storace

"FRANCE’, DICCI QUALCOSA DI DESTRA". E LUI: "A FROCIII!" - QUELLA BATTUTA NON LA RICORDO, SE L’HO DETTA, E’ STATA UNA IDIOZIA” –FRANCESCO STORACE CONFESSIONS:“ HO RISCHIATO LA VITA IN 2 CIRCOSTANZE. UNA VOLTA MI HANNO SPARATO DA DUE METRI, MANCATO PER MIRACOLO. UN’ALTRA MI HANNO INCENDIATO CASA”, 
LA ROTTURA CON FINI, DI CUI ERA FIDATISSIMO PORTAVOCE. "MA FU UNA ROTTURA POLITICA, NON PERSONALE...”

 

Tommaso Labate per corriere.it/sette

 

 

storace

A proposito dei giri immensi che può fare un’amicizia svanita, prima di ritornare. «Poco più di dieci anni fa, mia figlia torna a casa e mi fa: “Papà, domani a scuola viene in visita il presidente della Camera”. “Ah sì? Allora ci vengo anche io”, le rispondo. Con Gianfranco Fini, all’epoca presidente della Camera, avevamo rotto da anni e non ci incrociavamo più. La mattina dopo, esco presto e vado in perlustrazione davanti scuola di mia figlia. Inizio a chiedere in giro:

 

“Da quale ingresso entra Fini?”. Mi indicano una porta laterale, la raggiungo e mi piazzo là ad aspettare. Fermo, immobile e senza fretta, tanto era la cosa più importante che dovevo fare quel giorno. A un certo punto lo vedo arrivare, seguito dalla scorta. Mi passa di fianco, mi vede e mi dice: “E tu che ci stai a fare qua?”. Risposta mia: “Il disoccupato organizzato”. Dopo quel mezzo secondo di incontro, sarebbero passati altri anni senza nemmeno un contatto. Fino a quando nel 2013, entrambi usciti malissimo dalle elezioni politiche, non abbiamo ricominciato a telefonarci ogni tanto».

fini storace

 

Due settimane fa, ha destato parecchio scalpore la foto di Gianfranco Fini e Francesco Storace insieme. Un sodalizio, umano e politico, che per quasi trent’anni era sembrato indissolubile: il capo e portavoce, il messaggio fatto persona e il suo messaggero, quasi una cosa sola.

 

Poi i due hanno rotto, com’era capitato a Stanlio e Ollio o a Franco e Ciccio.

E ora hanno rifatto pace.

 

Storace, oggi restituito al giornalismo (vicedirettore de il Tempo), ha abbandonato la politica. E ripercorre in questa intervista i dettagli di una storia che in fondo è la storia della destra post-fascista italiana; che a un certo punto, insieme a Berlusconi, arriva al governo del Paese.

 

Il racconto, dal punto di vista dell’ex presidente della Regione Lazio, parte da molto lontano. Nel 1978 c’è la strage di Acca Larentia. Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta uccisi da mano ignota. Stefano Recchioni morto negli scontri con le forze dell’ordine qualche ora dopo. «Era il 7 gennaio del 1978. Quella era la mia zona. Ad Acca Larentia, quel giorno, non c’ero per puro caso».

gasparri fini storace

L’uscita a pranzo con Fini che ha sancito il ritorno della pace dopo le liti

Quante volte ha rischiato la vita?

«Una volta mi hanno sparato da due metri, mancato per miracolo. Un’altra mi hanno incendiato casa».

Prego?

«Suonano al citofono del palazzo in cui vivevo con la mia famiglia, fingendo che fossi io e facendosi aprire da un vicino. “Oh, so’ Francesco, ho scordato le chiavi”, il vicino ci casca e apre il portone. Salgono e cospargono di benzina l’ingresso del mio appartamento. In casa c’erano mia mamma e mio fratello. Pensi che mia mamma, per salvare mio fratello dalle fiamme, arrivò a un passo dal lanciarlo dal balcone. Arrivarono i pompieri prima che succedesse il peggio».

Lei dov’era?

«Con Michele Marchio, dall’altra parte della città».

Marchio era il capo del Movimento sociale a Roma. L’avrebbe portata al Secolo d’Italia a fare il giornalista.

«Lì c’erano tutti. Fini, Urso, Gasparri, Teodoro Buontempo capocronista. Vado alla cronaca di Roma: amavo e amo il mestiere di giornalista».

L’alleanza con Berlusconi e la vittoria del ’94 vi proiettano al governo del Paese. Lei, capo della destra in commissione di Vigilanza Rai, diventa il temutissimo «Epurator».

MELONI STORACE

«Senta questa. Un giorno mi squilla il telefono. È uno dei più celebri corrispondenti della Rai dagli Stati Uniti, non le faccio il nome solo perché è morto da anni. Mi dice che dobbiamo incontrarci. Gli dico “va bene, appena viene in ferie in Italia organizziamo”. Macché, “subito”, insiste lui. Prende un aereo e si fionda a Roma. Ci vediamo alla sede di Alleanza nazionale in via della Scrofa; un posto dove uno del genere, prima che arrivassimo al governo, non sarebbe entrato neanche sotto tortura. Parliamo di uno talmente noto che uno della nostra Vigilanza stava per chiedergli un autografo».

