SE OBAMA SPIA, GEORGE BUSH SPARAVA - IL “WASHINGTON POST” FA LO SCOOP RIVELANDO COME GLI AMERICANI S’ATTIVARONO PER UCCIDERE I LEADER DELLE FARC IN COLOMBIA

Massimo Vincenzi per ‘La Repubblica'

È il primo settembre del 2007, in Colombia sono le 4 e 30 del mattino, Tomas Medina Caracas, detto Negro Acacio, boss del narcotraffico e uno dei capi delle Farc, il gruppo marxista antigovernativo, sta dormendo nel suo campo-rifugio nell'est del paese. Le sentinelle non sentono nemmeno il rumore della bomba che viene sganciata da un aereo dell'esercito: per identificare il corpo del comandante si dovrà ricorrere agli esami del Dna.

Poche settimane dopo Gustavo Rueda Diaz, in arte Martin Caballero, sta parlando al telefonino quando viene fatto saltare in aria con lo stesso metodo. Sono i primi due obiettivi del programma segreto messo in piedi dalla Cia per aiutare Bogotà nella sua guerra contro i ribelli delle Farc: dopo di loro almeno un'altra ventina di elementi verranno uccisi grazie alla consulenza e alla competenza dell'intelligence americana.

La cooperazione viene da lontano: è il 2000, alla Casa Bianca c'è George W. Bush che - non ancora alle prese con l'11 settembre - è preoccupato di quel che sta accadendo "nel giardino di casa sua".

La Colombia è a rischio collasso, 3mila omicidi in un anno, persone sparite, un mix letale di ribelli, forze dell'ordine e politici corrotti, narcotrafficanti, gruppi paramilitari fuori controllo: da qui la decisione di intervenire. Il Congresso approva un piano di 9 miliardi di aiuti militari chiamato Plan Colombia, ma l'azione ufficiale viene ben presto affiancata da una missione segreta tutt'ora in corso e rifinanziata anche sotto la presidenza Obama.

A convincere Bush della necessità di raddoppiare l'intervento è il rapimento di tre ostaggi americani che cadono nelle mani delle Farc nel febbraio del 2003: il presidente chiama George Tenet allora capo della Cia e gli dà il via libera: «Ci sono piovuti soldi da tutte le parti: potevamo fare quello che volevamo», dice un ex agente dei servizi al Washington Post che, con uno scoop, ora rivela la storia.

Nell'ambasciata di Bogotà viene creato un bunker di controllo: computer, mappe satellitari, strumenti ad alta tecnologia per le intercettazioni grazie all'aiuto della Nsa, l'Agenzia per la sicurezza nazionale al centro delle ultime polemiche sullo spionaggio. Gli americani non
vengono direttamente coinvolti ma forniscono addestramento, armi, tecniche di interrogatorio.

Soprattutto la Cia fornisce un'arma segreta che si rivela decisiva: un kit Gps con cui trasformare una normale bomba in un'arma intelligente in grado di individuare e colpire ogni tipo di obiettivo, quella dei bliz contro Negro Acacio e Martin Caballero. Per i guerriglieri è un colpo da ko e negli ultimi anni infatti il loro potere di fuoco è praticamente annullato.

E quando qualcuno all'interno dell'Amministrazione solleva dubbi di legittimità sulle operazioni viene respinto con i precedenti della lotta ai cartelli del Messico e poi con le operazioni contro Al Qaeda: «Le Farc sono una minaccia per la sicurezza del Paese e dunque siamo autorizzati all'uso della forza», è il ragionamento.

Così, anche se con minor intensità, rispetto ai quasi cinquemila uomini che erano sul campo nel 2003 (spiegamento di forze superato solo da Kabul), il programma continua, per la gioia dei militari colombiani, come spiega ancora un alto ufficiale al
Washington Post: «Abbiamo imparato tanto dalla Cia, noi prima tralasciavamo molti dettagli e non eravamo equipaggiati come ora».

 

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