MOLTO RUMORE PER NULLA? - NON SARÀ UN “LEADERINO” MA MONTI NON RIESCE A SCHIODARSI DAL 12% - DA QUANDO IL PREMIER È SCESO IN CAMPO, IL TERZO POLO (OVVERO UDC, FUTURO E LIBERTÀ, VERSO LA TERZA REPUBBLICA E MONTI'S LIST VERA E PROPRIA): HA GUADAGNATO SOLO IL 3% NEI SONDAGGI - IL PRECOCE DECLINO DI GRILLO , CHE PIEPOLI FOTOGRAFA ALL'11%, TRE PUNTI IN MENO DI UN PAIO DI SETTIMANE FA E PARECCHI IN MENO RISPETTO A INIZIO AUTUNNO…

Andrea Cuomo per Il Giornale

Non sarà un «leaderino» Mario Monti, come da definizione di Silvio Berlusconi che peraltro quest'ultimo ieri ha sconfessato.
Non sarà un «leaderino» il presidente del Consiglio uscente, ma il suo impatto sulle prossime elezioni rischia di essere trascurabile. Lo suggerisce il primo sondaggio del nuovo anno, realizzato a Capodanno da Nicola Piepoli e pubblicato ieri in esclusiva da affaritaliani.it.

Secondo lo storico sondaggista il rassemblement centrista aggregatosi attorno alla figura, al nome e all'agenda di Mario Monti (ovvero Udc, Futuro e Libertà, Verso la Terza Repubblica e Monti's list vera e propria) attualmente non strapperebbe più del 12 per cento dei voti. Un dato di poco superiore al fatturato elettorale che proprio ieri Berlusconi nell'intervista su SkyTg24 accreditava al partito dei Professori: «I sondaggi danno i suoi partiti a meno del 10 per cento».

Insomma molto rumore per nulla, come scriverebbe William Shakespeare. L'effetto Monti al momento si manifesterebbe in un misero 3 per cento, quanto il sondaggio di Piepoli attribuisce al momento alla Destra di Francesco Storace: uno che ha la sua dirittura politica e morale, per carità, ma che non è stato invocato da mezza Europa come salvatore dell'Italia e dell'euro. E che non ha certo avuto la platea e la visibilità del conducator del governo dei tecnici.

Il 3 per cento? Già, più o meno è così. E siamo stati pure generosi. Siamo infatti andati a ripescarci la media dei sondaggi di metà dicembre (quando Monti doveva ancora annunciare la sua discesa in campo) pubblicata sul sito termometropolitico.it. Ebbene, in quel momento quello che allora si definiva Terzo polo nei sondaggi si ritagliava il 9,2 per cento dei voti, frutto della sommatoria del bottino elettorale virtuale delle allora tre gambe del centro: l'Udc, i finiani e i montezemoliani. Ora che sopra il guazzabuglio centrista è stato apposto il marchietto dell'ultimo inquilino di Palazzo Chigi, il risultato è soltanto di 2,8 punti percentuali superiore. Capite di cosa parliamo quando parliamo di flop?

Certo, molte cose potranno cambiare da qui al 24 febbraio. La campagna elettorale è appena all'alba e non mancheranno i colpi di scena. E poi sentiamo sibilare la solita obiezione del grillo parlante: i sondaggi, si sa, non sono Vangelo. Giusto. Però, quando sbagliano, sbagliano di virgole, al massimo di qualche punto. Quindi appare davvero difficile ipotizzare che un cartello elettorale che oggi è al 12 per cento possa fare una cura di anabolizzanti per gonfiarsi fino a quel 30-35 per cento che probabilmente garantirà la vittoria almeno alla Camera.

Insomma, sembra aver proprio ragione Silvio Berlusconi. La sfida, alla fine, sarà la solita: centrodestra contro centrosinistra. Con il secondo, sempre in base al sondaggio di Piepoli, al momento in deciso vantaggio, con un 42 per cento frutto della somma dei voti del Pd (33 per cento), di Sel (6) e delle liste minori (3).

Lo schieramento alternativo, quello del centrodestra, raccoglie al momento il 30 per cento dei voti ma è in grande rimonta e probabilmente salirà ancora: il Pdl è dato al 17 per cento, la Lega con cui da ieri l'alleanza pare più vicina al 6, la Destra di Storace come detto al 3, i Fratelli d'Italia della strana coppia Meloni-Crosetto (con il terzo incomodo La Russa) al 2 così come Intesa Popolare di Trieste e Catone.

Colpisce il precoce declino del Movimento Cinque Stelle, che Piepoli fotografa all'11 per cento, tre punti in meno di un paio di settimane fa e parecchi in meno rispetto a inizio autunno. Consensi che sembrano essersi spostati nella nuova lista capeggiata dal magistrato palermitano Antonio Ingroia, che con altre briciole di sinistra estrema ottiene il 5 per cento. Anche per lui il rischio è l'irrilevanza.

 

 

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