de michelis

REFERENDUM? RESUSCITANDUM! IL VOTO SULLA MODIFICA COSTITUZIONALE HA RIESUMATO MEZZA PRIMA REPUBBLICA: DA CIRINO POMICINO A DE MITA E POI DINI, DE MICHELIS, CESARE SALVI - PER FREGARE RENZI SONO TUTTI UNITI: D'ALEMA, EX DC, EX MISSINI. CON MATTEUCCIO E’ RIMASTO SOLO CASINI

paolo cirino pomicinopaolo cirino pomicino

Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”

 

Avanza un plotone di uomini nuovi, e si candida ad aprire per il Paese una nuova stagione. Che assomigli il più possibile alla vecchia, quando erano tutti più felici e contenti. Ci sono ovviamente i democristiani, che nella Prima Repubblica del proporzionale - e del debito pubblico - hanno prosperato. Attivissimo un uomo che del rigore di bilancio ha fatto una ragione di vita: Paolo Cirino Pomicino.

 

CIRIACO DE MITACIRIACO DE MITA

Ma anche il suo antico rivale De Mita - «Ciriaco, io frequento gli stessi amici che frequenti tu; solo che tu li vedi a pranzo, e io li vedo dopo a cena» -, sempre disponibile a un pensoso «ragionamendo» il cui succo è: indietro tutta. Gli andreottiani sono rappresentati da un altro volto fresco: Lamberto Dini.

 

donatella e lamberto dinidonatella e lamberto dini

Con agilità da toreri, i neodemocristiani di Lorenzo Cesa, dopo aver approvato la riforma in ogni votazione parlamentare, al referendum la bocceranno. Al fianco di Renzi sono rimasti solo Casini e i suoi cari. E il fronte del No ricompatta anche la diaspora socialista, dall'antico staff di De Michelis - Brunetta e Parisi - a un altro cognome mai sentito: Bobo Craxi, per una volta d' accordo con la sorella Stefania. Poi ci sono i postcomunisti, anche loro venuti da lontano.

cesare salvicesare salvi

 

Nella Prima Repubblica Massimo D'Alema era capogruppo alla Camera del Pci-Pds, nelle cui fila militavano giuristi come Cesare Salvi e Guido Calvi, oggi richiamati in servizio. Tra i costituzionalisti si delinea la frattura generazionale: se i «giovani» Ceccanti e Clementi sono per il Sì, gli ex presidenti della Corte costituzionale - in Italia categoria ormai più numerosa dei metalmeccanici - sono quasi tutti per il No.

 

gianfranco finigianfranco fini

Come Rodotà e Tocci, Ingroia e la «Magna carta», ambizioso nome di un'associazione che deve accontentarsi di essere presieduta da Quagliariello. L'ex Movimento sociale è rappresentato da Altero Matteoli, da Maurizio Gasparri coi suoi tweet e da un altro homo novus: Gianfranco Fini. Uno che nell'estate 1999 fece saltare le ferie ai suoi colonnelli per raccogliere le firme sull' abolizione della quota proporzionale, e ora si ritrova al fianco di chi reclama il ritorno al proporzionale purissimo. Del resto «la democrazia non è vincere», come ha detto Gustavo Zagrebelsky: è rappresentare.

 

Antonio Ingroia Antonio Ingroia

Mediare. Costruire consenso. Non a caso ancora nel 1992, alle ultime elezioni della Prima Repubblica, il quadripartito raccolse un sontuoso 49% e la maggioranza assoluta dei parlamentari; ancora non sapeva che gli restavano pochi mesi di vita, scanditi dalle bombe di Palermo e dagli arresti di Milano. Dall'altra parte, chi vagheggiava l'avvento della Terza Repubblica è rimasto isolato.

