: 1) HAI PARLATO CON TRUMP DELLA WEB TAX? 2) CHI FIRMERÀ L’ACCORDO MONSTRE PER L’ACQUISTO DI 750 MILIARDI IN ENERGIA USA? 3) CHE FINE FANNO I CONTRATTI GIÀ FIRMATI CON ALGERIA, QATAR, AZERBAIGIAN? LI STRACCIAMO?

giorgia meloni

DAGOREPORT - DOPO TRE ANNI DI FANFARE E BACI, UNA MELONI IN COSÌ TOTALE DIFFICOLTÀ NON S'ERA MAI VISTA - PER ESSERE COERENTE AL SUO ATTEGGIAMENTO DA "PONTIERA" USA-UE, FAVOREVOLE ALLA TRATTATIVA IN GINOCCHIO DI URSULA CON IL BOSS DELLA CASA BIANCA, MELONI È FINITA NEL TRITACARNE, FATTA LETTERALMENTE A PEZZI NON SOLO DALL'OPPOSIZIONE MA DA TUTTI: PER CONFINDUSTRIA, COLDIRETTI, FEDERACCIAI, CISL, ETC.: "L'ACCORDO CON TRUMP È UNA CAZZATA" - FUORI CASA, IL DILUVIO: LA ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' È STATA RIDICOLIZZATA PURE A DESTRA DAL LEPENISTA BARDELLA ALL'ANTI-UE, ORBAN – QUANDO IL SUO ALLEATO TRATTATIVISTA MERZ HA RINCULATO, TERRORIZZATO DAI POSSIBILI CONTRACCOLPI ALLA MAGGIORANZA DEL SUO GOVERNO, LA "PONTIERA" (SENZA PONTE) E' FINITA DA SOLA, COL CERINO IN MANO, A DIFENDERE URSULA VIOLENTATA DAL CETRIOLO DI TRUMP, MA GUARDANDOSI BENE DAL RIVENDICARE L'AMICIZIA (IMMAGINARIA) COL "PADRINO" DELLA CASA BIANCA – SE IL SOGNO MELONIANO DI AGGANCIARE FDI AL PPE SI ALLONTANA, LA RINTRONATA URSULA RIMARRÀ AL SUO POSTO: ALTERNATIVA NON C'È, HANNO TUTTI PAURA CHE LA DESTRA DEI ''PATRIOTI'' CONQUISTI BRUXELLES...

ursula von der leyen donald trump friedrich merz giorgia meloni emmanuel macron

DAGOREPORT - SIAMO DAVVERO SICURI CHE L’UNICA GRANDE COLPEVOLE DELLA ''DOCCIA SCOZZESE'' EUROPEA, COI DAZI TRUMPIANI AL 15%, PIÙ PESANTI IMPOSIZIONI SU GAS E ARMI, SIA LADY URSULA? - SE TRUMP NON DEVE RENDERE CONTO A NESSUNO, URSULA SI RITROVA 27 PAESI ALLE SPALLE, OGNUNO CON I SUOI INTERESSI, SPESSO CONFLIGGENTI: MENTRE MACRON AVREBBE VOLUTO USARE IL BAZOOKA CONTRO IL ''DAZISTA'', COME LA CINA, CHE HA TENUTO TESTA, DA VERA POTENZA, A WASHINGTON, MERZ E MELONI ERANO PER IL “DIALOGO”, TERRORIZZATI DALLE “VENDETTE” POLITICHE CHE TRUMP AVREBBE POTUTO METTERE IN ATTO (UCRAINA, NATO, MEDIORIENTE) - MELONI SA BENE CHE IL PEGGIO DEVE ANCORA VENIRE: LA STANGATA SULL’ECONOMIA ITALIANA DOVUTA AI DAZI SI ANDRÀ AD ACCAVALLARE ALLA FINE DEL PNRR E AI SALARI PIÙ BASSI D’EUROPA - SE L'AUTUNNO SARA' ROVENTE, NON SOLO ECONOMICAMENTE MA ANCHE  POLITICAMENTE (CON IL TEST DELLE REGIONALI), IL 2026 SI PREANNUNCIA DA SUDORI FREDDI... 

riccardo muti concerto agrigento alessandro giuli

DAGOREPORT - “AGRIGENTO CAPITALE DELLA CULTURA 2025” DOVEVA ESSERE PER IL MINISTERO GIULI-VO UN “APPUNTAMENTO CON LA STORIA” ED È FINITO NEL SOLITO “APPUNTAMENTO CON LA CASSA” - PER “INTERPRETARE IL SENSO DI UNA MEMORIA CONTINENTALE EURO-AFRICANA CONDIVISA E FARNE IL FERMENTO DI UN RITROVATO BENESSERE INDIVIDUALE DI CRESCITA COLLETTIVA” (SEMPRE GIULI), COME È POSSIBILE CHE LA REGIONE SICULA ABBIA SBORSATO LA FOLLIA DI 650MILA EURO PER UN SINGOLO CONCERTO NELLA VALLE DEI TEMPLI DELL’ORCHESTRA GIOVANILE CHERUBINI DIRETTA DA RICCARDO MUTI? LO STESSO EVENTO, ORGANIZZATO L’ANNO SCORSO DAL COMUNE DI LAMPEDUSA, ERA COSTATO APPENA 100MILA EURO - DEL RESTO, CON BUDGET DI 150 MILIONI, I 461MILA EURO PER LA “PROMOZIONE E PUBBLICITÀ DEL PARCO ARCHEOLOGICO” CI STANNO. COME IL “MOVITI FEST”: PER 473.360 MILA EURO, UN “PROGETTO CHE MIRA A COINVOLGERE E ANIMARE I LUOGHI DEL CENTRO STORICO AD AGRIGENTO” - ALLE CRITICHE, IL SINDACO DELLA CITTÀ DELLA CUCCAGNA, FRANCESCO MICCICHÈ, SI OFFENDE: “BASTA DILEGGIO STERILE. SE VINCE AGRIGENTO, VINCE LA SICILIA”! (QUI CE NE VOGLIONO 100 DI MONTALBANO…”)