“CASSA” DI RISONANZA - SE RENZI E GUERRA VOGLIONO METTERE MANO ALLA CDP DEVONO SCENDERE A PATTI CON GUZZETTI, GRAN CAPO DELLE FONDAZIONI AZIONISTE CON IL 18,4% DELLA CASSA DEPOSITI: “NON DEVE DIVENTARE UN NUOVO IRI” (NIENTE INGRESSO IN TELECOM?)

Nicola Saldutti per il “Corriere della Sera”

 

GIOVANNI BAZOLI E GIUSEPPE GUZZETTIGIOVANNI BAZOLI E GIUSEPPE GUZZETTI

Una cosa è certa, quel patrimonio che si aggira sui 42 miliardi di euro, in una fase di grande incertezza per la spesa pubblica, fa gola a molti. In Parlamento, e fuori. «Un patrimonio costruito in questi anni che, con il Protocollo appena firmato con il ministero dell’Economia, è stato messo in sicurezza. Al servizio dei territori, e delle comunità locali soprattutto», spiega Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Associazione che riunisce le Fondazioni nate dalla privatizzazione delle ex Casse di risparmio (Acri).

 

Ma il tema di questi giorni è la Cassa depositi e prestiti, di cui le fondazioni sono azioniste con il 18,4%...

«Il governo ha manifestato l’intenzione di cambiare i vertici. Vediamo quali saranno le valutazioni da fare. Una cosa è certa: la Cdp non dovrà in alcun modo diventare un nuovo Iri. Nell’interesse della Cassa, dei conti pubblici e del Paese. Come azionisti eserciteremo in tutte le sedi il nostro ruolo di proposta e di controllo» .

 

Si parla di un’accelerazione nelle reti, a cominciare dalle tlc, da Telecom

GIUSEPPE MUSSARI GIUSEPPE GUZZETTI resize GIUSEPPE MUSSARI GIUSEPPE GUZZETTI resize

«Si tratta di vedere carte, documenti, progetti, idee. E di valutare non solo l’interesse del Paese, ma anche e soprattutto la sostenibilità economica. Perché i conti della Cdp devono restare in ordine e in equilibrio» .

 

In passato si è parlato della Cassa per i salvataggi...

«Io dico questo. Questi interventi in aziende decotte non sono consentiti dallo Statuto» .

 

ROMANO PRODI GIUSEPPE GUZZETTI ROMANO PRODI GIUSEPPE GUZZETTI

Certo. Ma anche voi dovrete fare un passo indietro nelle banche, entro tre anni la quota dovrà calare?

«Non potrà superare un terzo dell’attivo e per le banche quotate la dismissione delle quote eccedenti dovrà avvenire in tre anni. Per quelle non quotate la discesa, anche con un collocamento su un azionariato diffuso, dovrà avvenire nell’arco di cinque anni» .

 

È tutto risolto, allora?

«Credo che sia stato fatto un buon lavoro. Le Fondazioni cederanno sul mercato le azioni ma, soprattutto, finalmente si è chiarito che quello che è accaduto a Siena e a Genova riguardava pochissimi soggetti, due fondazioni con tutte le loro vicissitudini. Il resto del sistema è sano e in questo momento i progetti, che vanno dal welfare all’housing sociale, svolgono un ruolo decisivo nel sociale per il Paese. Semmai è arrivato il momento di andare avanti sulla collaborazione tra pubblico, privato e privato-sociale» .

GIUSEPPE GUZZETTI E LINDA DI BARTOLOMEOGIUSEPPE GUZZETTI E LINDA DI BARTOLOMEO

 

Ma i soldi pubblici sono sempre meno…

«In realtà i soldi ci sarebbero nel bilancio dello Stato — c’è chi dice che ci sono 57 miliardi chi 67 — ma vengono spesi male, bisogna ripartire dal territorio. Stiamo sperimentando nuove forme di collaborazione con il terzo settore, il volontariato, i Comuni, le Regioni, perché quella della coesione sociale è diventata un’emergenza della quale tutti a Roma devono farsi carico. Noi siamo pronti a fare la nostra parte» .

 

Voi restate però sempre un soggetto ibrido, un po’ privati, un po’ pubblici, un po’ banchieri, un po’ filantropi…

«Siamo soggetti privati che svolgono attività per le comunità. Il patrimonio delle Fondazioni ha l’unico scopo di garantire mediante il suo rendimento le risorse per le erogazioni che vanno dal welfare alla cultura, alla ricerca, all’ambiente. In questi anni abbiamo svolto anche un ruolo di supplenza. Ma forse è arrivato il momento di fare uno sforzo comune» .