 

L'errore tattico di Renzi non è stato solo personalizzare il referendum; è stato farlo. Ansioso di essere legittimato, ha finito per delegittimarsi. Convinto ancora di vivere nel Paese del 41%, ha creduto di rafforzare il Sì offrendo la propria testa agli elettori; ha ottenuto l'effetto contrario, oltretutto su una battaglia che non era la sua.

 

NAPOLITANO 
RENZI  
NAPOLITANO RENZI

Portare in fondo le riforme era il pedaggio pagato a Napolitano per ottenere la defenestrazione di Letta: Renzi prometteva di riportare al tavolo Berlusconi, e in una prima fase c'era pure riuscito. Poi, al momento di eleggere il nuovo inquilino del Quirinale, ha preferito ricompattare il suo partito sul nome di Mattarella, rompendo con Forza Italia. Ma ora, per la prima volta, è stato Bersani a fregare Renzi, e non il contrario come d'abitudine.

 

La sinistra Pd prima ha ottenuto di peggiorare la riforma in cambio del suo Sì - il premier pensava a un Senato di sindaci, e ha dovuto puntare sui consiglieri regionali, vale a dire la classe «dirigente» più screditata d'Italia -; e ora, fiutato il vento di vittoria, voterà No.

renzi berlusconirenzi berlusconi

 

Resta da capire se Berlusconi schiererà davvero il suo impero mediatico - che è lì, intatto - nella campagna contro Renzi. A giudicare dalle confidenze di Fedele Confalonieri a Francesco Verderami del Corriere , non si direbbe. Al fondatore di Forza Italia il proporzionale non dispiace, e questo è il suo unico punto di contatto con Grillo; dal quale per il resto è terrorizzato. La penultima speranza di Renzi è che Berlusconi non si impegni a fondo contro di lui. L' ultima è che D' Alema organizzi presto un' altra bella riunione di reduci della Prima Repubblica.

Ultimi Dagoreport

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - C’ERA UNA VOLTA LA LEGA DI SALVINI - GETTATO ALLE ORTICHE CIÒ CHE RESTAVA DEI TEMI PIÙ IDENTITARI DEL CARROCCIO, DECISO A RIFONDARLO NEL PARTITO NAZIONALE DELLA DESTRA, SENZA ACCORGERSI CHE LO SPAZIO ERA GIÀ OCCUPATO DALLE FALANGI DELLA STATISTA DELLA SGARBATELLA, HA PERSO IL LUME DELLA RAGIONE: UNA FURIA ICONOCLASTA DI NAZIONALISMO, SOVRANISMO, IMPREGNATA DI RAZZISMO, XENOFOBIA, MASCHILISMO E VIOLENZA VERBALE - SECONDO I CALCOLI DEI SONDAGGISTI OGGI QUASI LA METÀ DEI CONSENSI DELLA LEGA (8,8%) APPARTIENE AI CAMERATI DEL GENERALISSIMO VANNACCI CHE MICA SI ACCONTENTA DI ESSERE NOMINATO VICESEGRETARIO DEL CARROCCIO: CONSAPEVOLE CHE L’ELETTORATO DI ESTREMA DESTRA, AL SURROGATO, PREFERISCE L’ORIGINALE, SI È TRASFORMATO NEL VERO AVVERSARIO ALLA LEADERSHIP DEL CAPITONE, GIÀ CAPITANO - OGGI SALVINI, STRETTO TRA L’INCUDINE DELL'EX GENERALE DELLA FOLGORE E IL MARTELLO DI MELONI, È UN ANIMALE FERITO, QUINDI PERICOLOSISSIMO, CAPACE DI TUTTO, ANCHE DI GETTARE IL BAMBINO CON L'ACQUA SPORCA...

giorgia meloni nicola fratoianni giuseppe conte elly schlein matteo ricci

DAGOREPORT – BUONE NOTIZIE! IL PRIMO SONDAGGIO SULLO STATO DI SALUTE DEI PARTITI, EFFETTUATO DOPO LA SETTIMANA DI FERRAGOSTO, REGISTRA UN CALO DI 6 PUNTI PER FRATELLI D'ITALIA RISPETTO ALLE EUROPEE 2024 (IL PARTITO DELLA MELONI, DAL 29% PASSEREBBE AL 23) - A PESARE È LA SITUAZIONE ECONOMICA DEL PAESE, DALLA PRODUTTIVITÀ CALANTE DELLE IMPRESE A UN POTERE D’ACQUISTO AZZERATO DAI SALARI DA FAME - IL TEST DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, CHE CHIAMA ALLE URNE 17 MILIONI DI CITTADINI,   POTREBBE DIVENTARE UN SEGNALE D'ALLARME, SE NON LA PRIMA SCONFITTA DELL’ARMATA BRANCAMELONI - A PARTIRE DALLE PERDITA DELLE MARCHE: IL GOVERNATORE RICANDIDATO DI FDI, FRANCESCO ACQUAROLI, È SOTTO DI DUE PUNTI RISPETTO AL CANDIDATO DEL CAMPOLARGO, IL PIDDINO MATTEO RICCI - LA POSSIBILITÀ DI UN 4-1 PER IL CENTROSINISTRA ALLE REGIONALI, MESSO INSIEME ALLA PERDITA DI CONSENSI ALL'INTERNO DELL'ELETTORATO DI FDI, MANDEREBBE IN ORBITA GLI OTOLITI DELLA DUCETTA. NEL CONTEMPO, DAREBBE UN GROSSO SUSSULTO AI PARTITI DI OPPOSIZIONE, SPINGENDOLI AD ALLEARSI PER LE POLITICHE 2027. E MAGARI FRA DUE ANNI LA "GIORGIA DEI DUE MONDI" SARÀ RICORDATA SOLO COME UN INCUBO...

meloni giorgetti fazzolari caltagirone nagel donnet orcel castagna

DAGOREPORT - GENERALI, MEDIOBANCA, MPS, BPM: NESSUN GOVERNO HA MAI AVUTO UN POTERE SIMILE SUL SISTEMA FINANZIARIO ITALIANO - MA LA VITTORIA DI OGGI DEI CALTA-MELONI PUÒ DIVENTARE LA SCONFITTA DI DOMANI: “SENZA UN AZIONARIATO DI CONTROLLO STABILE IN GENERALI, NON BASTERÀ LA SBILENCA CONQUISTA DI MEDIOBANCA PER METTERE AL SICURO LA GESTIONE DEL RICCO RISPARMIO ITALIANO (800 MLD) CHE TUTTI VORREBBERO RAZZIARE” - L’ULTIMA, DISPERATA, SPERANZA DI NAGEL GIACE TRA I FALDONI DELLA PROCURA DI MILANO PER L'INCHIESTA SULLA TORBIDA VENDITA DEL 15% DI MPS DA PARTE DEL MEF A CALTA-MILLERI-BPM – UNA SGRADITA SORPRESA POTREBBE ARRIVARE DAGLI 8 EREDI DEL VECCHIO - PIAZZA AFFARI? SI È FATTA GLI AFFARI SUOI: METTERSI CONTRO PALAZZO CHIGI PUÒ NUOCERE ALLA SALUTE DI UNICREDIT, BENETTON, MEDIOLANUM, FERRERO, LUCCHINI, UNIPOL, ENTI PREVIDENZIALI, ETC. – L’ERRORE DI NAGEL E GLI ''ORRORI'' DI DONNET: DA NATIXIS AL NO ALLO SCAMBIO DELLA QUOTA MEDIOBANCA CON BANCA GENERALI…

