boschi renzi

1. SULLE GRANE DI BABBO RENZI E BABBO BOSCHI E’ PARTITA L’OPERAZIONE INSABBIAMENTO 2. I GIORNALONI PROVANO A SMONTARE L’INCHIESTA CONSIP E SI BEVONO LA VERSIONE DEL PADRE DELL’EX PREMIER MA PER CAPIRE IL DEPISTAGGIO BASTAVA UN CONTROLLO DELLE DATE 3. SUL CASO ETRURIA, RESTA IL PESO DELLE PRESSIONI DEL GOVERNO PER SALVARE UNA BANCA CHE HA ROVINATO I CLIENTI - BELPIETRO: "VOGLIONO IL PORTO DELLE NEBBIE"

TIZIANO RENZITIZIANO RENZI

Maurizio Belpietro per la Verità

 

C' era una volta il porto delle nebbie: così venivano chiamati in tempi non lontani gli uffici giudiziari di Roma per la densa foschia che regnava sulle inchieste riguardanti i potenti di turno. Oggi la nebbia, lungi dall' essersi diradata, si è estesa a molte redazioni, in cui invece di cronisti allenati a fiutare le notizie soggiornano spesso giornalisti pronti a bersi ogni frottola. Sono d' esempio gli articoli su due vicende in questo momento molto discusse.

 

 

abbraccio tra maria elena boschi e matteo renziabbraccio tra maria elena boschi e matteo renzi

La prima riguarda la Consip, cioè la centrale di acquisti della pubblica amministrazione, e il babbo dell' ex premier Matteo Renzi, Tiziano. L' inchiesta, in cui il celebre genitore è indagato per traffico d' influenze, dovrebbe accertare l' esistenza di un comitato d' affari che si spartiva appalti miliardari. Al momento sembra però che più che sui soldi spartiti fra le aziende con l' aiuto di pubblici funzionari interessi indagare su chi fa le indagini. Nel mirino è finito il comandante del nucleo dei carabinieri incaricato delle investigazioni, il quale è sospettato di aver preso qualche abbaglio scambiando fischi per fiaschi.

 

PIER LUIGI BOSCHIPIER LUIGI BOSCHI

In realtà, qui a prendere fischi per fiaschi sono certi giornalisti, i quali ieri hanno scritto lunghi articoli per smontare la tesi principale dell' inchiesta, e cioè che babbo Renzi fosse a conoscenza in anticipo delle indagini perché informato da uomini delle istituzioni. A spifferare tutto non sarebbero stati alti ufficiali o uomini di governo, no, sarebbe stato un cronista del Fatto quotidiano. Questa per lo meno la tesi dello stesso Tiziano Renzi, il quale sapendo di essere nel mirino degli inquirenti tanto da misurare le parole, al telefono avrebbe raccontato a un interlocutore la preziosa informazione.

Che ovviamente gli investigatori non avevano preso in considerazione, sapendola falsa.

Ma i giornalisti al contrario se la sono bevuta, ritorcendola contro il comandante titolare delle indagini. Eppure, per capire il depistaggio sarebbe bastato un controllo delle date.

 

maria elena boschi al lingottomaria elena boschi al lingotto

Quando il collega del Fatto quotidiano chiama il babbo del premier per chiedergli se c' è un' indagine che lo riguarda? Il 6 novembre dello scorso anno. E che accade il 6 novembre del 2016? La Verità, in un articolo di Giacomo Amadori, racconta che il papà di Matteo Renzi è molto preoccupato per l' inchiesta di una procura del Sud, un' indagine che se venisse rivelata potrebbe addirittura far perdere il referendum al figliolo.

 

Non solo: quel giorno scriviamo che il genitore del presidente del Consiglio teme di essere intercettato e lo confida a qualche amico, chiedendo di lasciare a casa il telefonino. Insomma, Tiziano Renzi sapeva dell' inchiesta di Napoli in anticipo e a dirglielo non è stato il cronista del Fatto, il quale ha preso contatto con lui solo dopo il nostro articolo. Le date sono peraltro confermate dal collega, il quale ieri ha pubblicato gli sms che ha scambiato con il papà del segretario Pd.

 

Dunque, se c' è nebbia non ristagna sui fatti, ma in certe redazioni.

