LA SERRA-VALLE DEI PECCATORI DELLA SINISTRA: GAVIO PER UNIPOL (E QUANDO VERRA’ SCOPERCHIATA MPS NE VEDREMO DELLE BELLE)

Gianni Barbacetto e Alberto Crepaldi per il "Fatto quotidiano"

Il nome di Massimo D'Alema entra nello strano affare Serravalle. C'è un finanziamento del gruppo Gavio ai Ds, nel 2005: proprio nell'anno in cui il più autorevole esponente del partito di D'Alema a Milano, Filippo Penati, fa realizzare al costruttore di Tortona una plusvalenza da brivido, acquistandogli un corposo pacchetto di azioni Serravalle.

Sono 15.500 euro versati ai Democratici di sinistra e regolarmente protocollati il 24 maggio 2005: un piccolo contributo arrivato da una poco conosciuta società che si chiama Sea, Segnaletica stradale spa, che fa però parte della galassia del gruppo allora guidato da Marcellino Gavio e dal suo braccio destro Bruno Binasco.

Negli anni seguenti, altri finanziamenti arrivano alla fondazione ItalianiEuropei di Massimo D'Alema: 20 mila euro entrano nell'aprile 2010 nelle casse della fondazione, erogati dalla Argo Finanziaria, di cui Binasco è amministratore delegato. A far entrare il nome di D'Alema nella vicenda Serravalle è Renato Sarno, l'architetto considerato dai pm di Monza il collettore delle tangenti per Penati.

Finito in carcere per le corruzioni del cosiddetto "Sistema Sesto" e interrogato dai pubblici ministeri Franca Macchia e Walter Mapelli il 4 febbraio scorso, secondo quanto ha rivelato ieri il Corriere della sera, a proposito dell'acquisto delle azioni Serravalle, Sarno dichiara: "Le esatte parole di Penati furono: ‘Io ho dovuto comprare le azioni di Gavio. Non pensavo di spendere una cifra così alta, ma non potevo sottrarmi perché l'operazione mi venne imposta dai vertici del partito, nella persona di Massimo D'Alema'".

La vicenda prende avvio nel giugno 2004, quando Penati, ex sindaco di Sesto San Giovanni, viene eletto presidente della Provincia di Milano, che ha in portafoglio un bel pacchetto di azioni della Serravalle, società che controlla l'autostrada Milano-Genova.

Il neopresidente incontra subito Gavio. A propiziare il contatto tra i due è un dirigente dei Ds che si chiama Pier Luigi Bersani. Il 30 giugno 2004, solo tre giorni dopo che Penati è diventato presidente della Provincia, il brogliaccio di un'intercettazione ci fa sapere che "Bersani dice a Gavio che ha parlato con Penati... Dice a Gavio di cercarlo per incontrarsi in modo riservato: ora fermiamo tutto e vedrà che tra una decina di giorni, quando vi vedrete, troverete un modo...".

Il 5 luglio, Penati chiama Gavio: "Buon giorno, mi ha dato il suo numero l'onorevole Bersani...". Gavio: "Sì, volevo fare due chiacchiere con lei quando era possibile". Penati: "Guardi, non so... Beviamo un caffè". Il caffè viene bevuto, "In modo riservato", come suggerito da Bersani, in un albergo di Roma. Non sappiamo che cosa si siano detti a quattr'occhi Penati e Gavio. Sappiamo però che nel luglio 2005 la Provincia di Milano compra la Serravalle. A caro prezzo.

Penati spende 238 milioni di euro, pagando 8,93 euro ad azione. Solo 18 mesi prima, Gavio le aveva pagate 2,9 euro. L'operazione sembra avere oltretutto scarsa logica industriale, poiché la Provincia aveva già il controllo della Serravalle, in alleanza con il Comune di Milano allora guidato dal sindaco Gabriele Albertini. Per Gavio è un colpaccio: vendendo il 15 per cento, realizza una plusvalenza di ben 176 milioni di euro.

E pensare che in un'intercettazione si era detto disposto a vendere a 4 euro ad azione: invece un anno dopo incassa più del doppio. L'allora sindaco Albertini reagisce con durezza: afferma che Penati ha fatto un inspiegabile regalo a Gavio. Senza contraccambio? Albertini butta lì una coincidenza : dopo l'operazione Serravalle, Gavio si schiera a fianco del "furbetto rosso", il presidente dell'Unipol Giovanni Consorte, e gli dà una mano nella scalata in corso alla Bnl. Compra infatti lo 0,5 per cento della banca, impegnando 50 milioni di euro.

I pm di Milano e poi di Monza hanno indagato a lungo sulla compravendita della azioni Serravalle. Senza riuscire a raccogliere altro che chiacchiere non provate su favolose tangenti pagate da Gavio a Penati "a Montecarlo o a Dubai". Ora a quelle chiacchiere si aggiungono le parole di Sarno, che offrono una spiegazione "politica" dell'operazione e coinvolgono D'Alema.

Penati, che ha invece sempre sostenuto di aver fatto un buon affare "salvaguardando l'interesse pubblico", non si è presentato ai pm che lo avevano convocato per chiedergli conto delle parole dell'architetto. Ora però le smentisce alla stampa.

Dell'ipotetico "contraccambio" a Penati e al suo partito resta solo, nero su bianco, qualche aiutino, tra il 2005 e il 2010, ai Ds e alla fondazione di D'Alema, oggi tra i papabili per il Quirinale, che reagisce annunciando querele. Intanto Matteo Mauri, fedelissimo di Penati e suo ex assessore, è stato premiato: candidato dal Pd, è stato eletto deputato e da ieri è il nuovo tesoriere del gruppo alla Camera.

 

MASSIMO DALEMA PIERLUIGI BERSANI BERSANI E DALEMA SBIRCIATINA ALLUNITA BRUNO BINASCO BRACCIO DESTRO DI GAVIO PIERLUIGI BERSANI MASSIMO DALEMA GRUPPO GAVIOpenati bersani arch. Renato SarnoFILIPPO PENATIGABRIELE ALBERTINI MATTEO MAURI PENATI BERSANI E MATTEO MAURI

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