
"RICCHI E POVERI? SE CI CHIAMIAMO COSI’ LO DOBBIAMO A FRANCO CALIFANO CHE IMPOSE A ANGELO DI TINGERSI I CAPELLI E AD ANGELA DI TAGLIARLI” - ANGELO SOTGIU, "IL BIONDO", E ANGELA BRAMBATI, LA "BRUNETTA", RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO E DELL’ADDIO DI MARINA OCCHIENA (CHE EBBE UNA RELAZIONE COL COMPAGNO DI ANGELA) – “SONO SUCCESSE COSE PRIVATE, SÌ, MA NESSUNO L’HA CACCIATA. LEI FU SOBILLATA DA UN AVVOCATO STRONZO IN CERCA DI PUBBLICITÀ PER TENTARE LA CARRIERA DI SOLISTA. E SI ISOLÒ” – I BRANI RIFIUTATI DA MORANDI, IL DOLORE PER LA MORTE DI FRANCO GATTI, GRILLO “TESTA DI CAZZO”, GINO PAOLI (“CON LUI NON ABBIAMO MAI LEGATO”), PUTIN CHE ANNUNCIO’ LA SUA PRESENZA A UN CONCERTO MA NON VENNE - “LUI HA SEMPRE PREFERITO I MATIA BAZAR” – VIDEO
Aldo Cazzullo e Tommaso Labate per il Corriere della Sera – Estratti
Separare le voci di Angela Brambati, la Brunetta, e di Angelo Sotgiu, il Biondo, è difficile anche nelle interviste. A volte parlano come cantano: all’unisono. Il pranzo durerà tre ore, la storia dei Ricchi e Poveri dura da più di 55 anni.
«La prima cosa bella», Sanremo 1970.
«Il primo grande successo dei Ricchi e Poveri, arrivammo secondi in coppia con Nicola di Bari. Ma il merito fu quasi tutto di Gianni Morandi».
Perché?
«Il brano era stato proposto a lui, che però l’aveva rifiutato. Perché, ci avrebbe raccontato con grande sincerità anni dopo, “quella canzone non mi aveva ispirato nulla”. E così, quando mancava una settimana al Festival, la nostra casa discografica, la Apollo Records di Edoardo Vianello e Franco Califano, ci mandò a Sanremo. Fu un successo clamoroso».
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Bissato, l’anno dopo, sempre a Sanremo, con «Che sarà».
«Sembra incredibile ma anche quella canzone ci arrivò perché rifiutata da Morandi, a cui era stata offerta da Franco Migliacci, autore di Che sarà con Jimmy Fontana. Gianni sosteneva che c’era già Que sera, sera, il tormentone di Doris Day; una canzone intitolata Che sarà era destinata al fallimento. Ma prima che il brano arrivasse a noi la strada fu più tortuosa».
Come andò?
«Dopo il rifiuto di Morandi, Jimmy Fontana voleva portarlo lui a Sanremo. Volò dall’altra parte del mondo per coinvolgere nell’impresa una star internazionale, José Feliciano. Al ritorno, la Rca gli disse «ok, va bene Feliciano, ma con lui al Festival andranno i Ricchi e Poveri». Eravamo diventati famosi, i discografici puntavano su di noi. Fontana provò a resistere ma la Rca lo mise con le spalle al muro: o la cantano i Ricchi e Poveri oppure la togliamo dal Festival. Andammo noi: altro secondo posto, altro grande successo. Dicemmo a Morandi: “Gianni, la prossima volta che non ti piace un pezzo, chiamaci subito”».
Chi era Angela Brambati prima dei Ricchi e Poveri?
«Sono nata a Mignanego, entroterra genovese, nell’alta val Polcevera. Ho una sorella. Papà gruista all’Italsider di Genova, mamma severissima. Eravamo poveri, non avevamo una casa nostra ma dividevamo l’appartamento in affitto con una coppia, fratello e sorella, che per me sono stati dei genitori bis».
Come si chiamavano?
«Lui lo chiamavamo tutti Ci’: il vero nome non si è mai saputo. Si era separato dalla moglie ed era andato a vivere con la sorella, e con noi: si ubriacava tutte le sere, il compito di andare a prenderlo in osteria per trascinarlo a casa spettava alla piccolina del gruppo, cioè a me; l’unica a cui non avrebbe mai detto di no. Ricordo il terrore nell’attraversare questo vialetto buio, camminando verso la luce dell’osteria, giù in fondo. Quando entravo, tra l’odore del fumo e un sacco di maschi ubriachi, mi facevano cantare una canzone. Accettando di esibirmi per loro, convincerlo a ritornare con me a casa era molto più facile. La mia famiglia e io abbiamo vissuto con Ci’ e la sorella per una decina d’anni; poi mi mancavano talmente tanto che mia mamma mi mandava da loro per trascorrere le vacanze estive».
