STRAPPA & BINDI – SULL’ANTIMAFIA LARGHE INTESE IN PEZZI - ALFANO: PATTI VIOLATI – LETTA CONTRARIATO PER LA MOSSA DEL PD - RENZI GODE

Francesco Verderami per "Il Corriere della Sera"

«Il Pd ha esagerato», gli ha detto Alfano. E Letta non ha potuto dargli torto, mostrandosi contrariato mentre ascoltava le critiche del vice premier sull'«ingovernabilità» del suo Pd, che sulla presidenza dell'Antimafia «non è stato ai patti».

Certo, sulle intese di maggioranza nessun partito può permettersi di scagliare la prima pietra, ma non c'è dubbio che questo patto sia stato violato, se è vero che Epifani - giovedì scorso - aveva affrontato la questione con il segretario del Pdl, garantendo l'intesa su una soluzione di compromesso che avrebbe dovuto portare alla guida della commissione un esponente di Scelta civica. Ma quando l'altra sera la Bindi - sbattendo i pugni - ha reclamato il seggio e ha chiesto a Epifani di stare ai patti concordati ai tempi del battesimo delle larghe intese, il compromesso prima ha vacillato poi è saltato.

Che non si tratti (solo) di un problema di poltrone è evidente al presidente del Consiglio, rammaricato di non esser riuscito a evitare questo ulteriore elemento di fibrillazione, che in un solo colpo lo indebolisce nel suo partito, indebolisce Alfano e l'area dialogante del Pdl, e finisce per alimentare l'instabilità a tutto vantaggio di chi - come Renzi - confida ancora di sfruttare la finestra elettorale di marzo. Magari con il contributo del neopicconatore Monti, apprezzato ieri pubblicamente dal sindaco di Firenze per aver «impedito a Berlusconi di conquistare il Quirinale». Una frase che non è sfuggita a Palazzo Chigi...

Sul «caso Bindi», insomma, l'analisi accomuna il premier e il suo vice, in grado finora di tenere in piedi il governo con una capacità che neanche le leggi della fisica riuscirebbero a spiegare. Eppure in piedi l'esecutivo sta, sebbene la terza via di Letta e Alfano si stia trasformando in un viottolo, diventato ancor più accidentato. Perché, per usare una metafora del capogruppo pdl Brunetta, «un pugile può andare al tappeto con un colpo solo o per effetto di una serie di colpi.

La rottura del patto sulla commissione Antimafia rischia di essere il colpo di una serie». La governabilità invocata dal Colle si scontra con l'ingovernabilità dei partiti di maggioranza, in preda a convulsioni interne che dal Pd al Pdl sono arrivate a Scelta civica, dove ieri si è dimessa anche la vicepresidente Maria Paola Merloni, «a disagio» per le polemiche innescate da Monti.

Non si salva nessuno. E questo complica la vita a Letta e rende difficile la vita ad Alfano. Il primo intuisce che il patto con Renzi è scritto sulla sabbia, che il rottamatore vuol metterlo alle strette e giocare al rilancio elettorale dopo aver vinto le primarie del Pd, per non finire intrappolato nella ragnatela delle correnti e logorato nella gestione del partito.

Il secondo deve a sua volta fronteggiare le reciproche provocazioni che alimentano il conflitto nel Pdl tra «innovatori» e «lealisti», ai quali il «caso Bindi» ha fornito un formidabile assist. Perché non basta, non può bastare, l'idea di delegittimare la neopresidente dell'Antimafia, decidendo di disertare i lavori della Commissione. Il primo a saperlo è Alfano.

Il nodo è politico, provoca - come sostiene Brunetta - una «insopportabile asimmetria» tra le sorti della pasionaria del Pd e le sorti della pasionaria del Pdl, Santanchè, vittima di un veto dei Democratici che le ha sbarrato la strada alla vicepresidenza della Camera: «Prendo atto - ha commentato la "pitonessa" - che questo è un governo monocolore. E che sta bene a tutti».

