E SE INIZIASSERO A SPIARE OBAMA? LO SPIONE ABBRONZATO, PER SALVARE LA FACCIA, SCARICA IL CAPO DELLA NSA CHE LA PRENDE MOLTO MALE E I MILITARI SI INCAZZANO

Maurizio Molinari per LaStampa.it

Il pensionamento volontario del direttore della National Security Agency (Nsa) è il primo passo di una riforma dell'intelligence elettronica a cui Barack Obama lavora nel più stretto riserbo, per rassicurare gli alleati e il pubblico americano intimoriti dalle massicce violazioni della privacy svelate da Edward Snowden.

Durante la conversazione di giovedì notte con il presidente francese François Hollande, Obama ha ripetuto quanto già espresso alla tedesca Angela Merkel e alla brasiliana Dilma Roussef: «Gli Stati Uniti hanno iniziato a rivedere il modo in cui raccolgono intelligence al fine di bilanciare i legittimi timori di sicurezza dei nostri cittadini e degli alleati con le preoccupazioni sulla privacy condivisi da tutti».

Parigi, Berlino e Brasilia sono le capitali alleate più irritate per essere state oggetto di milioni di intercettazioni elettroniche da parte della Nsa e la risposta della Casa Bianca è nel far sapere che la riforma di tale sistema è iniziata e porterà a una correzione di rotta. È una maniera per chiedere tempo al fine di correggere gli eccessi del più segreto apparato di intelligence nell'arsenale americano.

A giudicare dalle reazioni registrate, Parigi e Berlino sembrano più inclini a dare fiducia a Obama rispetto a Brasilia, i cui inviati diplomatici hanno espresso alla Casa Bianca «insoddisfazione per i tempi lunghi di una riforma che continua a tardare» portando Roussef ad annullare la visita a Washington.

Proprio la necessità di mandare un segnale concreto sui cambiamenti avviati spiega la scelta del generale Keith Alexander di far sapere con largo anticipo che in marzo lascerà l'incarico assieme al vice John Inglis. Il portavoce della Casa Bianca si è limitato a commentare l'annuncio del pensionamento volontario rendendo omaggio allo «straordinario lavoro» svolto da Alexander ma la genesi di tale decisione è rovente perché cela l'irritazione del generale nei confronti della Casa Bianca per la mancata protezione della Nsa dalle polemiche innescate dalle rivelazioni di Snowden.

Nominato direttore della Nsa nel 2005 e alla guida del nuovo «Cyber Command» del Pentagono dal 2010, Alexander è il generale che ha voluto, progettato e realizzato il maggiore potenziamento della Nsa dalla fondazione nel 1952 arrivando a gestire dal quartier generale di Fort Meade, in Maryland, un'armata elettronica poderosa con due mansioni: difendere l'America da attacchi cibernetici e dare caccia all'estero a ogni possibile nemico.

Avendo edificato il maggiore apparato di guerra elettronica esistente sulla Terra - vantando successi dall'Iran alla Cina - Alexander si aspettava maggiore «protezione» da parte di Obama che invece, iniziando a parlare agli alleati della riforma in arrivo, lo ha di fatto criticato.

A svelare il clima di pressione attorno ad Alexander, considerato finora il più inamovibile e potente dei generali, vi sono i veleni che circolano a Washington su di lui. Dall'accusa di essere «solo intenzionato ad avere sempre più fondi dal Congresso» come afferma l'ex analista William Binney, al sospetto di «essere andato ben oltre la sua missione nello spionaggio ai danni degli americani», secondo l'ex manager Nsa Thomas Drake finito sotto indagine per fuga di notizie.

È stato il magazine «Foreign Policy» a rivelare che «Alexander e i suoi vice si sono detti molto irritati per la mancanza di tutela ricevuta dalla Casa Bianca» pochi giorni prima dell'annuncio del pensionamento volontario dei vertici. Le scelte-chiave che Obama deve compiere entro marzo sono due.

Primo: decidere se il successore di Alexander sarà un militare o, per la prima volta nella storia della Nsa, un civile. Secondo: scegliere fra il mantenimento dell'attuale mastodontica Nsa oppure la sua divisione fra «Signals Intelligence Directorate» e «Information Assurance Directorate» ovvero spionaggio elettronico all'estero e difesa del territorio. È sulla base delle risposte a tali interrogativi che Obama ridisegnerà lo spionaggio elettronico.

 

OBAMA SPIA FREAKING NEWS OBAMA SPIA CASA BIANCASPECIALE LUGLIO I PERSONAGGI PI RAPPRESENTATIVI DEGLI USA EDWARD SNOWDEN he NSAs intelligence article A D DC x

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…