1. TELECOM SARÀ SPAGNOLA O AMERICANA? IL VIAGGIO A NEW YORK DI MARCO FOSSATI E L’ASSE CON IL POTENTISSIMO FONDO BLACKROCK, SOCIO SOPRA IL 5%, INQUIETA ALIERTA 2. C’È UN NOME CHE NON BISOGNA PIÙ PRONUNCIARE DAVANTI AD ALBERTO BOMBASSEI, PATRON DELL’AZIENDA BREMBO. L’INNOMINABILE IN QUESTIONE È LUCHINO DI MONTEZEMOLO 3. È A ROMA CHE SI DOVREBBE CERCARE LA VERITÀ SULLE MIRABOLANTI OPERAZIONI DI PERISSIROTTO ATTRAVERSO SOCIETÀ OFFSHORE E FINANZIAMENTI VERTIGINOSI (393 MILIONI) ALLA FAMIGLIA ARGENTINA WERTHEIN. FINORA PERÒ DALLA CONSOB E DALL’IVASS NON SONO ARRIVATI SEGNALI DI INTERESSE. UN SILENZIO CHE CONTINUERÀ A LUNGO? 4. L’ULTIMA GAFFE DEL MINISTRO DEI TRASPORTI LUPI: UNICREDIT CHE ENTRA IN ALITALIA

1. C'È UN NOME CHE NON BISOGNA PIÙ PRONUNCIARE DAVANTI AD ALBERTO BOMBASSEI, L'INNOMINABILE IN QUESTIONE È LUCHINO DI MONTEZEMOLO
C'è un nome che non bisogna più pronunciare davanti ad Alberto Bombassei, l'imprenditore vicentino, patron dell'azienda Brembo, il gioiello industriale nella produzione dei freni. L'innominabile in questione è Luchino di Montezemolo, lo storico amico dell'imprenditore che ha ormai piantato le sue radici a Bergamo e che negli ultimi anni non è riuscito a "frenare" le velleità del presidente della Ferrari.

95Il primo guaio Luchino lo combina nel 2006 quando insieme ai compagni di merenda Dieguito Della Valle, Punzo e Corradino Passera mette in piedi Ntv, la società dei treni "Italo" che a distanza di sette anni continua a soffrire terribilmente nella concorrenza con le Ferrovie di Moretti.

Da questa iniziativa Bombassei finora non ha ricevuto né gloria, né soddisfazioni, e forse sarà chiamato a tirar fuori altri quattrini quando si renderà necessario - come molti credono - un aumento di capitale. Sempre in nome dell'amicizia storica con il ragazzo dei Parioli, Bombassei si lascia sedurre e affronta la battaglia per la presidenza di Confindustria, ma anche qui la dea fortuna gli volta le spalle e nel marzo dell'anno scorso è sconfitto per soli 11 voti da Giorgio Squinzi, il patron di Mapei e del Sassuolo Calcio.

Eppure fino all'ultimo Bombassei era convinto di farcela in nome di una politica che sul tema delle relazioni industriali gli aveva procurato la fama di duro. Per dargli una mano e portarlo alla presidenza di viale dell'Astronomia, Luchino si era mobilitato con tutte le sue forze riuscendo a convincere perfino Sergio Marpionne che ,dopo aver sbattuto la porta in faccia alla Marcegaglia, a febbraio dell'anno scorso disse: "con Bombassei anche la Fiat potrebbe rientrare in Confindustria".

Dopo essere stato letteralmente "sbullonato" dalla rappresentanza degli imprenditori, sembrava che Bombassei si ritirasse nel "Kilometro Rosso", il meraviglioso parco tecnologico che si trova alle porte di Bergamo e costituisce il cuore dell'innovazione. Purtroppo alle sue spalle ha continuato ad agitarsi l'ombra lunga di Montezemolo che lo convince a scendere in politica dentro l'associazione "Italia Futura" e poi a candidarsi alle politiche di quest'anno nel movimento messo in piedi dallo statista-mancato Mario Monti.

Anche questa terza esperienza si è rivelata un flop memorabile. L'imprenditore vicentino-bergamasco riesce a entrare in Parlamento come deputato, ma deve vedersela proprio in questi giorni con la frana di "Sciolta Civica".