Che cosa succede?

«Entra nella mia stanza e inizia a dirmi che finalmente con noi al potere si poteva sentire libero, che in Rai era stato penalizzato e ostacolato per anni. Avevo capito dove quel signore voleva andare a parare e mi ero preparato per tempo».

francesco storace cesare romiti 1

 

Dove voleva andare a parare?

«A un certo punto, con fare liberatorio, tira fuori dal taschino una foto in bianco e nero e, nel porgermela, mi dice orgoglioso: “Guardi qua. Questo era mio nonno in camicia nera nel giorno della marcia su Roma”…».

La adulava.

«Mostro uno sguardo inferocito, apro il cassetto della scrivania in cui avevo nascosto un libro con delle foto di partigiani e gli dico: “Questo era mio nonno. Un partigiano! Se ne vada! Esca subito dalla mia stanza!”».

 

Ovviamente lei non ha mai avuto un nonno partigiano.

«Era la mia guerra personale a quelli che ci consideravano degli interlocutori solo perché eravamo diventati potenti. Infatti poi quel signore non l’ho visto più».

Quanto era leale a Fini?

«Tutte le volte che Berlusconi mi telefonava direttamente, tutte, io avvertivo il capo del mio partito, che era Fini».

 

Gli altri suoi colleghi facevano lo stesso?

FRANCESCO STORACE CON LA MASCHERINA

«Ci sono stati molti nostri dirigenti e parlamentari che hanno abbandonato Fini per Berlusconi. Logica vuole che non tutti fossero così leali come il sottoscritto. Pensi che io, a Berlusconi, non ho mai chiesto il numero del cellulare. Il capo del partito era Fini, quindi il mio destino lo decideva sempre lui».

 

Ci faccia un esempio di lealtà.

«Dopo la sconfitta per il bis alla Regione Lazio, 2005, mi squilla il telefono. Era Berlusconi. Mi invita a casa sua a Palazzo Grazioli, “dai Francesco, ceniamo assieme e guardiamo la partita del Milan”. Fini era negli Stati Uniti ma io lo chiamo per dirgli “oh, mi ha cercato Silvio, che faccio?”.

 

Dopo cena, lui, Gianni Letta e Paolo Bonaiuti iniziano a guardare ‘sta partita del Milan di cui a me non fregava nulla. Mi metto a scrollare il cellulare e vedo le agenzie di stampa con indiscrezioni che mi danno ministro. Faccio finta di niente fino a quando, a partita finita, Berlusconi non me lo chiede direttamente. “Francesco, abbiamo bisogno di te nel governo”. Gli rispondo: “Sì, ma devi parlarne con Fini”. Esco a notte fonda a Palazzo Grazioli e, sfruttando il fuso orario, telefono a Fini per dirgli della proposta che avevo ricevuto».

 

Dove vuole arrivare?

storace

«Gli altri big di An, volendomi mettere in cattiva luce con l’obiettivo di farmi fuori, sapevano la storia del ministero ma non immaginavano che ero stato così puntiglioso e corretto da avvertire Fini minuto per minuto. E fanno scrivere ai giornali che mi ero venduto a Berlusconi approfittando del fatto che Gianfranco fosse in America. Lui, che aveva prova provata del contrario, se li mangiò vivi. La rottura tra me e Fini fu solo per motivi politici, mai personali».

Il frasario dello Storace di quegli anni è micidiale.

«Non sono mai stato un orco cattivo. Anzi».

Un gruppetto di persone: «France’, dicci qualcosa di destra». E lei: «A frociii!».

«Me l’attribuì il giornalista Guido Quaranta, che non mi amava. Io, sinceramente, non ho mai ricordato dove posso averla detta».

 

Ma potrebbe averla detta.

«Se l’ho detta, è stata col fare di uno che scherzava pronunciando un’idiozia».

Oggi la direbbe?

«No. Neanche per scherzo. Ciascuno ha diritto di essere chi vuole e di vivere come gli pare. E non vedo perché qualcuno, me compreso, debba andare a rompergli le scatole con frasi idiote».

 

francesco storace foto di bacco (1)

Oggi spopola Giorgia Meloni ma lei fu…

«Esatto. Fui il primo a immaginare che la Destra italiana dovesse essere guidata da una donna».

La leader de La Destra, la forza politica che fondò dopo il divorzio da Fini, era Daniela Santanchè.

«Ma prima ancora avevo sostenuto anche molte campagne elettorali di Roberta Angelilli».

Le manca la politica?

«No. Faccio il giornalista. E non sa quanto mi piace, quanto mi è sempre piaciuto. Franco Bechis, oggi mio direttore a il Tempo, una volta mi disse: “France’, da un cecio tiri fuori una notizia”. Io, di fronte a una notizia, godo».

 

francesco storace foto di bacco (2)francesco storace clemente mastella foto di baccomeloni storaceFINI STORACE ALEMANNOstoraceALEMANNO STORACEALEMANNO STORACE GIORGETTIFINI STORACEstoraceSTORACE BERLUSCONIfrancesco storace foto di bacco (3)

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO