friedrich merz ursula von der leyen manfred weber giorgia meloni

LA VIA DI “MERZ” DELLA CAMALEONTE MELONI – LA "THATCHER DELLA GARBATELLA", NON UNENDOSI ALLA MOZIONE ANTI-URSULA VOLUTA DAI "PATRIOTI" , PUNTA A DEMOCRISTIANIZZARSI AVVICINANDOSI AL PPE E ACCREDITARSI COME STAMPELLA DI DESTRA PER LA COMMISSIONE, GIOCANDO DI SPONDA CON IL CANCELLIERE TEDESCO MERZ – FOLLI: “UN CERTO MONDO CONSERVATORE EUROPEO DESIDERA RIDARSI UN'IDENTITÀ RINTUZZANDO IL ‘REVANSCISMO’ DELLE FAZIONI ESTREMISTE, MOLTO FORTI NEI SONDAGGI, E RESTRINGENDO I MARGINI DEI SOCIALISTI. SEMBRA IL PERCORSO PIÙ ADATTO ANCHE PER MELONI” – LA SORA GIORGIA HA MESSO IL CAPPELLO SUL VERTICE DI ROMA PER LA RICOSTRUZIONE DELL’UCRAINA, MA IL DESTINO DI KIEV SI DECIDERÀ A LONDRA, DOVE SI INCONTRERANNO STARMER E MACRON...

Stefano Folli per "la Repubblica" - Estratti

 

ursula von der leyen giorgia meloni conferenza sulla ricostruzione dell ucraina. foto lapresse

 Il voto di sfiducia contro la commissione Von der Leyen serve senza dubbio a misurare il grado di logorio della presidente in carica e anche della maggioranza popolari-socialisti-liberali da cui è sostenuta.

 

In altre parole, il previsto insuccesso della mozione non significa che la coalizione di Bruxelles sia in buona salute. 

 

(...)

È noto che Fratelli d'Italia, il partito della premier, non si unirà alla censura anti-Ursula voluta dalle forze di destra, a cominciare dai "patrioti" che pure hanno avuto a lungo proprio Giorgia Meloni come loro leader transazionale.

 

È una rottura più che significativa: potrebbe essere un punto di non ritorno. Il francese Bardella, ad esempio, voterà per sostenere la mozione di sfiducia; e Bardella è il personaggio, al momento molto popolare, che guiderà le liste lepeniste alle prossime elezioni in Francia. Ciò nonostante, o forse proprio per questo, la presidente del Consiglio ha scelto di seguire un'altra strada.

GIORGIA MELONI MANFRED WEBER

 

Perché? La prima spiegazione, vera ma non esauriente, è che l'Italia detiene con Raffaele Fitto una vice-presidenza della commissione e un incarico non irrilevante. Ci è riuscita collocandosi in una specie di limbo: fuori della maggioranza, ma non proprio all'opposizione. Una posizione intermedia e un po' ambigua che ha fatto comodo al governo di Roma ma anche alla stessa Von der Leyen. Votare la sfiducia a se stessi sarebbe abbastanza strano. Tanto più ora che prende il via la conferenza, forse alquanto prematura, sulla ricostruzione ucraina.

 

MANFRED WEBER INCONTRA GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI - 11 NOVEMBRE 2022

Obiezione: l'Italia meloniana non rischia così di trovarsi a metà del guado, finendo per subire prima degli altri tutte le fragilità della commissione? Può darsi, ma è una scommessa da tentare se l'obiettivo è sganciare Roma dalle suggestioni degli Orban e dei Fico. Ed è ormai abbastanza chiaro che la premier nutre altre ambizioni.

 

Lascia a Salvini e a Vannacci la compagnia di una destra europea radicale e inutile: logicamente priva di un disegno che appare solo distruttivo dell'Unione — nonostante limiti e difetti di quest'ultima — , nonché vicina agli interessi dei russi.

 

Giorgia Meloni è invece rientrata nel gioco e parrebbe aver trovato nel cancelliere tedesco l'interlocutore privilegiato. Merz è un conservatore pratico e sbrigativo, prova ne sia che la sua idea d'Europa riflette una visione tutt'altro che romantica. Il suo nemico è la destra estrema di AfD. Su questo va perfettamente d'accordo con la nostra premier, mentre la Lega scivola nell'anti-europeismo nazionalista e, appunto, filo Putin.

 

conferenza sulla ricostruzione dell ucraina a roma meloni con zelensky, tusk, merz ,von der leyen, foto lapresse

A ben vedere, quello che accade nei palazzi di Berlino, unito al malessere della commissione Von der Leyen, potrebbe voler dire che il vecchio assetto popolari-socialisti a Bruxelles sta davvero entrando in crisi. Sarà un processo lento e tortuoso, ma è probabile che un certo mondo conservatore europeo desideri ridarsi un'identità rintuzzando il "revanscismo" delle fazioni estremiste, molto forti nei sondaggi, e al tempo stesso restringendo i margini dei socialisti.

 

Sembra il percorso più adatto anche per Giorgia Meloni, attraverso cui guadagnare un posto stabile negli equilibri europei. Su questa strada trova già Forza Italia: un 8 per cento stabile che appartiene da tempo al Ppe. E soprattutto trova un mondo congeniale: atlantismo, rafforzamento della difesa, linea pro-Ucraina. Viceversa il viaggio della Lega va in un'altra direzione, ma per il momento l'intesa in Italia non ne risulta travolta. In futuro si vedrà.