È vero che ha fatto pure la benzinaia?
«Certo! In una pompa Shell sotto casa nostra, a Genova. Carina ero carina, infatti ci provavano in tanti, dal ragazzetto che veniva a fare il rifornimento di miscela per il motorino al camionista che faceva il pieno di gasolio. Un giorno mia mamma, che mi controllava dalla finestra, disse basta: “Da domani vai a fare la sarta”. So cucire ancora oggi».
E Angelo Sotgiu?
«Sono nato in Sardegna da mamma e papà sardi, più un fratello e una sorella. I miei si erano conosciuti alla Maddalena, dove papà era arruolato come fabbro. Fece la guerra prima in Marina, poi riparando cannoni. A sedici mesi mi diagnosticarono una difterite, non respiravo bene; mio nonno materno, che era emigrato in Liguria perché impiegato in una compagnia di navigazione, suggerì di portarmi al Gaslini e tutta la famiglia si spostò a Genova».
(...)
Come vi siete conosciuti?
Angelo: «Io, Franco Gatti e altri ragazzi, alcuni dei quali poi avrebbero fondato i Matia Bazar, avevamo un gruppo, i Jets».
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Angela: «Io andavo ad ascoltarli quando si esibivano in un locale che si chiamava Estoril, in Corso Italia, a Genova. Un giorno chiesi ad Angelo se mi facevano cantare una canzone. Mi fecero cantare. Divenne un’abitudine».
Quando vi siete fidanzati?
«Nel 1963, aiutati dal fatto che un avvocato, che faceva anche l’impresario, ci faceva fare delle canzoni per il Carosello. Al Sanremo del 1970 stavamo ancora assieme. Poi non più».
Senza strascichi?
«Uno solo. Siamo diventati come fratello e sorella, in un rapporto che dura ancora oggi».
Amicizia?
«Molto di più: protezione. Lui protegge me. E io proteggo lui».
Come nascono i Ricchi e Poveri?
Angelo: «Franco e io avevamo incontrato Angela, che a sua volta aveva portato Marina Occhiena...».
Angela: «L’avevo conosciuta da un maestro di canto, da cui i miei mi avevano portato quando, a furia di cantare senza saperlo fare per davvero, avevo perso la voce. Marina era bellissima. E bravissima. Come Ricchi e Poveri iniziammo a esibirci portando nelle spiagge il repertorio dei Mamas&Papas, di Crosby, Stills, Nash & Young...».
Il primo a notarvi?
«De André».
Fabrizio De André?
«Lui. Ci organizzò un’audizione con una casa discografica milanese. Non ci presero».
Ci rimaneste male?
«Ci rimase male di più Fabrizio. Disse “questi non capiscono un cazzo ma voi non disperate: prima o poi avrete successo”».
La svolta?
«Con Califano, quando firmammo per la Apollo Records che lui aveva fondato con Edoardo Vianello. Diventò il nostro produttore, l’uomo che decideva tutto».
Per esempio?
Angela: «Fece tingere di biondo Angelo, rese biondissima Marina e impose a me di tagliare i capelli, che portavo lunghissimi, tipo hawaiana. Lo implorai, “Franco, ti prego, i capelli no!”. “Corti!”, ordinò. Il parrucchiere che stava di fronte all’ingresso della Rai di via Teulada fece il resto. Nacque lì il mito della Brunetta».
Dall'alto a sinistra, in ordine orario: Angelo Sotgiu, Angela Brambati, Marina Occhiena e Franco Gatti
«Brunetta dei Ricchi e Poveri, ti voglio sposare!» urlava Maurizio Micheli, l’attore.
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«Ci raccontò che così si era rovinato la vita. A teatro, mentre recitava Shakespeare, nel silenzio c’era sempre qualcuno che gli gridava, facendo l’accento pugliese: “Brunetta dei Ricchi e Poveri, ti voglio sposare!».
Il nome come nasce?
«Sempre grazie a Califano. Eravamo assieme a Milano. E visto che noi non avevamo una lira, tutte le sere ci invitava a cena e pagava sempre lui. Dopo una settimana di cene offerte, dato che ci pareva male approfittare così a lungo della sua grande generosità, noi quattro inventammo la scusa che eravamo invitati da alcuni parenti e che quindi quella sera non avremmo mangiato con lui.
