SOTTO-MARINO QUASI AFFONDATO - MENTRE IL SINDACO CHIEDE SOLDI, IN PROCURA INDAGANO SULLE NOMINE INTERNE NELLA GIUNTA CAPITOLINA - NON BASTAVA IL CAOS DELLE NOMINE NELLA UTILITY ACEA, CHE MARINO VUOLE AZZERARE NONOSTANTE CONTI RECORD

1. MARINO CHIEDE SOLDI MA SFORNA NOMINE
Franco Bechis per "Libero"

Due inchieste, una della procura generale della Corte dei Conti della Regione Lazio, l'altra della procura della Repubblica di Roma, stanno creando grandi tensioni e preoccupazioni all'interno della giunta capitolina presieduta da Ignazio Marino.

Entrambe le inchieste riguardano uno dei dossier su cui la nuova amministrazione romana avrebbe voluto più differenziarsi dalla precedente: quello delle nomine interne. Il sindaco ostenta sicurezza, e fa notare che entrambe le inchieste nascono da esposti-denuncia di avversari politici.

Questo è vero, perché a firmare querele ed esposti sono stati alcuni esponenti di Fratelli di Italia, fra cui la consigliera comunale ed ex assessore Sveva Belviso e il capogruppo capitolino Fabrizio Ghera.

Ma le due inchieste sono in corso, e non sembra che i fascicoli restino aperti solo come atto dovuto. ESPOSTI-DENUNCIA Al centro ci sono due diversi dossier. Il primo è quello delle nomine di staff di alcuni dirigenti esterni, chiamati nonostante la grave situazione finanziaria del comune di Roma fra luglio ed agosto del 2013 ad assistere sia il sindaco Marino che alcuni suoi assessori.

Erano cinque le delibere sotto indagine,ma sono diventate quattro perché uno dei dirigenti assunti ha già fatto le valigie per conto suo: si tratta di Andrea Bianchi,che aveva millantato nel curriculum un titolo di studio universitario che in realtà non avevamai conseguito.

Le quattro nomine che ora sono sotto il giudizio sia della Corte dei Conti che della Procura della Repubblica sono quelle di Maurizio Pucci, Leslie Francesco Capone, Luca Lo Bianco e Juri Stara.

Tutti nuovi dirigenti assunti con contratto a tempo determinato e compensi di diversa entità, in un momento però in cui Marino faceva già il giro delle sette chiese delle istituzioni con il cappello in mano per ottenere dal governo precedente guidato da Enrico Letta il contestatissimo decreto legge salva-Roma che Matteo Renzi poi avrebbe mal digerito.

Per tutti e quattro (e anche per l'assunzione di Bianchi) l'amministrazione di Roma si è inventata mirabolanti condizioni di necessità e urgenza, e competenze così specifiche da non potere essere trovate all'interno del pure folto corpaccione comunale.

Decine e decine di pagine di delibere della giunta per alzare un po' di nebbia su un'operazione che semplice mente non doveva essere deliberata in quelle condizioni finanziarie.

Maurizio Pucci è stato nominato direttore della «promozione, pianificazione strategica e coordinamento attuativo di progetti speciali, per lo sviluppo e la valorizzazione della città di Roma e delle sue risorse» con uno stipendio di 115 mila euro lordi all'anno e una durata dell'incarico legata al mandato del sindaco.

Una direzione che evidentemente è tutto e nulla e che Marino ha giustificato con un diluvio di parole, sottolineando «la rilevanza degli obiettivi programmatici volti alla valorizzazione della identità e della vocazione della Città di Roma, universalmente riconosciuta,

quale presupposto per lo sviluppo culturale, economico e sociale» e affermando in delibera che «per il coordinamento attuativo di tali obiettivi programmatici è necessario pre porre una figura ad elevata specializzazione professionale, sia in funzione della pianficazione strategica sia ai fini del raccordo e controllo dell'attuazione dei predetti progetti speciali ed eventi».

Pucci aveva girato parecchie stanze del potere a Roma durante gli anni delle giuntedi centrosinistra ed era anche stato amministratore di Musica per Roma.
COMPITI VAGHI Leslie Francesco Capone invece è andato a fare anche lui il dirigente di coordinamento e controllo degli «obiettivi programmatici » con l'assessore per Roma Produttiva, Marta Leonori per qualcosa in più di 100 mila euro lordi l'anno.

Più o meno stesso fumosissimo incarico dirigenziale per Luca Lo Bianco, che affianca l'Assessore alla Trasformazione urbana Giovanni Caudo anche qui per poco più di 100 mila euro lordi l'anno.

E la sorte benigna ha beneficiato infine l'altro dirigente nel mirino delle due denunce: Juri Stara, che quell'identico stipendio è andato a prendere affiancando l'assessore alla Qualità della Vita, Sport e Benessere, Luca Pancalli.

Il secondo dossier sotto inchiesta di magistrati contabili e penali riguarda invece l'istituzione a fine dicembre scorso di un nuovo ufficio, quello noto come la macrostruttura comunale (e formalmente battezzato "Ufficio temporaneo di scopo sull'adeguamento della disciplina regolamentare e contrattuale decentrata dell'ente alla riforma della organizzazione e del lavoro pubblici").

