L’EURO È FALLITO (“VE L’AVEVO DETTO”) - ROMITI SUONA LA CAMPANA A MORTO: “NON PUÒ ESISTERE UNA MONETA UNICA SE ALLE SPALLE NON HA UNO STATO FORTE CHE LA DIFENDA. DA QUESTA CRISI SI PUÒ USCIRE SOLO SE GLI STATI CEDONO QUOTE DI SOVRANITÀ NAZIONALE. C'È DA CHIEDERSI SE LA GERMANIA SARÀ DISPOSTA FARLO” – L’ANTROPOLOGA IDA MAGLI: “ERA SBAGLIATO IL PROGETTO DI UNIFICAZIONE EUROPEA: L’ IDEA DI MESCOLARE I FRANCESI, I TEDESCHI, GLI ITALIANI E TUTTI GLI ALTRI È FOLLE. SIAMO TROPPO DIVERSI”…

1 - ROMITI: "NON PUÃ’ ESISTERE UNA MONETA UNICA SENZA UNO STATO FORTE CHE LA PROTEGGA"
Paolo Conti per ll "Corriere della Sera"

«Mi sembrava illusorio, quasi poetico il presupposto dal quale nacque l'euro: facciamo prima la moneta unica e vedrete che la sua forza trascinerà tutto, sia l'economia che l'unione politica... Purtroppo, e sottolineo purtroppo, ho avuto ragione». Cesare Romiti, presidente onorario di Rcs Mediagroup, ai tempi degli accordi di Maastricht, manifestò tutte le sue perplessità. E furono in molti a ironizzare su una posizione che, per lungo tempo, apparve molto isolata

Lei dice, presidente Romiti, che quell'euro come base di partenza per il progetto di un'Europa Unita le sembrò qualcosa di poetico e di illusorio. Come può esserlo una moneta?
«Può esserlo proprio perché i fautori di quell'operazione erano sicuri che, idealmente, la moneta-simbolo avrebbe comportato tutto il resto. Ma nella storia dell'umanità non è mai accaduto nulla di simile. Sempre il contrario. Cioè le monete uniche sono state le conseguenze di un'unità politica»

Cosa mancava, in quella costruzione monetaria, dal suo punto di vista?
«Partivo da una banale considerazione. Non può esistere una moneta unica se alle spalle non ha uno Stato forte che la difenda. Solo così la moneta potrà difendere quello Stato. Sono due realtà inscindibili: non c'è Stato forte senza moneta forte e viceversa...In poche e semplici parole: occorreva avviare un meccanismo diametralmente opposto. Prima consolidare l'Europa, "farla" materialmente. Essere insomma sicuri che ci fosse una vera Unione. E poi, alla fine, come obiettivo conclusivo, l'approdo alla moneta unica»

Qual è il limite dell'attuale Europa?
«Molto semplice. l'Europa di oggi è un'aggregazione di singoli Stati. Sopra di loro ci sono solo alcune commissioni, prive di un potere reale ed efficace»

E allora come se ne esce»?
«Se ne esce con la realizzazione di un'Europa politicamente unita. Con un governo centrale dotato di strumenti adeguati ed indicato da vere elezioni politiche a suffragio universale. Ma questo progetto richiede un sacrificio da parte di tutti gli Stati. Ovvero la cessione di quote di autonomia. Di sovranità nazionale. Solo così lo squilibrio potrebbe essere corretto. In fondo, in Italia c'è uno Stato centrale, esistono le regioni, i comuni, gli altri enti locali. Ciascuno ha il proprio ambito. Lo stesso dovrebbe avvenire tra l'Europa e i singoli Stati nazionali membri. Naturalmente c'è da chiedersi se, per esempio, un colosso come la Germania sarà disposto a rinunciare a una fetta della sua autonomia. E lo stesso mi chiedo della Francia....Forse qualcuno è stato più lungimirante di tutti gli altri»

A chi si riferisce?
«Per esempio alla Gran Bretagna, che ha mantenuto la propria moneta. Il Regno Unito fa parte dell'Europa ma non ha adottato la sua moneta. Noi, tutti gli altri, ci siamo infilati in una gabbia dalla quale non è più possibile uscire»

Quali fette di sovranità nazionale dovrebbero cedere gli Stati all'Europa?
«Penso alla politica estera. Alla politica fiscale. A leggi e norme uguali per tutti. Un po' come avviene negli Usa»

Lei ha citato la scelta della Gran Bretagna con il suo mantenimento della sterlina. Le sembra verosimile la fine dell'euro e il ritorno alle monete nazionali?
«Io che ho avuto tante perplessità, dico che la fine dell'euro sarebbe una tragedia, una iattura continentale e mondiale. Molto più logico affrontare i sacrifici che ho detto. C'è chi pensa a un doppio euro. Ma anche quella mi sembra una soluzione complicatissima. Molto meglio, più realistico e anche più logico costruire questa benedetta Europa...»