Ovviamente non c’era nessun parente e nessun invito a cena: semplicemente, avevamo imbottito dei panini che ci aspettavano in macchina. Franco non si bevve la storiella e, dopo averci salutati, iniziò a seguirci. Ci raggiunse mentre stavamo per addentare i panini, nascosti al buio della nostra utilitaria. E disse: “Voi siete poveri di soldi ma ricchi di spirito. Vi chiamerò Ricchi e Poveri”».
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È vero che dietro la rottura con Marina Occhiena c’erano le liti per il fatto che avesse avuto una relazione col compagno di Angela?
Angelo: «Ma no...».
Angela: «Alt, su questo intervengo io. Sono successe cose private, sì, delle quali non ho mai avuto voglia di parlare: il mondo, purtroppo, alle volte non gira come dovrebbe, sono cose che possono succedere, stop. Resta un fatto che nessuno può smentire: ho sempre voluto bene a Marina, le voglio bene ancora e non ho mai, né io né gli altri due, messo Marina alla porta dei Ricchi e Poveri».
Perché se ne andò allora?
«Noi Ricchi e Poveri ci eravamo dati due regole: la prima è che non c’era un leader e non ci sarebbe mai stato; la seconda è che nelle nostre cose di lavoro non doveva entrare nessuno al di fuori di noi quattro. Non un genitore, un marito o una moglie, un parente, qualcuno che poi facilmente ti mette in testa cose del tipo "oh, il successo del gruppo è tutto merito tuo, gli altri non servono a nulla, potresti fare tutto da solo", eccetera».
Alla Occhiena capitò questo?
Angela: «Un avvocato stronzo in cerca di pubblicità».
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Angelo: «Credo che, sobillata da questo avvocato, volesse tentare la carriera di solista. E comunque si isolò lei dal gruppo, non la cacciò nessuno. Nell’inverno del 1980 si allontanò e cominciammo a comunicare con lei solo attraverso telegrammi. La stagione dei concerti era iniziata e i contratti erano stati firmati per esibirci in quattro. Lei diceva che era malata e non poteva venire: alle volte c’erano proprietari di locali a cui andavamo bene anche in tre, e la serata si faceva; qualche altra volta i contratti vennero stracciati, perché gli organizzatori volevano tutti e quattro, e il concerto saltava. Nel frattempo ci preparavamo per andare a incidere a Monaco di Baviera Sarà perché ti amo, che avremmo presentato a febbraio al Festival di Sanremo. Le comunicammo via telegramma le date della trasferta in Germania, l’indirizzo della sala di registrazione con gli orari, le date per le prove di Sanremo. Lei rispose per telegramma: “Malattia”».
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Ma al Festival venne.
«Grazie all’intervento di un pretore, Marina ottenne di partecipare alle prove. Ma noi Sarà perché ti amo la conoscevamo, l’avevamo provata e riprovata, incisa; per lei era una canzone sconosciuta, non le bastava certo leggere il testo su un foglio per entrare dentro l’esibizione. A queste prove, mentre cantavamo in quattro, dalla galleria iniziarono a urlare “Tre! Tre! Tre”; e anche la giuria decise che lei non era in grado di salire sul palco con noi. Andò via. La rincontrammo anni dopo, per caso, in aeroporto. E ci salutammo con grande affetto».
Pensaste di sostituirla per rimanere in quattro?
Angela: «Franco era dell’avviso che dovessimo prendere un’altra al posto suo. Io risposi che se fosse arrivato qualcun altro me ne sarei andata io. I Ricchi e Poveri eravamo noi, ragazzi cresciuti insieme, che si conoscevano da una vita. Spazio per estranei, per quanto mi riguarda, non ce n’era».
Alla settima partecipazione al Festival, di cui due al secondo posto, nel 1985 la vittoria con «Se m’innamoro». Com’è stato vincere?
Angela: «Gioia assoluta. Alla prima partecipazione, dopo il secondo posto, avevo chiamato a casa tutta felice. Mia mamma, che non credeva nella carriera musicale e la considerava una perdita di tempo e denaro, mi aveva gelato al telefono. “Mamma, mamma, siamo arrivati secondi!”. E lei: “Ma che ti vag a travagia!’”, ma vai a lavorare! E aveva messo giù».