E ora veniamo a un' altra inchiesta che suscita scalpore, ossia quella che riguarda il caso Etruria e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi. Qui a indagare non è la magistratura, ma la stampa. O meglio: una parte della stampa, perché un' altra fa a gara a nascondere le notizie oppure a minimizzarle.

 

abbraccio tra maria elena boschi e matteo renzi abbraccio tra maria elena boschi e matteo renzi

La storia è nota: Ferruccio de Bortoli ha raccontato che nel gennaio del 2015 l' allora ministro delle Riforme cercò di salvare la banca del papà rivolgendosi all' amministratore delegato di Unicredit. La notizia ha rilevanza per almeno un paio d' aspetti: il primo è che dimostra come l' attuale sottosegretaria alla presidenza del Consiglio abbia mentito al Parlamento dichiarando di non essersi mai occupata della Popolare dell' Etruria; il secondo è che dimostra come una delle figure più influenti del governo fosse a conoscenza delle condizioni in cui versava la banca di Arezzo. Ma attenzione, ecco che arriva il colpo di scena.

 

Con interviste e dichiarazioni ai principali giornali, il ministro Graziano Delrio fa sapere che anche lui si interessò dell' istituto di credito toscano, chiedendo alla Popolare dell' Emilia se fosse interessata ad acquistare la banca di papà Boschi.

 

«All' epoca ero sottosegretario alla presidenza del Consiglio», ha spiegato il titolare dei Lavori pubblici, «e mi occupavo di aziende in crisi come Alitalia, Ilva, Piombino, e dunque mi capitò tra le mani anche il caso dell' istituto di Arezzo». Con il che si cerca di chiudere il caso dicendo: tutti ci occupavamo di Etruria, mica solo la Boschi.

 

ABBRACCIO BOSCHI DELRIOABBRACCIO BOSCHI DELRIO

Ci sono però alcuni piccoli aspetti che rimangono poco chiari. Il primo è che Alitalia, Ilva e Piombino erano aziende notoriamente in crisi, mentre tra fine dicembre 2014 e 2015 nessuno era a conoscenza delle crisi della banca di cui era vicepresidente Pierluigi Boschi. C' era un dossier Etruria sul tavolo del governo? E chi ce lo aveva portato?

 

Secondo aspetto: Delrio dice di essersi mosso proponendo l' operazione di salvataggio al presidente della Popolare dell' Emilia. Fece lo stesso anche con le altre tre banche in crisi, ossia Carichieti, Cassa di Ferrara e Banca Marche? Se sì, ci dica chi contattò.

 

boschi renzi delrioboschi renzi delrio

Terzo aspetto: l' intervento di Delrio per salvare Etruria risale al primo gennaio del 2015, e come sappiamo non andò a buon fine. Tuttavia, nonostante a Palazzo Chigi conoscessero le condizioni della banca, non si fecero scrupolo di inserire l' istituto toscano fra le dieci popolari da trasformare in spa. Il 24 di gennaio, infatti, fu varato il decreto che fissava le nuove regole bancarie e il titolo di Etruria fu oggetto di una speculazione che portò le azioni a crescere in Borsa del 60 per cento. Ma se la Popolare aveva un patrimonio prossimo allo zero e altri istituti di credito rifiutavano di acquistarla, perché il governo la mise nel decreto tra quelle da riformare? Perché consentire che qualcuno, spinto dalla voglia di investire comprasse azioni che di lì a poco, con il commissariamento deciso 18 giorni dopo il decreto, trasformeranno i titoli in carta straccia?

 

Ecco, queste sono le domande che avremmo voluto rivolgere a Delrio, ma sui giornali che alla confessione del ministro hanno dato largo spazio non le abbiamo trovate.

Al contrario, sulle redazioni si segnala una forte nebbia in aumento. Del resto, la nebbia agli irti colli sale, figuratevi se non arriva ai piani alti del Palazzo.

Palazzo Chigi, ovviamente.

 

TIZIANO RENZITIZIANO RENZITIZIANO RENZI A FIUMICINOTIZIANO RENZI A FIUMICINOTIZIANO RENZI A FIUMICINOTIZIANO RENZI A FIUMICINO

 

TIZIANO RENZI A FIUMICINOTIZIANO RENZI A FIUMICINO

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....