Chi conosce Bombassei dice che è un uomo dai tratti poco morbidi che contrariamente al suo sponsor Luchino e al bocconiano di Varese, Mario Monti, non è in preda alla vanità. Resta il fatto che oggi,all'eta' di 73 anni e a dispetto di una vocazione industriale maturata con il padre Emilio, fondatore dell'azienda, il buon Bombassei si ritrova presidente di "Sciolta Civica" e deve giocare una parte totalmente estranea alle sue esperienze industriali.

Per sua fortuna la "sfortunata" amicizia con Luchino non ha compromesso la solidità della sua azienda. In 12 mesi il titolo Brembo è cresciuto in Borsa del 169% ed è di oggi la notizia che di fronte a una quotazione così strepitosa ha deciso di vendere un pacchetto di 2 milioni di azioni della sua società per un valore di circa 40 milioni di euro.

Con questi soldi potrebbe scrollarsi di dosso quel Montezemolo che certamente rappresenta con la Ferrari un cliente primario dell'azienda Brembo, ma non ha nessun diritto di rovinargli l'esistenza.

2. TELECOM ITALIA SARÀ SPAGNOLA O AMERICANA? IL VIAGGIO A NEW YORK DI MARCO FOSSATI E L'ASSE CON IL POTENTISSIMO FONDO BLACKROCK
Intorno a Telecom continuano a spirare venti di guerra.
Dopo l'operazione con cui gli spagnoli di Telefonica hanno rilevato il 66% della scatola Telco che controlla l'azienda, sembrava che ormai il destino del Gruppo fosse assegnato. Non a caso il settimanale "Il Mondo" aveva sparato in copertina il titolo "Telecom Espana", ma oggi è lo stesso direttore del settimanale, Enrico Romagna-Manoja, a chiedersi se l'azienda ce la farà a uscire indenne da un groviglio inestricabile.

Ad aumentare la confusione è l'intervento a piedi giunti di Marco Fossati, il finanziere residente a Lugano, che con la sua holding lussemburghese Findim Group controlla il 5% di Telecom. Per la maggior parte delle persone che hanno i capelli grigi, il nome Fossati ricorda la dinastia brianzola che era proprietaria di Star, l'impero del brodo con il dado. Dopo aver ceduto l'azienda creata dal padre Danilo, morto suicida nel 1995, il figlio Marco si è buttato a capofitto nella grande finanza senza mai rinunciare all'idea di riprendersi un giorno l'azienda del brodo.

In realtà la sua attenzione e i suoi interessi si sono spostati sull'asse della finanza e una mole di quattrini è stata riversata dentro Telecom dove i soci forti del Patto di sindacato che fino a ieri governava l'azienda, lo ha sempre snobbato impedendogli di sedersi al tavolo degli azionisti più forti.

Da qui gli scontri ripetuti con Franchino Bernabè, oggi esule sulle montagne intorno a Rovereto, e le battaglie in difesa degli azionisti minori. Adesso la bandiera è innalzata contro gli spagnoli di Telefonica e il management che il finanziere vorrebbe mandare a casa al completo. Per ottenere questo risultato il segaligno Fossati deve però raccattare una quota di azioni che gli consenta di presentarsi alla prossima Assemblea di Telecom con una maggioranza superiore a quella di Telefonica.

In questi giorni l'hanno visto saltellare da un aereo all'altro tra Parigi, Londra e New York. E pare che proprio nella Grande Mela che stia affannosamente tentando di aggregare al suo pacchetto i gestori del fondo BlackRock. La massa di quattrini che BlackRock gestisce è impressionante e sfiora i 3.500 miliardi di cui circa 9 investiti in partecipazioni dentro banche e aziende italiane.

La presenza nel nostro Paese è trasversale perché tocca realtà come Atlantia, Enel, Finmeccanica, Intesa, Generali e Unicredit con quote intorno al 3%. Dentro Telecom sono già di casa con un pacchetto del 2,8% e Fossati spera che questo piedino diventi un piedone per fare un bel ribaltone contro gli spagnoli. Questi ultimi sono molto preoccupati perché pensavano di avere ormai semaforo verde per raggiungere l'obiettivo del 1° gennaio quando potranno avere tra le mani il 70% di Telco.