 

 

LA TELA DI MELONI DA MERZ A TRUMP

ursula von der leyen olena e volodymyr zelensky giorgia meloni - conferenza per la ricostruzione dell ucraina a roma

Alessandro Barbera per la Stampa - Estratti

 

Da quella sera dell’umiliante reprimenda alla Casa Bianca nei confronti di Volodymyr Zelensky sembra passata un’era geologica. Solo il tempo dirà se si è trattato di un inaspettato giro della ruota della fortuna diplomatica, o della decisione una volta per tutte di difendere Kiev dall’aggressore russo. Fatto è che per Giorgia Meloni il vertice sulla ricostruzione inizia sotto i migliori auspici.

 

A Roma oggi ci sarà l’inviato della Casa Bianca Keith Kellogg, che parteciperà anche alla riunione in videconferenza della “coalizione dei volenterosi”. Ieri pomeriggio nella Capitale Kellogg ha incontrato sia Zelensky che il ministro della Difesa Guido Crosetto.

ursula von der leyen giorgia meloni conferenza sulla ricostruzione dell ucraina foto lapresse

 

Palazzo Chigi ci ha tenuto a mettere il cappello all’iniziativa, sottolineando che per la prima volta, «come auspicato dall’Italia», gli Stati Uniti partecipano alle riunioni del gruppo di sostegno a Kiev che riunisce diversi Paesi.

 

Nelle stesse ore accadevano due fatti rilevanti. Il primo: la disponibilità dei leader repubblicani del Congresso di Washington a varare un pacchetto di sanzioni nei confronti di Mosca.

 

E il secondo: il voto favorevole del Parlamento di Strasburgo - con il consenso determinante dei Conservatori europei della Meloni - all’invio in Ucraina dei missili a lungo raggio tedeschi Taurus. In sintesi: dopo settimane di incertezza attorno alla compattezza dell’Occidente, la pellicola sembra essersi riavvolta a prima di quel distopico incontro nello Studio Ovale del leader ucraino con Trump e il vice J.D Vance.

 

(...) La vittoria del conservatore Friedrich Merz le ha dato una mano, e permesso di costruire un asse con Berlino impensabile finché alla Cancelleria c’è stato Olaf Scholz. A Meloni torna utile anche l’asse ambiguo con un’altra tedesca, ovvero la presidente della Commissione di Bruxelles Ursula von der Leyen, che pure in Europa rappresenta una maggioranza dalla quale i Conservatori di Ecr sono formalmente fuori.

 

ursula von der leyen giorgia meloni conferenza sulla ricostruzione dell ucraina foto lapresse

 

 

Molti indizi lasciano intendere che in questi giorni le due - o almeno i rispettivi emissari - si siano parlate spesso. Il già citato voto a favore dell’invio dei Taurus - che ha avuto il no dei deputati leghisti, dei Cinque Stelle e di un pezzo del Pd - il no alla mozione di sfiducia contro la tedesca chiesto da un alleato rumeno di Ecr, il sostegno all’ipotesi di un piano di aiuti da cento miliardi dell’Unione europea.

 

Ieri von der Leyen ha poi risolto una faccenda che stava creando attriti con il più alto rappresentante degli interessi italiani in Europa, il suo vicepresidente ed ex ministro italiano Raffaele Fitto. Una prima bozza del nuovo piano di spesa pluriennale della Commissione prevedeva di spostare sugli Stati nazionali parte dei fondi destinati alle Regioni: una ipotesi che avrebbe indebolito il portafoglio di Fitto. Von der Leyen ha ingranato la retromarcia, e garantito che quei fondi resteranno in capo alle Regioni, e dunque alla supervisione dell’italiano.

 

friedrich merz con giorgia meloni al g7 in canada

E così stamattina, quando alla nuvola disegnata dall’architetto Fuksas inizierà il quarto vertice sulla ricostruzione dell’Ucraina, Meloni potrà fare l’intervento di apertura con gli astri nuovamente allineati, facendo dimenticare almeno per qualche ora il pasticcio della scarcerazione del generale libico Almasri, riaperto dalla scena del ministro Matteo Piantedosi rimandato indietro insieme ai colleghi europei in visita nei territori controllati dal generale Haftar.

 

Alla conferenza di Roma sull’Ucraina - la quarta dall’inizio della guerra - oggi e domani si discuterà di una ricostruzione che resta al momento una speranza. Il governo di Kiev deve fare i conti con un buco di bilancio che sfiora i venti miliardi di euro, a fronte della promessa di un impegno finanziario da parte della conferenza che nella migliore delle ipotesi raggiungerà i quindici. Fondi grazie ai quali dovrebbe essere garantita la ricostruzione e la protezione delle infrastrutture energetiche, lo sminamento delle aree del conflitto, gli investimenti delle aziende nelle zone del Paese lontane dal confine russo.

 

FRIEDRICH MERZ - GIORGIA MELONI

Alla conferenza parteciperanno quasi cento Paesi, decine di organizzazioni internazionali, almeno duemila aziende. Ieri la moglie del presidente ucraino Olena Zelenska ha incontrato la ministra dell’Università Annamaria Bernini per la firma della “Global Coalition for Ukranian Studies” a favore della cooperazione fra le istituzioni universitarie.

 

Il destino dell’Ucraina si deciderà però altrove, a partire dalla riunione dei “volenterosi” che nel pomeriggio riunirà da Roma Meloni, Merz, Kellog, von der Leyen e il presidente polacco Donald Tusk con il francese Emmanuel Macron e l’inglese Keir Starmer. Sul tavolo le nuove forniture occidentali all’esercito ucraino e il maxifondo europeo da cento miliardi a favore di Kiev, un quinto di quel che secondo le stime della Banca Mondiale sarebbe necessario per dare una prospettiva europea all’Ucraina.

meloni trump l'ajaKeith Kelloggfriedrich merz e giorgia meloni foto lapresse 1

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?