LA REGINA DEGLI “INVISIBILI” - IL SERBATOIO DI VOTI CHE HA LANCIATO MARINE LE PEN È NELLA FASCIA DEGLI OPERAI E DEI CONTADINI, COLPITA A MORTE DALLA GLOBALIZZAZIONE - QUELLA FRANCIA DISORIENTATA E APARTITICA, DELUSA DA SARKOZY, INDECISA FINO ALL'ULTIMO SE DARE IL VOTO DI PROTESTA AL “FRONT DE GAUCHE” DI ESTREMA SINISTRA O AL “FRONT NATIONAL” - IL CAPOLAVORO DELLA FURBISSIMA MARINE È STATO RENDERE MENO BRUTTO, SPORCO E CATTIVO IL VOTO A DESTRA…

Luca Telese per il "Fatto quotidiano"

La battuta che rende l'idea, in queste convulse giornate francesi arroventate dalla nuova avanzata del suo Front National, Marine Le Pen l'ha coniata per sottrarsi a una domanda che poteva suonare imbarazzante: "Suo padre in questa campagna si è visto molto poco. L'ha fatto sparire lei?". La figlia del fondatore, la dama della protesta francese antisistema, ha fatto una pausa che sembrava dissimulare il disagio. E poi ha sfoderato, proprio in quel momento la sua arma migliore. Il sorriso sornione: "Perché, vi manca Jean Marie?".

Regolarmente, il Front National risorge dalle proprie ceneri e riesce a interpretare alle urne un movimento sotterraneo e inconfessabile della società francese. Un voto furtivo che si nega agli studiosi degli exit poll. Ieri Marine Le Pen ha sfoderato di nuovo quello stesso sorriso appena scesa dalla macchina davanti alla nuova sede del partito in rue de Swisses, dove noi cronisti l'aspettavamo, assieme alla folla delle grandi occasioni.

Sede di periferia, anzi in un comune appena fuori Parigi, Nanterre, subito dopo la Defense. Una via di casette basse, con tetti spioventi, in cui spicca il complesso di cubi blu modernisti che sembrano basi aliene precipitate dallo spazio. appena scesa dall'auto Marine sorride ai giornalisti. "Vuole diventare la leader della destra?", le chiediamo. E lei: "E perché mai della destra? La leader dell'opposizione, semmai".

I giornali, con l'eccezione di Le Figaro (che le dedica una pagina) vivono con molto disagio il successo di questo nuovo volto populista: articoli succinti, e antipatizzanti. Eppure, malgrado l'embargo, ieri i conteggi definitivi hanno certificato che la Le Pen è arrivata a 6 milioni e 400 mila voti. La percentuale più alta e il numero di voti più alto, dalla fondazione del partito nel 1972 a oggi. Fa impressione sovrapporre le due istantanee di quel punto di partenza e di questo punto di arrivo.

Da un lato Jean Marie, il leader nero con la benda sull'occhio e la nomea di ex torturatore della guerra d'Algeria, sotto un fondale nero la sagoma della fiamma ottenuta "in regalo" da Giorgio Almirante. Dall'altro la dama bionda in un campo, sotto il nuovo simbolo stilizzato sino a sembrare un ideogramma, che cita lo slogan di Cohen-Bendit per commentare il risultato elettorale ("Ce n'est qu'un debut/continuion le combat") e sceglie come colore elettivo il più rassicurante blue marine.

Tutti inseguono i voti del Front pensando che siano decisivi per il ballottaggio. Ma sentendo parlare Marine era chiaro che lei sta già puntando a un altro bersaglio, le elezioni politiche , con un unico obiettivo: rientrare in Parlamento e rompere l'isolamento e la cortina sanitaria intorno al suo partito.