La conferma che a Madrid corrono brividi sui movimenti di Fossati è apparsa chiara nel momento in cui Cesar Alierta (per il quale non è previsto alcun appuntamento imminente con Enrico Letta) ha chiesto alla società Georgeson di aiutare Telefonica nella conteggio e nella raccolta delle deleghe in vista dell'Assemblea. Quando si dice Georgeson si parla di una società che da 70 anni svolge attività di consulenza finanziaria e dopo aver aperto nel '99 un ufficio a Roma, è impegnata nelle grandi fusioni come nelle campagne a difesa dei piccoli azionisti.

Questi ultimi non sanno ancora se su Telecom si pianterà la bandiera spagnola o americana. L'unica cosa certa è che probabilmente dalla lunga telenovela porteranno a casa ben poco. Un segno l'hanno già avuto stamane quando ha preso a circolare la notizia che il dividendo di 600 milioni (un brodino leggero) non sarà distribuito perché Patuano e gli attuali manager vogliono utilizzare quei soldi per cercare di far quadrare i numeri.

3. SULLE MIRABOLANTI OPERAZIONI DI PERISSIROTTO UN SILENZIO CHE CONTINUERÀ PROBABILMENTE A LUNGO
A Trieste dove ha sede il quartier generale delle Generali sono in pochi a ricordare che lo scrittore Franz Kafka ha lavorato per un anno nella Compagnia assicurativa.
Era il 1907 e pare che il romanziere di Praga fosse magro come l'attuale presidente dell'Inps Mastrapasqua, ma diligente come impiegato con le toppe ai gomiti.

Di lui ricordano anche che scrisse il "Silenzio delle sirene" e i triestini più maliziosi evocano quest'opera per ironizzare sul grande silenzio che è sceso dopo lo scoop del giornalista Claudio Gatti che sul "Sole 24 Ore" del 13 ottobre ha denunciato le perdite paurose della gestione Perissirotto.

Raramente il giornale di Confindustria si lancia in inchieste al vetriolo e quella paginata e' parsa un fatto quasi epocale. Questo non vale per la maggior parte degli altri giornali e delle autorità di controllo per i quali "il silenzio delle sirene" è un dogma. Eppure chi rilegge a distanza di poche settimane la sventagliata al petto del 60enne ravennate che il 2 giugno 2011 è stato cacciato via con 10 milioni di buonuscita, avrebbe ottime ragioni per tornare sull'argomento.

Adesso a Trieste si chiedono se sui misteri che stanno dietro le perdite di 234 milioni rivelate dal giornalista Gatti sulla base di un'indagine voluta a marzo dal nuovo amministratore delegato Mario Greco, ci sarà qualcuno che cercherà di mettere in luce le responsabilità. È inutile andare a cercare la risposta nel palazzo delle Generali che si trova a Roma in piazza Venezia. Da quando è andato via Geronzi, colpito dal blitz degli amici di Perissirotto (Nagel, Della Valle, Pelliccioli), i bellissimi uffici che affacciano sui Fori sono deserti e il "tedesco" Mario Greco non ha intenzione di usarli.

Comunque sia è a Roma che si dovrebbe cercare la verità sulle mirabolanti operazioni di Perissirotto attraverso società offshore e finanziamenti vertiginosi (393 milioni) alla famiglia argentina Werthein. Finora però dalla Consob e dall'Ivass non sono arrivati segnali di interesse e il "silenzio delle sirene" di kafkiana memoria continuerà probabilmente a lungo.

4. L'ULTIMA GAFFE DEL MINISTRO DEI TRASPORTI LUPI: UNICREDIT SOCIO IN ALITALIA
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che ieri l'amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni ha avuto le vertigini.

La colpa non è della sensazione che prova da quando è entrato nel suo ufficio agli ultimi piani del nuovo grattacielo costruito dalla banca. A farlo barcollare sono state le notizie messe in giro dalle agenzie sulla disponibilità di Unicredit "a entrare come socio in Alitalia". Queste parole le ha pronunciate con la solita ingenuità il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi che ha frainteso (forse volutamente) il modesto intervento previsto da Unicredit per tamponare momentaneamente il buco della compagnia con una partecipazione di lunga durata.

Chi conosce Ghizzoni sa che gli piace lavorare in alto e volare basso".

 

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