donald trump vladimir putin giorgia meloni

DAGOREPORT - IL VERTICE DELLA CASA BIANCA È STATO IL PIÙ  SURREALE E “MALATO” DELLA STORIA POLITICA INTERNAZIONALE, CON I LEADER EUROPEI E ZELENSKY IN GINOCCHIO DA TRUMP PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L’UCRAINA – LA REGIA TRUMPIANA: MELONI ALLA SINISTRA DEL "PADRINO", NEL RUOLO DI “PON-PON GIRL”, E MACRON, NEMICO NUMERO UNO, A DESTRA. MERZ, STARMER E URSULA, SBATTUTI AI MARGINI – IL COLMO?QUANDO TRUMP È SCOMPARSO PER 40-MINUTI-40 PER “AGGIORNARE” PUTIN ED È TORNATO RIMANGIANDOSI IL CESSATE IL FUOCO (MEJO LA TRATTATIVA PER LA PACE, COSÌ I RUSSI CONTINUANO A BOMBARDARE E AVANZARE) – QUANDO MERZ HA PROVATO A INSISTERE SULLA TREGUA, CI HA PENSATO LA TRUMPISTA DELLA GARBATELLA A “COMMENTARE” CON OCCHI SPACCANTI E ROTEANTI: MA COME SI PERMETTE ST'IMBECILLE DI CONTRADDIRE "THE GREAT DONALD"? - CILIEGINA SULLA TORTA MARCIA DELLA CASA BIANCA: È STATA PROPRIO LA TRUMPETTA, CHE SE NE FOTTE DELLE REGOLE DEMOCRATICHE, A SUGGERIRE ALL'IDIOTA IN CHIEF DI EVITARE LE DOMANDE DEI GIORNALISTI... - VIDEO

francesco milleri gaetano caltagrino christine lagarde alberto nagel mediobanca

TRA FRANCO E FRANCO(FORTE), C'E' DI MEZZO MPS - SECONDO "LA STAMPA", SULLE AMBIZIONI DI CALTAGIRONE E MILLERI DI CONTROLLARE BANCHE E ASSICURAZIONI PESA L’INCOGNITA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA - CERTO, PUR AVENDO IL 30% DI MEDIOBANCA, I DUE IMPRENDITORI NON POSSONO DECIDERE LA GOVERNANCE PERCHÉ NON HANNO REQUISITI DETTATI DALLA BCE (UNO FA OCCHIALI, L'ALTRO CEMENTO) - "LA STAMPA"  DIMENTICA, AHINOI!, LA PRESENZA DELLA BANCA SENESE, CHE I REQUISITI BCE LI HA TUTTI (E IL CEO DI MPS, LOVAGLIO, E' NELLE MANI DELLA COMPAGNIA CALTA-MELONI) - COSA SUCCEDERÀ IN CASO DI CONQUISTA DI MEDIOBANCA E DI GENERALI? LOR SIGNORI INDICHERANNO A LOVAGLIO DI NOMINARE SUBITO IL SOSTITUTO DI NAGEL (FABRIZIO PALERMO?), MENTRE TERRANNO DONNET FINO ALL'ASSEMBLEA DI GENERALI...

donald trump grandi della terra differenza mandati

FLASH! - FA MALE AMMETTERLO, MA HA VINTO DONALD TRUMP: NEL 2018, AL G7 IN CANADA, IL TYCOON FU FOTOGRAFATO SEDUTO, COME UNO SCOLARO CIUCCIO, MENTRE VENIVA REDARGUITO DALLA MAESTRINA ANGELA MERKEL E DAGLI ALTRI LEADER DEL G7. IERI, A WASHINGTON, ERA LUI A DOMINARE LA SCENA, SEDUTO COME DON VITO CORLEONE ALLA CASA BIANCA. I CAPI DI STATO E DI GOVERNO EUROPEI, ACCORSI A BACIARGLI LA PANTOFOLA PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L'UCRAINA, NON HANNO MAI OSATO CONTRADDIRLO, E GLI HANNO LECCATO VERGOGNOSAMENTE IL CULO, RIEMPIENDOLO DI LODI E SALAMELECCHI...