La buona notizia per Hollande è questa: per poter contare di più nelle desistenze imposte dal sistema a due turni la Le Pen ha bisogno che Sarkozy perda. Solo così può aprire una trattativa. Ieri, con il solito sorriso diceva: "Non voteremo né per il primo né per il secondo. Sarkozy e Hollande sono gli uomini della finanza e delle banche". Il portavoce della Le Pen, nonché capo della campagna è un ragazzo di 29 anni.

Si chiama Florian Philippot, ha studiato all'Ena, la scuola d'Amministrazione da cui viene tutto il gotha della politica francese, ha iniziato simpatizzando per un socialista di sinistra, Jean Pierre Chevenement, e poi ha seguito Marine, dopo un folgorante incontro in una tv privata. È il prototipo antropologico della nuova dirigenza "Mariniste" del Front, lontana mille anni dalla radice neofascista.

Se gli chiedi quale sia stata la chiave segreta della sua campagna risponde: "Siamo andati a cercare gli invisibili". La cartina di questa Francia dove le regioni con più voti sono coloranti di gradazioni progressivamente più scure, me la mostra il tesoriere, Jean Marie Dubois. Il blu marino diventa quasi nero nelle circoscrizioni meridionali al confine con i Pirenei, al Nord, nella "cresta" del Paese, nelle Ardenne, dove in certi comuni il Front arriva al 40%.

La Le Pen ha sfondato anche al confine con la Germania, in Bas-Rhin e Haute Rhin. A Parigi, per dire, la Le Pen precipita - si fa per dire - al 10%. "La Francia degli invisibili - spiega Marc Semo, firma di Libération con un passato da corrispondente in Italia - esiste davvero.

È stata indecisa fino all'ultimo fra il Front de Gauche e il Front National. Poi ha scelto la destra per la paura e perché le spara più grosse. È una Francia che sta sparendo: rurale, contadina, spaventata, colpita a morte dalla globalizzazione. È quello il vero voto della Le Pen. Ed è una Francia che vota lei, avendo in mente il padre". Era una Francia che aveva creduto a Sarkozy e ora gli volta le spalle.

Una delle parole chiavi della campagna di Marine è stata "De-diabolization". Che si potrebbe tradurre (male) con "sdemonizzazione", l'equivalente dello "sdoganamento" degli ex missini italiani. L'operazione della Le Pen è stato attingere all'esperienza dei Paesi Bassi, dove un leader anti-immigrati come Pyn Fortuyn aveva inventato (prima di essere assassinato) un fondamento "liberale", più rispettabile alle sue idee xenofobe.

A Marine Le Pen questa trasposizione è riuscita benissimo: "Combattiamo l'integralismo islamico per difendere le sue prime vittime, cioè le donne". E magari persino gli omosessuali, con gran sofferenza della vecchia guardia lepenista rappresentata da Bruno Gollnisch, ex braccio destro del padre.

Un sociologo francese, Sylvain Crepon, riassume con un brillante ossimoro: "La Le Pen è riuscita a democratizzare la xenofobia". È riuscita, cioè, a rendere meno brutto, sporco e cattivo il voto a destra. Cohen-Bendit è d'accordo solo in parte: "Era un referendum anti-Sarko. È riuscita a rendere il voto al Front un voto anti-Sarkozy".

Semo è più scettico: "Lei è solo una facciata. Il Paese reale resta a Jean Marie". Qualunque sia la verità il gioco di prestigio riesce. Ecco perché le parole diventano importantissime. Ecco perché anche ieri Marine era attentissima a scegliere i vocaboli: "Io rappresento i patrioti di destra e quelli di sinistra". Mai il padre avrebbe potuto fare altrettanto. Nell'Europa spaventata dalla crisi, la ricetta che ha conquistato gli invisibili fan potrebbe presto diventare merce da esportazione.

 

marine le pen marine le pen Marine Le Pen marine lepen giorgio almirante manifesto MSI DNdaniel cohn benditSTRETTA DI MANO TRA SARKOZY E HOLLANDE

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