boldrini deputati trolley

CHI VERRA’ DOPO DI ME… - CAZZI AMARI SCEGLIERE CHI ANDRA’ AL POSTO DELLA BOLDRINOVA – L’ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA CAMERA SARA’ IL BANCO DI PROVA PER LE MAGGIORANZE CHE VERRANNO – I REGOLAMENTI DI MONTECITORIO COMPLICANO LA SCELTA

 

Ugo Magri per la Stampa

 

peones transatlantico1

In attesa che il popolo si pronunci, ai piani alti della politica c' è chi già sta ragionando sul «dopo». E contrariamente a quanto verrebbe da credere, la preoccupazione di quegli ambienti non riguarda il futuro governo: di come metterlo insieme ci si occuperà a suo tempo. La prima vera urgenza saranno le presidenze delle due Camere. Solo una volta assegnate, le consultazioni sul Colle potranno avere inizio. Ma si sta spargendo il timore che tra un mese, quando a Montecitorio i deputati si riuniranno per scegliere la terza carica dello Stato, possa crearsi una situazione mai vista prima, di stallo totale. Tutti contro tutti, franchi tiratori all' assalto, consultazioni in «stand-by» e italiani fuori della grazia di Dio. Sarebbe un modo pessimo per inaugurare la legislatura, una dichiarazione preventiva di fallimento.

 

IL RISCHIO DELLA PRIMA VOLTA

DALEMA RENZI BERLUSCONI E DI MAIO COME I CUGINI DI CAMPAGNA

Al Senato, per fortuna, la questione non si porrà, perché le regole di Palazzo Madama consentono una scappatoia: dopo tre tentativi a vuoto di eleggere il presidente, là scatta il ballottaggio tra i due più votati. Alla Camera purtroppo manca questa via di fuga. Con la quarta votazione l' asticella si abbassa, il quorum scende alla metà più uno dei deputati presenti, e da quel momento l' aula prosegue a oltranza. Sul Regolamento questo sta scritto e non si può aggirare.

 

Oltretutto, in un settantennio di vita repubblicana la questione non si era mai posta. Era prassi nella Prima Repubblica che un ramo del Parlamento andasse alla maggioranza e un altro all' opposizione, cosicché i voti degli schieramenti puntualmente si sommavano, e l' elezione dei presidenti finiva in un tripudio generale. Ma dopo il 4 marzo che metodo verrà seguito? Torneremo al vecchio metodo consociativo e inclusivo, o si procederà nella logica dell'«asso pigliatutto» adottata nel 1994, con la maggioranza che da allora si appropria di tutte le cariche istituzionali? E se stavolta la maggioranza mancasse (cosa possibile), oppure fosse talmente risicata da non riuscire a imporre il proprio candidato nelle votazioni a scrutinio segreto, cosa potrebbe accadere?

 

BERLUSCONI GENTILONI

IL «METODO POLLICINO»

Sono tutte domande che tengono in apprensione gli ufficiali di collegamento, quelli in contatto tra loro e col Quirinale. A peggiorare il quadro, già intricato di suo, provvede la favola di Pollicino: cioè la tesi secondo cui, per assegnare l' incarico di governo, Sergio Mattarella farà bene a seguire il sentiero di briciole che lascerà la Camera per eleggere il suo presidente. Non è detto che lo porterebbe lontano. Nel 2013, ad esempio, Pierluigi Bersani fece eleggere Laura Boldrini e Piero Grasso rispettivamente alla Camera e al Senato, pensando così di avviare un dialogo con i Cinquestelle; tutti sanno quanto ci restò male poi.

 

Politicizzare la nomina dei presidenti sarebbe un' arma a doppio taglio. Da maneggiare con molta cautela. Con il rischio di accrescere le asperità, anziché appianarle. Renzi ci sta riflettendo, come attestano le dichiarazioni nel forum con La Stampa. Di sicuro, sarà un passaggio ad alto rischio per tutti, in particolare nel centrodestra.

 

INSIDIA PER LA DESTRA

renzi berlusconi

Al momento, Berlusconi e Salvini sono tenuti insieme dalla prospettiva di vittoria. Sperano di conquistare la maggioranza dei seggi, o quantomeno di comprare al mercato quei parlamentari che dovessero mancare. Però nessuno riesce a immaginarsi cosa farebbero i due, se il trionfo sfumasse e la scelta dei presidenti delle Camere andasse condivisa con altri partiti. Silvio verrebbe tentato facilmente da Renzi, l' altro Matteo cercherebbe una sponda forse nei Cinquestelle. L' alleanza di centrodestra sarebbe messa subito a dura prova, e non è detto che ne uscirebbe indenne.

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?