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Angelo: «Tanta malinconia. E qualche amarezza. Avevamo vinto, sì; ma non con la canzone migliore. Che sarà, La prima cosa bella, la stessa Sarà perché ti amo, con cui eravamo arrivati quinti, erano brani decisamente migliori di quello con cui siamo arrivati primi».
Chi sono i vostri amici tra i cantanti?
«Per una serie di circostanze, e anche perché la vita prende direzioni che neanche immaginiamo, non abbiamo mai avuto grandi legami di amicizia con altri colleghi. Anche quando magari, come nel caso di Lucio Dalla, incontrato a un’edizione di Sanremo al Cremlino, ci sarebbe piaciuto. Sono sempre stati amici veri Toto Cutugno e Al Bano. A parte Califano, che però era come un padre».
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A proposito di Cremlino, vista la vostra popolarità nell’Europa dell’Est e in Russia, quale leader è venuto a sentirvi?
«Medvedev, una volta. Un paio di volte era annunciata la presenza di Putin a un nostro concerto. Erano venuti i servizi di sicurezza, l’antiterrorismo, pure i cani in assetto da guerra. Poi però non si è presentato».
«Perché lui ha sempre preferito i Matia Bazar», scherza Angela.
I Ricchi e Poveri sono di destra o di sinistra?
Angela: «Io sono sempre andata dritta. Quando ho votato, l’ho fatto per la Democrazia cristiana, perché in casa mia si votava Dc».
Angelo: «La politica non mi ha mai interessato. Ho votato per la Dc anche io. Da un certo punto in poi per il Partito socialista, perché mi piaceva Craxi. Anche su questa disaffezione ha pesato tantissimo la mia storia personale. La povertà assoluta in cui vivevamo (…)
Come sono gli italiani, secondo i Ricchi e Poveri?
Angelo: «Dormienti, a volte poco affidabili, ma con un grande cuore».
Angela: «Pecoroni! Avremmo tutte le carte in regola per essere un grande Paese. Ma siamo dei pecoroni, troppo buoni anche di fronte alla politica, che quasi mai ha fatto le cose che doveva fare».
Genovesi illustri visti dai Ricchi e Poveri: Beppe Grillo.
«Ci conosciamo da quando eravamo ragazzi e non ci siamo mai persi di vista. Una gran testa di cazzo, simpatico da morire, rivoluzionario fino a un certo punto ché poi da lì in avanti era pericoloso, come tutti noi», dice Angelo.
Gino Paoli.
«Grande stima per lui ma non abbiamo mai legato, è di un’altra generazione».
Luigi Tenco.
Angelo: «Lo incontrai in un negozio di musica mentre firmava dei dischi. Mi vergognai e girai al largo, senza trovare il coraggio di parlargli. Il vero risparmio che facciamo noi genovesi è soprattutto sui sentimenti».
Dei grandi sodalizi artistici genovesi si dice che chi ne fa parte poi non si frequenta al fuori del lavoro. Vale anche per i Ricchi e Poveri?
«In parte è stato così anche per noi. L’affetto per Franco, come prima anche per Marina, è sempre stato indiscusso. La morte di Franco un dolore terribile. Ma fuori dal lavoro, che per noi era una parte importantissima, c’erano le nostre vite, le nostre famiglie, i nostri problemi, le nostre cose. Per noi due, che siamo stati anche fidanzatini e che oggi ci troviamo qui a portare ancora in giro i Ricchi e Poveri, è stato diverso: siamo l’uno la zia e lo zio dei figli dell’altro».
C’è stato un momento in cui avete pensato di chiudere per sempre con i Ricchi e Poveri?
«Mai. Nel 2016, Franco venne da noi e disse che si sarebbe ritirato; dopo la morte del figlio, di girare il mondo non gli andava più. Gli rispondemmo all’unisono “noi no, noi andiamo avanti”. E lui: “Fate bene a continuare!”».
Siete mai stati gelosi l’uno dell’altra?
Angela: «All’inizio della nostra storiella io lo ero. Ma Angelo all’epoca era troppo bello perché si fermasse a me. Quando è finita tra di noi, sono passata a fargli da consulente sentimentale, gli presentavo le ragazze. Ovviamente, non mi andava quasi mai bene nessuna».
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Angelo, guardandola: «Ma falla finita! Io forse ero bello all’epoca. Tu, bellissima, lo sei ancora oggi. A proposito: approfitto per dire che sono single e che sto cercando qualcuna di cui innamorarmi. Dicono si possa ancora fare, anche alla nostra età».
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