
PUTIN ANCORA NON SA SE PARTECIPARE ALL’INCONTRO IN TURCHIA PER ARRIVARE AL CESSATE IL FUOCO IN UCRAINA - “MAD VLAD” È COMBATTUTO TRA IL DESIDERIO DI OCCUPARE PIÙ TERRENO POSSIBILE E QUELLO DI LEGALIZZARE ALMENO IN PARTE QUANTO FINORA OTTENUTO, ANCHE A COSTO DI QUALCHE CONCESSIONE, APPROFITTANDO DELLA DISPONIBILITÀ DI TRUMP DI RICONOSCERE LA SOVRANITÀ RUSSA SULLA CRIMEA E CONGELARE IL CONFLITTO LUNGO LA LINEA DEL FRONTE - A METTERE PUTIN IN DIFFICOLTÀ È LA POSSIBILITÀ CHE TRUMP VOLI A ISTANBUL: NON ANDARE, DIVENTEREBBE UN AFFRONTO AL TYCOON - I PROPAGANDISTI DEL CREMLINO GIÀ ACCAMPANO LE SCUSE PIÙ IMPROBABILI PER L’EVENTUALE ASSENZA DI PUTIN, DAL DIVIETO DI DIALOGARE CON LUI SANCITO NELLA COSTITUZIONE UCRAINA ALLA PRESUNTA “INSTABILITÀ PSICOLOGICA” DI ZELENSKY…
Estratto dell’articolo di Rosalba Castelletti per “la Repubblica”
[…] Aleksandr Baunov, politologo bollato come “agente straniero”, autore del bestseller La fine del regime, ha ben spiegato perché davanti all’ultimatum di Kiev e dei suoi alleati — cessate il fuoco di 30 giorni a partire da ieri o sanzioni — domenica Putin abbia risposto con un duplice balzo […]
Primo, respingendo tacitamente la proposta di cessate-il-fuoco e proponendo invece di avviare negoziati diretti, anzi di riprendere i negoziati interrotti a Istanbul nella primavera del 2022, come a dire “non è nulla di nuovo, riprendiamo da dove eravamo rimasti, non proponiamo negoziati soltanto perché lo vuole qualcuno”.
Secondo, fissando come data di inizio dei colloqui giovedì 15 maggio e non il 12, ieri, scadere dell’ultimatum, «per dimostrare che l’iniziativa russa non era una risposta alla proposta ucraina o il prodotto della pressione di qualcuno, ma qualcosa di separato e indipendente».
E ieri Peskov ha detto che l’approccio di Putin godrebbe del sostegno non solo di Trump, ma anche del presidente turco e dei leader dei Paesi Brics e dell’ex Urss. Un altro modo di sottolineare che la controproposta di Putin non è la risposta alle pressioni di Usa o Paesi Ue, ma un tentativo di «trovare una vera soluzione diplomatica alla crisi ucraina, eliminando le cause profonde del conflitto».
VOLODYMYR ZELENSKY DONALD TRUMP VLADIMIR PUTIN
A Putin non piace essere messo alle strette. Non vuole agire sotto pressione. È anche una questione d’orgoglio. Vale anche per la controproposta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky di tenere sì negoziati diretti giovedì a Istanbul, ma loro due, a tu per tu. Né Putin, né il suo portavoce hanno commentato. Ma il politologo vicino al Cremlino Ivan Timofeev ha osservato che «è improbabile che Putin partecipi» perché «un incontro tra capi di Stato richiederebbe un’attenta preparazione, i diplomatici dovrebbero prima tenere delle discussioni per gettare le basi per i colloqui ad alto livello, perciò».
E ieri, ad esempio, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha parlato al telefono con l’omologo turco Hakan Fidan. Intanto i propagandisti già accampano le scuse più improbabili per l’eventuale assenza di Putin, dal divieto di dialogare con lui sancito nella Costituzione ucraina alla presunta «instabilità psicologica » di Zelensky.
Putin non ha ancora preso una decisione. Per Baunov si trova in una posizione non dissimile da quella di Iosif Stalin alla fine della Seconda Guerra Mondiale. È «combattuto tra il desiderio di catturare il più possibile e quello di legalizzare almeno una parte di quanto catturato, anche a costo di qualche concessione », approfittando della disponibilità del presidente statunitense Donald Trump di riconoscere la sovranità russa sulla Crimea e congelare il conflitto lungo la linea del fronte.
A mettere Putin ancora più in difficoltà è la possibilità che Trump stesso voli a Istanbul giovedì. Non andare e lasciare la sua sedia vuota a quel punto diventerebbe un affronto allo stesso leader della Casa Bianca. Andare, invece, vorrebbe dire far più che «qualche concessione » perché di certo Trump non si accontenterebbe di testimoniare una banale stretta di mano tra Putin e Zelensky, benché sarebbe la prima dal dicembre 2019. […]