2 - VE L'AVEVO DETTO: L'EURO È FALLITO
Ida Magli per "Il Giornale"

La crisi dell'euro non è sanabile. Nessuno vi può riuscire, che sia o non sia un esperto banchiere o persona di fiducia del mondo intero. Non vi può riuscire neanche bruciando nel crogiolo dell'euro tutti i beni che gli italiani e gli altri popoli d'Europa possiedono. Si sente dire in questi giorni che alcune grandi banche americane stanno preparandosi al crollo della moneta unica: non è possibile che i capi dei governi europei, responsabili della vita e dei beni di centinaia di milioni di persone, si rifiutino di ammettere questa possibilità preparando una qualche via di fuga, un'estrema uscita d'emergenza.

È un loro preciso dovere predisporre un ordinato ritorno alla moneta nazionale in caso di necessità, invece di aspettare il caos del crollo globale. Gli strumenti a disposizione non mancano. Faccio un solo esempio: la lira non è ancora andata fuori corso. Si può cominciare ad emettere una parte dei titoli di Stato in lire esclusivamente per il mercato italiano e a far circolare la doppia moneta, così come si è fatto nel primo periodo del passaggio all'euro. Sappiamo bene quanto siano capaci di creatività i tecnici della finanza: la mettano all'opera.

L'importante, tuttavia, è che si riconosca il fallimento del progetto di unificazione europea e della moneta unica. Soltanto se ci si convince che l'euro è debole perché è privo della forza degli Stati che lo dovrebbero garantire, si capirà che nessuna terapia lo può guarire. La forza degli Stati non è costituita dal nome dei governanti, ma dai loro popoli, dalla loro storia, lingua, arte, religione, civiltà. Perfino il mercato, idolo dei banchieri, si è indebolito in Europa perché, con l'unificazione, si è trovato ridotto al minimo comune denominatore. È una delle prime cose che ci hanno insegnato a scuola: non si possono sommare le mele con le pere.

È proprio quello che hanno voluto fare i progettisti dell'Unione: francesi più tedeschi più spagnoli più italiani ecc..., tutti mele o tutti pere, come se la ricchezza dei popoli d'Europa non consistesse soprattutto nella loro straordinaria diversità creativa. Tragica ignoranza o spaventosa presunzione del potere? Sarà la storia a rispondere a questa domanda. La crisi dell'euro è dovuta quindi, a parte i numerosi motivi specificamente tecnici del mercato e della finanza, al fatto che era sbagliato il progetto di unificazione europea entro il quale l'euro doveva vivere.

Unificare i popoli, però, è un'operazione antropologica. Per questo è stato evidente fin dal primo momento ad una persona come me che fa di professione l'antropologo, vederne tutti gli errori e rendersi conto che l'euro, frutto principale dell'unificazione, sarebbe fallito. Ne avevo previsto il crollo, infatti, fin da prima che entrasse in circolazione, ossia nel 1997, quando ho pubblicato per l'editore Rizzoli il libro «Contro l'Europa».

Gli anni sono passati, ho scritto decine di articoli (molti pubblicati anche sul Giornale) sempre ripetendo che la costruzione europea era sbagliata e che le conseguenze negative, per l'Italia in particolar modo, sarebbero state gravissime, ma sono stata purtroppo costretta ad assistere nell'impotenza al sicuro disastro.

Nell'estate dell'anno scorso Rizzoli mi ha chiesto di scrivere un secondo libro sull'Europa. A novembre è uscito «La Dittatura europea» dove si trovano descritti passo per passo, tutti gli avvenimenti cui stiamo assistendo. Soltanto un nome è diverso: prevedendo che un banchiere sarebbe diventato capo del governo, facevo il nome di Draghi. Allora Draghi non era ancora stato nominato alla Bce, ma si tratta di personaggi interscambiabili. Qualche giorno dopo avrei fatto sicuramente il nome di Monti.

Non sta bene dire «Ve lo avevo detto?». È compito specifico dello scienziato fare delle previsioni il più possibile vicine alla realtà e per un antropologo era facilissimo capire che si stavano compiendo macroscopici errori. Se adesso lo metto in rilievo è nella speranza che finalmente qualcuno lo creda e corra ai ripari. Siamo ancora in tempo a salvare l'Italia e la civiltà europea.

 

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