Il «tutti» è Alfano, su cui si concentrano gli attacchi degli avversari interni. Con lo sguardo (un po') distaccato di chi siede a Strasburgo e l'antico eloquio democristiano, Mastella osserva i pidiellini e li dipinge con un solo colpo di pennello: «Non so se si scinderanno, di sicuro non stanno già più insieme».

A tenerli uniti dovrebbe essere Berlusconi, se non fosse che il suo quotidiano esercizio ecumenico è funzionale all'appuntamento decisivo della decadenza. Nonostante i «lealisti» premano perché convochi subito l'ufficio di presidenza del Pdl - in modo da arrivare alla resa dei conti con gli «innovatori» - il Cavaliere temporeggerà, continuerà il balletto delle riunioni separate e non assumerà decisioni sul partito prima del voto del Senato: qualsiasi scelta potrebbe innescare reazioni nel suo gruppo parlamentare e danneggiarlo nel segreto dell'urna...

Alfano sta in mezzo al guado, sa che il pressing dei falchi perché sia Palazzo Chigi a sciogliere il nodo della decadenza di Berlusconi non è un modo per risolvere il problema ma solo per far saltare il banco. Così per un verso tiene il punto sul governo, per un altro tiene stretto il rapporto con il Cavaliere in un gioco psicologico e politico dove legame personale e ragioni di Stato si intrecciano. È una dinamica che nessuno per ora è riuscito a scalfire. Ed è vero, per esempio, che l'ex premier si è irritato per la «lettera dei 24» - scritta a difesa dell'esecutivo - ma è vero anche che la mossa è servita a fargli abbassare i toni, perché la faccenda non può essere gestita come una monelleria di ragazzini.

È così, contravvenendo alle leggi della fisica, che il governo è ancora in piedi. E per allargare il sentiero della terza via, Alfano ieri ha provato a disinnescare nel Pdl la mina della legge di Stabilità: «Certo che si può cambiare, mica è il quinto vangelo». E dietro lui anche Letta: «Ci sono molti miglioramenti da mettere in campo». Sennò come si resterebbe in equilibrio ?

 

Rosy Bindi ed Enrico LettaRosy Bindi ed Enrico LettaLETTA E ALFANO FESTEGGIANO IN SENATO ENRICO LETTA E ALFANO NEL GIORNO DELLA FIDUCIA AL GOVERNO FOTO LAPRESSE ALFANO VESPA RENZI FOTO LAPRESSEANGELINO ALFANO MATTEO RENZI

Ultimi Dagoreport

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?

matteo piantedosi khalifa haftar giovanni caravelli

FOLLOW THE MONEY! - DIETRO AL RESPINGIMENTO DI PIANTEDOSI IN LIBIA, PROBABILMENTE, CI SAREBBE IL VIL DENARO! SADDAM HAFTAR, FIGLIO DEL GENERALISSIMO KHALIFA E GOVERNANTE DI FATTO DELLA CIRENAICA, AVREBBE CHIESTO ALL'ITALIA UN SOSTEGNO ECONOMICO PER "GESTIRE" I MIGRANTI (TENERLI IN GABBIA SENZA FARLI PARTIRE), COME QUELLO CHE ROMA CONCEDE AL GOVERNO DI TRIPOLI - L'AISE DI CARAVELLI, CHE HA OTTIMI RAPPORTI CON HAFTAR JR, TANTO DA AVERLO PORTATO IN ITALIA PER UN TOUR DEI MINISTERI (UN MESE FA HA INCONTRATO PIANTEDOSI, CROSETTO E TAJANI), HA CONTATTATO GLI 007 DI GRECIA E MALTA, PER CHIEDERE DI CONDIVIDERE L'ESBORSO. QUELLI HANNO RISPOSTO "NO, GRAZIE" - E COSÌ, È PARTITA LA "RITORSIONE" DEGLI HAFTAR, CHE HANNO ORGANIZZATO LA TRAPPOLA PER LA DELEGAZIONE EUROPEA (COMPOSTA OLTRE A PIANTEDOSI DAI MINISTRI DI GRECIA E MALTA)