1 - QUANTE BALLE SUGLI F35! IL PROGRAMMA DI ACQUISTO DEI CACCIA NON S’È MAI FERMATO 2 - NONOSTANTE PER DUE VOLTE, GIUGNO E LUGLIO 2013, IL PARLAMENTO ABBIA DETTO CHE IL PROGRAMMA È SPROPORZIONATO PER LA DIFESA E PER I BILANCI DEL PAESE, SALTANO FUORI I CONTRATTI DI ACQUISTO RIFERITI AI “LOTTI” 8 E 9 CHE MOSTRANO DATE POSTERIORI ALLE MOZIONI PARLAMENTARI DI GIUGNO E LUGLIO 3 - L’APPARATO DELLA DIFESA SAREBBE ANDATO AVANTI NEL PROGRAMMA IGNORANDO LE RACCOMANDAZIONI DELLE CAMERE PERCHÉ DALL’ALLORA MINISTRO MARIO MAURO NON È MAI ARRIVATA ALCUNA CORREZIONE DI ROTTA 4 - LE FORZE ARMATE DOVRANNO GIA’ TAGLIARE 50 MILA POSTI DI LAVORO IN 10 ANNI MA SE NON SI TIRA LA CINGHIA SUGLI F-35 (E ANCHE SULLE FREGATE VOLUTA DALLA MARINA, SULL’INFORMATIZZAZIONE DELL’ESERCITO E ARMAMENTI ANTIAEREI), I SOLDI RISPARMIATI IN STIPENDI VERREBBERO SPESI PER ACQUISTARE ARMI ALL’ESTERO

Giampaolo Cadalanu per "la Repubblica"

Macché rinvii, tagli o sacrifici: il programma di acquisto degli F-35, i cacciabombardieri più costosi della storia, in realtà non si è mai fermato. E questo nonostante il Parlamento abbia due volte, a giugno e luglio dello scorso anno, rilevato che il programma Joint Strike Fighter è sproporzionato per la politica di difesa e soprattutto per i bilanci del Paese. I contratti parziali per i diversi lotti di produzione, con l'ordine definitivo delle componenti, sono andati avanti in automatismo.

In un modo che per il momento sembra ignorare l'impegno a una "moratoria" nei pagamenti indicato dal neo ministro della Difesa Roberta Pinotti immediatamente dopo l'incarico di governo.

L'accusa che tutto continua senza ripensamenti viene dagli attivisti della campagna "Tagliamo le ali alle armi", che riportano i dati del Pentagono per sottolineare come i contratti di acquisto riferiti ai "lotti" 8 e 9 mostrino date posteriori alle mozioni parlamentari di giugno e luglio. L'apparato della Difesa sarebbe andato avanti nel programma del caccia, ignorando le raccomandazioni delle Camere, perché dall'allora ministro Mario Mauro non era mai arrivata alcuna correzione di rotta.

Il Segretariato della Difesa, che segue le acquisizioni, ha semplicemente fatto seguito a ordini già ricevuti. La Difesa smentisce la ricostruzione: secondo i responsabili delle acquisizioni, l'impegno dell'Italia in sede di Joint Program Office era stato preso in precedenza. I documenti però, contrariamente a quelli del Pentagono, non sono pubblici. Secondo i pacifisti, invece, non basta un generico impegno non contrattuale: l'unico documento vincolante è quello firmato dal Dipartimento della Difesa su richiesta italiana con l'azienda produttrice Lockheed-Martin.

Le esigenze di riduzione del programma Joint Strike Fighter dividono e suscitano incertezze anche all'interno del Pd: c'è voluta una espressa decisione di Matteo Renzi per confermare che nei prossimi giorni i deputati discuteranno il documento uscito dalla commissione Difesa, fortemente voluto dal capogruppo in commissione Gian Piero Scanu, in cui si indicano come necessari tagli molto robusti alle spese militari e al programma JSF in particolare.

Più scettici e dunque "possibilisti" nei confronti del controverso cacciabombardiere sarebbero il capogruppo in commissione Difesa al Senato, Nicola Latorre, il sottosegretario Marco Minniti e lo stesso ministro Pinotti, che hanno fatto proprie le raccomandazioni del Quirinale sulla tutela degli accordi atlantici.

Senza una sforbiciata ai sistemi d'arma richiesti dalle Forze Armate, i novanta F-35 ma anche l'informatizzazione completa dell'Esercito, le fregate volute dalla Marina e diversi armamenti antiaerei, la cura dimagrante rischia di essere solo una razionalizzazione dello strumento militare, nel quadro della riforma avviata dall'ammiraglio Giampaolo Di Paola. Il concetto base è stato riproposto anche ieri dai vertici delle Forze Armate.

I risparmi richiesti sono stati definiti «una riduzione epocale di 50 mila posti di lavoro in 10 anni, tra militari e civili» dal capo di Stato maggiore della Difesa Luigi Binelli Mantelli. È un taglio robusto che però, come ha già denunciato nei mesi scorsi la Ragioneria di Stato, non corrisponde a risparmi reali perché si affianca a stanziamenti enormi per i sistemi d'arma.

Paradossalmente, insomma, i fondi risparmiati in stipendi per militari italiani - in qualche caso persino togliendo il posto di lavoro ai soldati più giovani con esperienza di missioni all'estero - verrebbero spesi per acquistare armi, e una parte robusta finirebbe all'estero. Al cammino travagliato del caccia si sono aggiunti nei giorni scorsi gli enne-
simi guai tecnici. Sono arrivati in un momento apparentemente positivo: la Lockheed Martin stava festeggiando un nuovo corposo contratto con la Corea del sud, che ha deciso di comprare quaranta F-35 per un valore attorno ai 6,8 miliardi di dollari.

E gli stati maggiori statunitensi celebravano la prima uscita notturna dalla base di Eglin (perché fino a pochi giorni fa le differenze nella strumentazione di bordo fra i jet destinati alla Marina, al corpo dei Marines e all'Aeronautica confondeva i piloti durante il volo notturno) e si apprestavano a far volare il caccia nel primo volo transoceanico.

Ci hanno pensato gli ingegneri a rovinare la festa, quando hanno scoperto che il complicatissimo software di gestione delle macchine è ancora difettoso: i perfezionamenti richiederanno più tempo del previsto (sono previsti fino a 13 mesi di ritardi). Le messe a punto sono necessarie soprattutto per gli aspetti informatici della versione Stovl, a decollo corto e atterraggio verticale, voluta anche dalla Marina italiana per equipaggiare la portaerei Cavour al posto degli obsoleti Harrier.

La soluzione, ancora una volta, è ricorrere a nuovi finanziamenti. Nel caso dello sfortunato jet, gli esborsi sempre ritoccati verso l'alto e sempre insufficienti hanno spinto persino a queste considerazioni: «Finanziamenti di questa grandezza pongono chiaramente dei problemi di sostenibilità a lungo termine». A parlare non è il commissario italiano delegato ai tagli, ma gli esperti del Pentagono.

 

Ministro Mario Mauro CACCIABOMBARDIERI F-35PINOTTILatorre Nicola Marco Minniti MATTEO RENZI E BARACK OBAMA FOTO LAPRESSE pentagono sat

Ultimi Dagoreport

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni antonio tajani quirinale alfredo mantovano

DAGOREPORT - NON CI SARÀ ALCUNA ROTTURA TRA MARINA E PIER SILVIO: NONOSTANTE LA NETTA CONTRARIETÀ ALLA DISCESA IN POLITICA DEL FRATELLINO, SE DECIDESSE, UN GIORNO, DI PRENDERE LE REDINI DI FORZA ITALIA, LEI LO SOSTERRÀ. E L’INCONTRO CON LA CAVALIERA, SOLLECITATO DA UN ANTONIO TAJANI IN STATO DI CHOC PER LE LEGNATE RICEVUTE DA UN PIER SILVIO CARICATO A PALLETTONI, È SALTATO – LA MOLLA CHE FA VENIRE VOGLIA DI EMULARE LE GESTA DI PAPI E DI ‘’LICENZIARE’’ IL VERTICE DI FORZA ITALIA È SALTATA QUANDO IL PRINCIPE DEL BISCIONE HA SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA: TAJANI SOGNA DI DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEL 2029, INTORTATO DA GIORGIA MELONI CHE HA PROMESSO I VOTI DI FRATELLI D’ITALIA. UN SOGNO DESTINATO A SVANIRE QUANDO L’EX MONARCHICO SI RITROVERÀ COME CANDIDATO AL QUIRINALE UN ALTRO NOME CHE CIRCOLA NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, QUELLO DI ALFREDO MANTOVANO…

giorgia meloni alfredo mantovano francesco lollobrigida carlo nordio andrea giambruno

