fonzie festa unita democratica

COMPAGNO RENZI! - PITTIBIMBO RESUSCITA LA FESTA DELL'UNITÀ PER FAR CONTENTI I COMPAGNI NOSTALGICI E I GIORNALISTI DEL QUOTIDIANO SPERANO CHE IL REUCCIO CACCI I SOLDI PER SALVARLI – IN BALLO LA FUSIONE CON IL GIORNALE "EUROPA"

1.PD: “FESTA DELL’UNITÀ, NIENTE DISPUTE”

Mauro Favale per "La Repubblica"

 

A Bologna, per evitare sorprese, avevano pure registrato il marchio: “FestUnità”, con un minuscolo simbolo del Pd alla base della “U”. «E non abbiamo mai smesso di usarlo», rivendica su Facebook Raffaele Persiano, responsabile organizzazione del partito sotto le Due Torri. A Roma, invece, di chi fosse il logo non è mai stato un problema. Nell’estate del 2008, dopo la bruciante sconfitta contro Gianni Alemanno, mentre nel resto d’Italia veniva rottamata la Festa dell’Unità, il neonato Pd della capitale continuava nel solco della tradizione. Unica concessione alla “modernità” il sottotitolo “Festa democratica”.

 

Giorgio Napolitano cameriere alla festa dell'UnitaGiorgio Napolitano cameriere alla festa dell'Unita

«Negli ultimi anni — racconta Lino Paganelli, responsabile “Feste e eventi” del Pd — l’85% degli appuntamenti estivi sul territorio ha preso la denominazione di “Feste democratiche”. Il resto, anche in Comuni importanti, ha preferito mantenere il nome di “Feste dell’Unità”. L’unica cosa certa è che erano tutte feste del Pd. Punto». Dopo le parole di Matteo Renzi, due giorni fa durante l’assemblea nazionale, Paganelli attende solo un via libera formale per decidere cosa scrivere sui manifesti.

 

Questa settimana verranno stabilite date e località della prossima festa nazionale, con Bologna che, dopo anni, torna in pole position. «È possibile che venga fatta lì — confessa Paganelli — io sono solo un mero esecutore, si vedrà a livello di segreteria. Dico solo che il brand “Festa dell’Unità” è un patrimonio di tutto il centrosinistra che si è radicato nel Paese grazie al lavoro di milioni di persone».

 

festa unitàfesta unità

Sarà compito di Lorenzo Guerini, numero due del partito, andare a discutere con Ugo Sposetti, ex tesoriere Ds e “proprietario” del logo delle Feste dell’Unità: «E ora mi vengano a chiedere il marchio», aveva detto il senatore a caldo. Per telefono, però, va al di là delle battute: «Dovete guardare la sostanza politica: si ricomincia a parlare di Enrico Berlinguer quando fino a poco tempo fa era bandito, si rifanno le Feste dell’Unità, rispunta il termine “compagno”. Non so se in modo convinto o furbesco, queste parole si usano di nuovo. Registro soltanto che, per me è una rivincita».

 

E di «rinvincita» parla anche Marco Miccoli, deputato Dem ed ex segretario del Pd romano. Nel 2008, con il partito romano, decise di mantenere il nome tradizionale: «Non ci è mai venuto in mente di cambiarlo: anzi, insistemmo per organizzarla alle Terme di Caracalla, il luogo dove si svolse la prima festa dopo la seconda guerra mondiale. A inaugurar, la, nel 1946, venne Palmiro Togliatti in persona».

 

Sposetti, invece, negli ultimi anni ha girato l’Italia a presentare libri sulla memoria delle Feste dell’Unità: «Ed erano tantissimi i compagni che si sentivano sconcertati e umiliati per il cambio di nome. Vedrete che prima o poi si tornerà a parlare anche di partito e di risorse». E la questione del marchio di vostra proprietà? «Era un dettaglio per dire che noi, al contrario di altri, non abbiamo cancellato nulla, che la battaglia che avevamo fatto era giusta e corretta. Guardi che io sono felicissimo se le feste tornano a chiamarsi “dell’Unità».

LA TRISTISSIMA LOCANDINA DELLA FESTA DELL UNITA jpegLA TRISTISSIMA LOCANDINA DELLA FESTA DELL UNITA jpeg

 

2.IL GIORNALE DI GRAMSCI ORA SPERA IN RENZI “MA NIENTE BRAND NON È UNA MOZZARELLA”

Alessandra Longo per "La Repubblica"

 

Caro segretario ti scrivo. Sulla prima pagina dell’Unità di ieri, i giornalisti si rivolgono direttamente a Matteo Renzi che, durante l’assemblea Pd di sabato, aveva riconosciuto «la sofferenza del giornale». Ventata di cauta speranza: il Rottamatore si è accorto di noi ma non per rottamarci, anzi: «Abbiamo ascoltato con grande attenzione le tue parole e ti ringraziamo... Le assumiamo come un impegno a lavorare, in tempi rapidi, al rilancio».

