PROCURE IN TESTACODA - LA DECISIONE DEL GIP DI CONFERMARE LA RICHIESTA D’ARRESTO PER LAVITOLA RENDE TUTTO ANCORA Più PARADOSSALE: A BARI PRESTO ER PATONZA POTREBBE ESSERE INDAGATO, MENTRE PER ROMA RESTA PARTE LESA - PER IL PM BARESE DRAGO PRIMA DI ARRESTARE L’IMPRENDITORE PESCIVENDOLO (CHE ENTRA IN SCENA UN ANNO DOPO I PRIMI PAGAMENTI A TARANTINI) BISOGNAVA VERIFICARE IL RUOLO DEL BANANA - SILVIO ANDRÀ SE LA PROCURA DI ROMA VORRÀ SENTIRLO?…
Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"
L'inchiesta di Bari adesso ricomincia daccapo. Il contrordine del giudice che smonta l'impostazione della Procura ritenendo «gravi» gli indizi contro il faccendiere Valter Lavitola per l'accusa di induzione a rendere false dichiarazioni, obbliga il pubblico ministero a chiederne l'arresto. E dunque gli accertamenti su quei soldi elargiti da Silvio Berlusconi all'imprenditore Gianpaolo Tarantini per tenerlo «sotto controllo» nel processo sulle escort, si devono concentrare proprio sul ruolo del premier che usava Lavitola come mediatore per i versamenti.
Nei prossimi giorni il premier potrà essere formalmente indagato, mentre rimane parte lesa a Roma, in una situazione che sembra diventare sempre più paradossale. I magistrati capitolini - che continuano a procedere per estorsione contro Tarantini (parte lesa a Bari), sua moglie Nicla e lo stesso Lavitola - potrebbero infatti interrogare Berlusconi, dopo aver ascoltato la versione dell'imprenditore che è stato convocato per oggi.
Per cercare di districarsi in questo pasticcio giudiziario bisogna tornare al 21 settembre quando il gip di Napoli si pronuncia sull'istanza di scarcerazione presentata dai difensori dei coniugi Tarantini - gli avvocati Alessandro Diddi, Ivan Filippelli e Piergerardo Santoro - detenuti per l'accusa di aver estorto circa un milione di euro a Berlusconi in concorso con Lavitola che invece è latitante.
«L'inchiesta va trasferita a Roma», ordina il gip dichiarandosi incompetente. Ma cinque giorni dopo, colpo di scena: il Riesame di Napoli dice che Tarantini va scarcerato perché il reato da contestare non è l'estorsione, ma l'induzione a rendere dichiarazioni false e quindi bisogna indagare Berlusconi perché ha pagato e Lavitola come «intermediario». Poi ordina la trasmissione del fascicolo a Bari visto che i pagamenti servivano a «orientare» le scelte di Tarantini nell'indagine sulle escort in corso nel capoluogo pugliese.
Il procuratore aggiunto di Roma Pietro Saviotti decide di non adeguarsi: manda gli atti in Puglia, ma tiene aperto il fascicolo sull'estorsione. Quello di Bari va oltre e chiede la revoca dell'ordine di arresto per Lavitola «perché non ci sono gli estremi per la sussistenza del reato». Ieri la sua tesi viene demolita dal gip secondo il quale «il reato c'è e va perseguito». Drago è costretto a una clamorosa marcia indietro che prevede l'immediato deposito della richiesta di cattura.
Al Palazzo di giustizia barese spiegano che Drago avrebbe voluto effettuare una serie di accertamenti prima di stabilire se Lavitola dovesse finire in carcere. In particolare attendere l'esito delle verifiche sul ruolo del premier, visto che i versamenti e la scelta degli avvocati per Tarantini sono cominciati nel settembre 2009 per ordine dello stesso Berlusconi, mentre Lavitola entra in scena soltanto un anno dopo, quando nell'agosto 2010 il premier lo contatta per trovare un lavoro a Tarantini che è agli arresti domiciliari.
Ma è un'impostazione che il gip non ha condiviso, ritenendo invece «fondato» il quadro prospettato dai giudici del Riesame di Napoli e dunque «sufficiente per procedere». Drago si è dovuto adeguare e nella richiesta di arresto ha sottolineato che «se questo tipo di reato viene ritenuto sussistente, necessita la detenzione in carcere».
Il giudice ha tempo fino a domenica per firmare un nuovo ordine di cattura, altrimenti scadranno i termini. Intanto si fa avanti Roma. Oggi pomeriggio sarà interrogato Tarantini, subito dopo si deciderà se convocare Berlusconi.
Ai magistrati di Napoli che volevano ascoltare la sua versione, il capo del governo aveva opposto un netto rifiuto facendo recapitare una memoria nella quale aveva ammesso i pagamenti a Tarantini spiegando che si trattava «dell'aiuto a una famiglia in difficoltà ».
In realtà i suoi legali avevano manifestato il timore di un «trappolone» sostenendo che i pm volevano convocarlo come parte lesa e poi contestargli il reato di induzione. Un'eventualità che a Roma è stata esclusa e dunque - qualora arrivasse davvero una convocazione - bisognerà vedere se Berlusconi continuerà a respingere l'avviso a comparire.






