IL MIO REGNO PER UN SONDAGGIO – IL PREMIER SPACCONE PERDE QUALCHE PUNTO MA È DI GRAN LUNGA IL LEADER PIÙ POPOLARE CON IL 54% DEI CONSENSI – BOOM DI MATTEO SALVINI CHE BALZA AL SECONDO POSTO CON IL 28% E METTE IN RIGA BERLUSCONI, CHE SI FERMA AL 24%, TALLONATO DA ALFANO CON IL 22%
Nando Pagnoncelli per “Il Corriere della Sera”
La politica contemporanea è caratterizzata dalla forte personalizzazione e dall’accresciuta importanza dei leader e dei media. È la democrazia del pubblico, com’è stata definita con un’efficace espressione dal politologo francese Bernard Manin.
In Italia c’è un termine che da almeno tre anni risuona sempre più spesso in ambito politico e non solo: disintermediazione. Si tratta della crescente tendenza a mettere in discussione le diverse forme di rappresentanza, dai partiti ai sindacati, ma lambisce anche le realtà associative e, in generale, i cosiddetti corpi intermedi della società. È un processo a due vie.
Infatti si esprime «dal basso», come conseguenza del rapporto sempre più critico dei cittadini nei confronti della politica, ma anche «dall’alto» e la complessa dialettica del premier Renzi con i sindacati rappresenta un esempio eloquente in tal senso. Ne consegue che i leader politici stabiliscono con i cittadini relazioni immediate, cioè non mediate. Comunicano direttamente con loro, si mettono in gioco in prima persona per acquisire consenso ma, nel contempo, sono più esposti al rischio dell’impopolarità e spesso fungono da parafulmine. Non sorprende, quindi, che sempre più frequentemente i sondaggi misurino la fiducia nei confronti dei leader per verificare la sintonia con i cittadini e il consenso del proprio operato.
san silvio berlusconi con renzi
Il sondaggio odierno prende in considerazione i leader dei sei principali partiti e movimenti politici. La graduatoria che ne risulta vede nettamente al primo posto Matteo Renzi, sostenuto dalla fiducia del 54% degli italiani. Si tratta di un valore molto elevato, sebbene in calo rispetto a quanto registrato all’indomani del successo alle elezioni europee, e rappresenta quasi il doppio del livello ottenuto dal secondo classificato, Matteo Salvini (28%). A seguire si colloca Silvio Berlusconi (24%), tallonato da Angelino Alfano (22%), quindi Beppe Grillo (19%) e Nichi Vendola (15%).
Com’era lecito attendersi ciascun leader risulta molto apprezzato dal proprio elettorato ma lo è molto meno tra gli elettori dei partiti avversari, con l’eccezione di Renzi che gode della fiducia del 74% degli elettori centristi (alleati di governo), del 49% di quelli di Forza Italia (a seguito del dialogo sulle riforme) e del 25% dei grillini (molto sensibili al cambiamento e alla rottamazione).
La relativa trasversalità di Renzi rappresenta un’eccezione nel panorama politico italiano, che negli ultimi 20 anni è stato caratterizzato da elettori-tifosi, poco inclini a esprimere fiducia e apprezzamento per i leader degli avversari. È un atteggiamento tutt’ora diffuso, come si può osservare analizzando i dati del sondaggio: nella quasi totalità dei casi i leader considerati risultano invisi a oltre due elettori avversari su tre, con punte che superano l’80% e raggiungono persino il 90%.
Matteo Salvini e Guido POdesta LA PADANIA NON è ITALIA
Il caso di Angelino Alfano è emblematico: si conferma più popolare tra gli elettori del Pd (30%) rispetto a quelli di Forza Italia (25%), in entrambi i casi a seguito dell’uscita dal Pdl e la nascita di Ncd, giudicata dai primi come una coraggiosa scelta di un alleato fedele ai governi di larghe intese (Letta e Renzi) e dai secondi come un vero e proprio tradimento.
Ogni leader ha un proprio bacino sociale di riferimento: Renzi ottiene una fiducia più elevata rispetto alla media tra i ceti più popolari, le persone meno giovani e meno istruite, i pensionati, i residenti nei piccoli Comuni e i cattolici praticanti.
Lo stesso profilo, sia pure con valori differenti, si registra tra i fan di Berlusconi e Alfano, mentre risulta molto diverso quello dei simpatizzanti di Grillo, Salvini e Vendola: i sostenitori del leader del Movimento 5 Stelle sono prevalentemente maschi, di età compresa tra 35 e 54 anni, molto istruiti, appartenenti ai ceti medi impiegatizi; quelli di Salvini, oltre a essere ovviamente più concentrati nelle regioni settentrionali, sono più concentrati tra 45 e 64 anni e tra i cattolici praticanti (assidui e saltuari) mentre non hanno particolare caratterizzazioni in termini di istruzione e condizione occupazionale.
Da ultimo, i fan di Vendola sono più giovani (da 18 a 34 anni), più istruiti (laureati e diplomati, come i sostenitori di Grillo), più concentrati nelle regioni meridionali e con una quota di studenti e di disoccupati maggiore rispetto alla media.
Tutte queste differenze aiutano a comprendere la diversa agenda e il diverso stile comunicativo dei leader politici, sempre più consapevoli che la fiducia rappresenta un’importante apertura di credito nei loro confronti ma non è certamente una cambiale in bianco priva di scadenza.