DAGOREPORT - NON SI PUO' DAVVERO MAI STARE TRANQUILLI: MANTOVANO, IL SAVONAROLA DI PALAZZO CHIGI – D'ACCORDO CON GIORGIA MELONI, PRESA LA BACCHETTA DEL FUSTIGATORE DI OGNI FONTE DI ''DISSOLUTEZZA'' E DI ''DEPRAVAZIONE'' SI È MESSO IN TESTA DI DETTARE L’ORTODOSSIA MORALE  NON SOLO NEL PARTITO E NEL GOVERNO, MA ANCHE SCONFINANDO NEL ''DEEP STATE''. E CHI SGARRA, FINISCE INCENERITO SUL "ROGO DELLE VANITÀ" - UN CODICE ETICO CHE NON POTEVA NON SCONTRARSI CON LA VIVACITÀ CAZZONA DI ALCUNI MELONIANI DI COMPLEMENTO: CI SAREBBE LO SGUARDO MORALIZZATORE DI MANTOVANO A FAR PRECIPITARE NEL CONO D’OMBRA PRIMA ANDREA GIAMBRUNO E POI FRANCESCO LOLLOBRIGIDA – IL PIO SOTTOSEGRETARIO PERÒ NON DORME SONNI TRANQUILLI: A TURBARLI, IL CASO ALMASRI E IL TURBOLENTO RAPPORTO CON I MAGISTRATI, MARTELLATI A TUTTA CALLARA DA RIFORME E PROCURE ALLA FIAMMA...

pier silvio berlusconi silvia toffanin

L’IMPRESA PIÙ ARDUA DI PIER SILVIO BERLUSCONI: TRASFORMARE SILVIA TOFFANIN IN UNA STAR DA PRIMA SERATA - ARCHIVIATA LA FAVOLETTA DELLA COMPAGNA RESTIA ALLE GRANDI OCCASIONI, PIER DUDI HA AFFIDATO ALL'EX LETTERINA DELLE SUCCULENTI PRIME SERATE: OLTRE A “THIS IS ME”, CON FASCINO E MARIA DE FILIPPI A MUOVERE I FILI E SALVARE LA BARACCA, C'E' “VERISSIMO” CHE OCCUPERÀ TRE/QUATTRO PRIME SERATE NELLA PRIMAVERA 2026. IL PROGRAMMA SARÀ PRODOTTO DA RTI E VIDEONEWS CON L’OK DELLA FASCINO A USARE LO “STUDIO-SCATOLA" UTILIZZATA DA MAURIZIO COSTANZO NEL FORMAT “L’INTERVISTA” - COSA C'E' DIETRO ALLE MANOVRE DI PIER SILVIO: E' LA TOFFANIN A COLTIVARE L'AMBIZIONE DI DIVENTARE LA NUOVA DIVA DI CANALE 5 (CON I CONSIGLI DELLA REGINA DE FILIPPI) O È LA VOLONTÀ DEL COMPAGNO DI INCORONARLA A TUTTI I COSTI, COME UN MIX DI LILLI GRUBER E MARA VENIER? 

wang

DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI COL FAZZOLETTO ROSSO AL COLLO E ISCRITTA ALL’ASSOCIAZIONE DEI PARTIGIANI - YUJA WANG, LA STELLA PIU' LUMINOSA DEL PIANISMO CLASSICO, ENTRA IN SCENA STRIZZATA IN UN VESTITINO DI PAILLETTES CHE SCOPRE LE COSCE FINO ALL'INGUINE, TACCHI “ASSASSINI” E LA SCHIENA NUDA FINO ALL’OSSO SACRO. MA NON STIAMO ASSISTENDO ALLE SCIOCCHEZZE DA DISCOTECA DI CERTE “ZOCCOLETTE” DEL POP IN PREDA A SFOGHI DI TETTE, SCARICHI DI SEDERONI, SCONCEZZE DA VESPASIANO; NO, SIAMO NEL MONDO AUSTERO E SEVERO DEI CONCERTI DI “CLASSICA”: RACHMANINOFF, PROKOFIEV, MOZART, CHOPIN, CAJKOVSKIJ. MA ALLA WANG BASTA UN MINUTO PER FAR “SUONARE” LE COSCE DESNUDE METTENDOLE AL SERVIZIO DELLE EMOZIONI E DELL’INTERPRETAZIONE MUSICALE, CONFERMANDO IN PIENO LE PAROLE DI LUDWIG VON BEETHOVEN: “LA MUSICA È LA MEDIATRICE TRA LA VITA SPIRITUALE E LA VITA SENSUALE” - VIDEO