 

Uno sforzo di che tipo?

cassa   depositi  prestiti cassa depositi prestiti

«Penso a un patto nelle comunità per far crescere di più nel sociale l’Italia come Paese, bisogna ricuperare le fasce più deboli della popolazione. Senza la coesione sociale come si fa ad avere un Paese in cui le persone possono vivere bene? Ci sono milioni di famiglie povere, bambini che nel 2015 in Italia patiscono la fame, che non vanno a scuola. Con il venire meno delle risorse pubbliche anche l’attenzione verso gli anziani è più complicata».

 

Lei che cosa propone?

«Stiamo iniziando a sperimentare un welfare di comunità, vicino e legato al territorio. Nuove forme di assistenza geriatrica, per esempio, come emerge da ricerche che ci spiegano come sia possibile assistere molto meglio le persone anziane e spendere molto meno. Ormai le rette delle case di cura sono di molto superiori alle pensioni di cui gli anziani dispongono; le famiglie non sono più in grado di pagare queste rette. E’ un cantiere che va aperto» .

 

Ma come si fa a mettere intorno a un tavolo Stato, volontariato, Comuni, Fondazioni?

andrea guerra matteo renzi leopoldaandrea guerra matteo renzi leopolda

«Si può fare. Al posto del welfare centralizzato, statale, bisogna immaginare un welfare più diffuso. E perché no, ragionare con tutte le imprese che realizzano il welfare aziendale. I Comuni si mettono già assieme per dare servizi sociali. Questa è la strada, per evitare sprechi e sovrapposizioni. Poi ci sono i cittadini, vanno coinvolti nel welfare di comunità. Gli italiani sono molto generosi, pensi alle donazioni per lo tsunami o il terremoto ad Haiti, o a L’Aquila. Un’energia che bisogna convogliare; bisogna che i cittadini siano coinvolti nel definire come si soddisfano questi bisogni sociali e, soprattutto, possano verificarne i risultati» .

Giovanni Gorno Tempini Giovanni Gorno Tempini

Un tavolo con chi?

«Soggetti pubblici, volontariato, Fondazioni, cittadini, e perché no, le imprese. Ora è tutto un po’ disordinato» .

 

Un modello potrebbe essere quello dell’housing sociale?

«Siamo partiti undici anni fa. Nessuno ci credeva, dopo il progetto di Crema si è attuato un fondo nazionale alimentato dalla Cdp, dalle banche, dai fondi pensione dei professionisti e le Fondazioni finanziano i fondi locali» .

franco bassaninifranco bassanini

 

Un buon progetto della Cassa depositi…

«In questi anni sono state fatte cose molto importanti da Bassanini e Gorno Tempini, dall’housing sociale alle iniziative a sostegno dell’economia e delle esportazioni. Scelte che non hanno mai messo in discussione gli equilibri di bilancio. Le Fondazioni sono interessate a una Cassa depositi e prestiti che prosegua la strada intrapresa anche sulla nostra spinta ma che non sia un nuovo Iri e con i conti in ordine» .

 

E adesso?

«La priorità è far crescere il Paese» .

 

Come azionisti delle banche avete sostenuto gli aumenti di capitale...

«Penso che sia stato decisivo. Ora che il limite di un terzo dell’attivo è stato fissato, tutto è più chiaro. L’investimento in derivati è vietato e c’è il divieto dell’indebitamento. Lo ripeto, erano comportamenti limitati di alcune Fondazioni, ma con il Tesoro, dopo la nostra Carta delle Fondazioni, abbiamo deciso di imboccare questa strada»

CLAUDIO COSTAMAGNA jpegCLAUDIO COSTAMAGNA jpeg

 

Una cessione di sovranità…

«Non direi. Abbiamo tutti interesse a una buona amministrazione» .

 

Per la coesione un’emergenza è la disoccupazione?

«Con il 40% di disoccupazione giovanile come si può pensare che l’Italia abbia un futuro? Non pensiamo certo di risolverla noi. Ma qualcosa possiamo fare, dare anche un contributo per sperimentare forme di “nuova” occupazione. Un esempio: abbiamo fatto un bando per le cooperative culturali. Siamo partiti in sette, siamo ormai quasi 20 Fondazioni, a livello nazionale, che gestiscono questo tipo di offerta di lavoro per gli under 35; il primo triennio è stato un successo, siamo partiti per un secondo triennio. C’è l’esperienza molto positiva della Fondazione con il Sud: 20 milioni di euro all’anno per dieci anni messi a disposizione dalle nostre Fondazioni. Anche lì, sull’occupazione risultati interessanti» .

 

Fabio Gallia di BnlFabio Gallia di Bnl

Una nuova emergenza, l’infanzia abbandonata...

«In base a dati Eurostat, nel 2014 i minori non accompagnati sbarcati sulle coste italiane sono stati 7.831 (+54% rispetto al 2013). Nei primi 2 mesi del 2015, dei 7.883 migranti che hanno attraversato il Mediterraneo, 1 su 10 ha meno di 18 anni; di questi, 521 hanno affrontato il viaggio completamente soli. Occuparsi di questo è una priorità per ogni Paese civile».

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