 

LA CONTESTATA LOCANDINA DELLA FESTA DELL UNITA DI ROMA jpegLA CONTESTATA LOCANDINA DELLA FESTA DELL UNITA DI ROMA jpeg

Se Renzi ammette che «il brand Unità» funziona, tanto da ripristinare le Feste di partito con il loro vero nome, allora avanti tutta con il «brand», la scialuppa cui aggrapparsi per non morire. Solo una dovuta precisazione al segretario: «L’ Unità è una storia novantennale, è una comunità - giornalisti e lettori - orgogliosa di sé. Molto più di un “brand”...». Si gioca sul filo dei comunicati, si interpreta ogni segnale.

 

Il giornale fondato da Gramsci è in crisi da tempo (20.200 copie vendute a maggio), i 57 giornalisti hanno appena terminato due anni di solidarietà, preso l’ultimo stipendio in aprile (non si parla di rimborsi o straordinari), non firmano per protesta da oltre un mese, soprattutto non conoscono il loro destino.

 

FESTA DELL UNITA FESTA DELL UNITA

L’unica cosa certa è la messa in liquidazione della società editrice ratificata dall’assemblea dei soci di giovedi 12. Decisione comunicata non molto elegantemente, a brutto muso. Matteo Fago, detentore del 51% della Nuova Iniziativa Editoriale Spa (gli altri soci sono Soru, Maurizio Mian, dei fondi Gunther e, in piccolissima parte, il Pd), ha detto basta: «Mi sono ritrovato a sobbarcarmi da solo responsabilità non più sostenibili e gli altri soci si sono progressivamente defilati ».

 

Una botta, sia pur nell’aria. E non è sufficiente a rassicurare quell’accenno di Fago alla possibilità di un futuro rinascimento legato «ad un serio progetto editoriale accompagnato da un preciso piano industriale e finanziario ». Chi mette i soldi? Sabato, la sorpresa Renzi: «Dobbiamo tutelare un brand, abbiamo bisogno di ripartire... ». Certo, il presidente del Consiglio dice anche che l’Unità e Europa, giornale della defunta Margherita, dovranno fondersi, che «non possiamo più permetterci due giornali diversi, due storie diverse».

 

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Ma questo è uno scenario più in là, per il momento semirimosso, l’importante, per la redazione, è che qualcosa si muova, che il numero uno del Pd si accorga della «nostra sofferenza». Francesco Bonifazi, tesoriere del partito, assicura: «Stiamo lavorando perché l’Unità non scompaia, perché rimanga vivo un pezzo di storia della sinistra. Lo faremo in un’ottica di vero risanamento e con un approccio molto professionale, senza ripetere gli errori di un tempo». Niente finanziamenti tampone, aumenti di capitale per tirare avanti. Bisogna sfruttare «il marchio» e incassare diné.

 

«Se il “brand” è il nostro cuore che batte è ok, ma l’Unità non è solo un nome, non è una mozzarella», dice Luca Landò, direttore della testata, anche lui senza stipendio. In redazione l’atmosfera è tuttavia un po’ più leggera. Circola scodinzolando Pulci, il cane adottato dal giornale. Landò mostra cosa produce il «brand».

 

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L’inserto sulle 90 prime pagine dalla fondazione ha fatto vendere 120 mila copie ed è andato esaurito in due ore. «C’è una potenzialità da valorizzare», conferma Bonifazi. Il direttore ne ha parlato con Renzi? «Mai parlato con lui. I nostri rapporti sono molto british. Binari separati ». Non più quotidiano di partito, ma solo di «riferimento» ad un’area.

 

Bianca Di Giovanni, del Cdr, ammette che «il segnale politico» c’è stato: «Incassiamo l’attenzione di Renzi ma ovviamente aspettiamo di sapere che cosa si vuol fare del giornale, vogliamo garanzie sull’organico, sulle condizioni economiche». E il matrimonio con Europa? Sinergia, tu fai carta stampata, io web, fusione... I due direttori interessati, Landò e Stefano Menichini, mettono il freno a mano, ma nessuno alza barricate preventive. Intanto, ed è un primo risultato, questa faccenda è uscita dall’oblio.

 

unita unita

Forse grazie al «brand». «La parola non mi piace - dice Moni Ovadia collaboratore a gratis dell’ Unità quel “buco vuoto”, come Musil chiamava l’anima, è pur sempre un richiamo, produce sentimenti, emozioni, tiene viva la memoria. Se l’Unità ha una chance è dentro la sua storia, sarà grazie alla sua vera anima».

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