Qui è difficile da comprendere la creazione di nuove strutture in un momento così delicato per le casse del comune di Roma, ma è contestata anche la scelta di chi è stato chiamato a guidare la struttura: un dirigente esterno come Giuseppe Canossi, fortemente voluto da Marino e che per altro aveva già avuto incarichi a tempo con il precedente sindaco Gianni Alemanno (senza peraltro brillare particolarmente, ed è un'altra delle fragilità di quella nomina).

Se la Corte dei Conti riterrà ingiustificata la nominopoli di Marino (assai più vasta: furono 75 le nuove immissioni nell'estate scorsa), il sindaco della capitale rischia una procedura per danno erariale con la conseguente richiesta di risarcimento danni.


2. ACEA, CONTI RECORD PER LA GESTIONE GALLO - IL NUMERO UNO: «MARGINALITÀ AUMENTATA IN TUTTE LE AREE DI BUSINESS»
Celestina Dominelli per "Il Sole 24 Ore"

Dopo giornate di incertezza a Piazza Affari, con il titolo che, in apertura di settimana, aveva perso fino al 4,16%, nel pieno della bagarre politica sul rinnovo del cda voluto dal sindaco di Roma, Ignazio Marino, la trimestrale di Acea presentata ieri, l'ultima firmata dall'attuale ad Paolo Gallo, destinato a lasciare anzitempo, riporta il gruppo sopra quota 10 euro con un rialzo del 2,8 per cento. A conferma di un mercato che continua ad apprezzare la cura Gallo costruita su un mix di efficienza operativa e contenimento dei costi: Ebitda a 166 milioni (+5,7% rispetto allo stesso periodo del 2013), Ebit a 99,9 milioni, in rialzo dell'11,9%, mentre l'utile netto cresce del 20,9% per attestarsi a 44,5 milioni.

Soffrono soltanto i ricavi che segnano un calo del 5,2%, a 780 milioni di euro, ma è lo scotto che il gruppo paga, come tutti i player del settore, alla contrazione dei consumi di energia. «La domanda di energia è in calo - spiega al Sole 24 Ore il numero uno Gallo - e questo ha impattato sui nostri ricavi che si sono ridotti, ma la marginalità di tutte le aree di business è aumentata».

L'ad si sofferma, in particolare, sul contributo arrivato proprio dalla divisione energia, il cui Ebitda è aumentato del 10,3%, a 24,6 milioni, grazie all'ottimizzazione del portafoglio clienti «verso coloro - chiarisce ancora Gallo - che ci portano un contributo maggiore. Stiamo poi lavorando a una campagna sulla parte gas che ha raddoppiato l'acquisizione dei clienti sul mercato libero rispetto al nostro standard: 25mila in più in questo trimestre a fronte dei 10mila passati. I risultati sono dunque il frutto di una serie di sforzi, mentre sull'idrico (+11% per l'Ebitda, a 67,8 milioni, ndr) abbiamo beneficiato dell'iscrizione di maggiori ricavi a seguito del nuovo metodo tariffario varato dall'Autorià per l'energia».

Ma anche dall'ambiente (Ebitda a 14,2 milioni, +26,8%), «soprattutto per la spinta assicurata dall'impianto di termovalorizzazione di Terni, entrato in funzione un anno fa e che ora viaggia pieni giri», chiarisce ancora Gallo, e dalle reti (+6,3% per l'Ebitda, 62,2 milioni), arrivano segnali positivi. E l'ad non si mostra poi preoccupato dal leggero incremento della posizione finanziaria netta, a 2,32 miliardi, che si riduce di 81,4 milioni rispetto a un anno fa, ma cresce di 75,3 milioni su dicembre 2013. «Tradizionalmente il primo trimestre dell'anno - prosegue l'ad - è il peggiore in assoluto per i pagamenti, ma non ci saranno problemi».

Anche perché l'azienda può contare su un costo medio del debito del 3,42% e su una maturity dell'esposizione che, per l'85%, rinvia a dopo il 2016.
Poi c'è il nodo dell'avvicendamento. In conference call gli analisti si mostrano increduli per l'affondo del Comune e chiedono se l'ultimo business plan - che, peraltro, aveva raccolto il gradimento del sindaco - sarà messo in discussione dai futuri vertici. «È il frutto di un lavoro di 8 mesi - replica Gallo -, è stato condiviso da tutti i livelli dell'azienda, è un piano forte, non vedo perché il prossimo cda non debba farlo suo».

E oggi Marino ufficializzerà la sua cinquina per il nuovo board dopo aver raccolto ieri il via libera con riserva della commissione Bilancio del Campidoglio (che esprime un parere obbligatorio ma non vincolante). Il Pd romano è in rivolta, giudica le scelte «non adeguate» e auspica in futuro una modifica dei membri, ma il sindaco è intenzionato a tirare dritto.

 

 

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