VERRO E FUOCO SULLA TARANTOLA: “ALLA RAI E’ FINITA L’ERA MONTI”

Paolo Conti per il Corriere della Sera

Consigliere Antonio Verro, lei lascia il Senato per restare alla Rai e descrive così il clima dell'azienda: «Resta sotto il commissariamento del precedente governo tecnico, con bilanci in profondo rosso, ricorsi nati da forzate rimozioni, allontanamenti di grandi professionisti semplicemente perché considerati anziani e nomine di costosi dirigenti esterni che scavalcano validi dipendenti...».

Decreta la fine della Rai di Monti? È il Pdl che torna a occupare viale Mazzini?
«È la fine dell'era Monti nel Paese, non solo alla Rai. Il Pdl non vuole occupare né lottizzare. Ma io rivendico orgogliosamente il ruolo della politica con la "p" maiuscola, quindi del Parlamento e della commissione di Vigilanza, come garanzia del pluralismo nel servizio pubblico radio-tv».

Accusa di verticismo la gestione della presidente Anna Maria Tarantola e del direttore generale Luigi Gubitosi?
«Hanno provato a cancellare l'organo collegiale, il consiglio di amministrazione. Prendiamo Miss Italia: chi decide se debba restare o meno? È un indirizzo editoriale che riguarda il cda. Si arriva alla sintesi dopo un confronto».

Lei è favorevole a Miss Italia? La presidente Tarantola ha fatto capire che nella sua Rai c'è un'altra idea di donna.
«Primo. Nessuno, nemmeno il presidente, può parlare di "mia Rai" perché la Rai è di tutti. Secondo. Il concorso di bellezza femminile è presente in tutti i grandi network tv d'Europa. Appartiene alla tradizione Rai. Mi pare singolare che ora debba sparire dalla tv italiana...».

I consiglieri di area di centrosinistra, Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, si lamentano di non toccare palla.
«Dovrebbero riflettere sulle conseguenze della loro scelta: aver accettato di affidare ampie deleghe alla presidente, sottraendo giuste prerogative al cda. Ecco anche perché non toccano palla. Le conseguenze delle deleghe sono sotto gli occhi di tutti: un bilancio in rosso, arrivi esterni costosi e inutili perché sono tante le ottime professionalità interne, rimozioni ingiustificate che provocano ricorsi dannosi all'azienda. Il confronto in consiglio non è perdita di tempo ma ricerca di equilibrio. Di sintesi, appunto».

Lei vuole il reintegro di Mauro Mazza a Raiuno e di Augusto Minzolini al Tg1 dopo le recenti sentenze?
«Attenzione. Non vorrei farne una questione di schieramenti politici. Ma Mazza, un direttore che al Tg2 e a Raiuno ha ottenuto ottimi risultati, è stato rimosso e umiliato promettendogli una collocazione mai arrivata. Ha fatto causa, ha vinto e la Rai ha il dovere di sanare il vulnus.

In quanto a Minzolini, peggio mi sento. Il precedente direttore generale un mattino si è svegliato e ha deciso di rimuoverlo non sulla base di una valutazione editoriale ma appigliandosi a una legge che riguarda i dipendenti della pubblica amministrazione e le cause in corso.

Peccato però che poi Minzolini sia stato assolto per la famosa vicenda delle note spese e che quella stessa legge preveda l'immediato reintegro in caso di conclusione del processo positiva per il dipendente. A breve arriverà sicuramente l'ordinanza del giudice. E a mio avviso Minzolini va reintegrato al Tg1. E solo successivamente, e dopo un'analisi in cda, si può decidere...».

Ma Minzolini ora è senatore della Repubblica.
«Sono sicuro che si dimetterebbe per veder riconosciuto il suo pieno diritto a occupare un posto che gli compete».

Si parla di «grossi calibri» del Pdl in Vigilanza: Paolo Romani, Paolo Bonaiuti, Renato Brunetta, Maurizio Gasparri. È un progetto di Berlusconi sulla Rai?
«Escludo che Berlusconi abbia tempo o voglia di occuparsi di questo. Ma per il Pdl è essenziale vigilare sulla trasparenza della gestione della Rai con i suoi uomini più preparati».

È vero che il consigliere De Laurentiis, area Udc, avrebbe stretto un patto di alleanza col Pdl?
«Parliamo di un uomo libero che vota liberamente. Che poi molti valori in cui si riconosce il Pdl appartengano alla sua sensibilità più di quelli espressi dal Pd, è un altro fatto».

Quali sono, in conclusione, i nodi che vede nel futuro Rai?
«Mi chiedo. In tempi di spending review sono ancora necessarie venti sedi regionali? Tredici testate giornalistiche non sono troppe? E non sono troppi quattordici canali? Tutto questo è essenziale in vista del 2016, quando scadrà la concessione di servizio pubblico alla Rai da parte dello Stato. Sono temi seri, altro che le chiacchiere sulla lottizzazione».

 

 

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