BARACK, FALLO NERO! - ALLA VIGILIA DEL PRIMO DIBATTITO TV, UN SONDAGGIO DELLA CNN VEDE UN TESTA A TESTA TRA I CANDIDATI ALLA CASA BIANCA - TUTTI SI ASPETTANO UN OBAMA TRIONFANTE MA I SUOI ‘SPIN’ TREMANO: IL PRESIDENTE È UNA SCHEGGIA NEI DISCORSI MA MOSCETTO NEL CONTRADDITTORIO - UNA MAGRA FIGURA CONTRO ROMNEY POTREBBE ESSERE PERCEPITA COME SEGNO DI DEBOLEZZA E TRAGHETTARE PARECCHI INDECISI VERSO IL MORMONE RAMPANTE…

Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"

Vigilia del faccia a faccia Obama-Romney. I numeri sono per il presidente. Vale per i sondaggi sul voto del 6 novembre: l'ultimo «poll» della CNN, attribuisce al leader democratico un vantaggio di soli tre punti - 50 a 47 - sul piano nazionale, ma nei decisivi «swing states», soprattutto Ohio e Florida, i margini a favore di Obama sono molto maggiori.

Ma vale anche per le attese circa l'esito dei confronti televisivi: con due elettori su tre che si aspettano un Obama che seppellisce dialetticamente il suo avversario. E, proprio per questo, gli strateghi elettorali della Casa Bianca tremano. Il presidente è più bravo nei discorsi che nel contraddittorio, non è allenato a confronti nei quali viene continuamente incalzato, contestato.

Potrebbe anche avere la peggio: gli successe già quattro anni fa in tv con Hillary Clinton prima delle primarie del New Hampshire. Un errore che allora gli costò caro, ma la galoppata elettorale era appena agli inizi: ebbe tempo e modo di recuperare. Stavolta, invece, siamo alle ultime battute della campagna.

E, con gli spettatori che si aspettano un Obama che travolge l'insipido Romney, anche una vittoria di misura potrebbe essere percepita dall'opinione pubblica come una battuta d'arresto. E, magari, essere «venduta» come una sconfitta a sorpresa del presidente da tv, giornali e siti interessati ad alimentare la «suspence» per tenere fino all'ultimo ben desta l'attenzione di lettori e spettatori.

Insomma, il presidente è ampiamente favorito ma tesissimo. Il suo avversario Mitt Romney si gioca tutto nella settimana più importante di un'intera carriera politica, ma le notizie che filtrano dal suo quartier generale in Massachusetts - il senatore Rob Portman che allena il candidato repubblicano impersonando Obama, i dissidi tra i suoi consiglieri politici divisi tra chi lo vuole aggressivo contro il presidente soprattutto sulla politica estera e chi preferisce un atteggiamento più pacato, con l'esposizione di una chiara agenda politica - non producono grandi echi.

I riflettori sono tutti puntati sul ritiro del presidente a Henderson, nel deserto del Nevada, come se quella di domani sera all'università di Denver, in Colorado, fosse una sfida di Obama contro sé stesso.

Certo che per sperare di tornare in testa, visto il rilevante ritardo accumulato, Romney ha bisogno di una vittoria super. Un risultato simile, al di là dei dubbi sulle sue capacità comunicative, arriverò solo se Obama commetterà qualche grosso errore. Che non è affatto escluso: il classico atleta in fuga che cade proprio in dirittura d'arrivo. Nel dibattito moderato dal «decano» Jim Lehrer (78 anni, il giornalista della PBS ha rinviato di nuovo il pensionamento per essere della partita) il presidente può inciampare nel suo atteggiamento «professorale», può apparire agli spettatori annoiato o accondiscendente: gli è già accaduto in passato.

Certo, lui è un comunicatore migliore di Romney, ma da quattro anni vive tra le mura della Casa Bianca, isolato dai contatti veri con la gente. I suoi assistenti e l'ex candidato John Kerry, che impersona l'ex governatore del Massachusetts negli allenamenti al dibattito, incalzano il presidente: «Risposte brevi e penetranti, senza dilungarsi in spiegazioni ben argomentate ma prolisse», come spesso gli accade. Obama ha assorbito l'insegnamento, ma adesso è talmente spaventato dal rischio di apparire verboso, da far temere ai suoi strateghi che vada all'estremo opposto, con risposte brevi, spezzettate, poco consistenti.

Non che Romney non abbia i suoi problemi: è più allenato grazie ai 20 dibattiti sostenuti durante le primarie repubblicane. Li ha vinti quasi tutti, è vero, ma una cosa è liquidare Santorum, col quale ci si può anche permettere di usare toni sbrigativi, altra cosa è tenere testa a un presidente in carica.

Gli esperti elettorali di Obama sono comunque rimasti molto colpiti dai progressi oratori fatti di recente dal leader mormone che in varie apparizioni televisive è parso più disteso, affabile, convincente, perfino autoironico. E quando ha parlato con l'emittente ispanica Univision, la sua «performance» è stata giudicata anche alla Casa Bianca migliore di quella offerta, in parallelo, alla stessa rete da Obama.

Ovviamente in tutto questo «fasciarsi la testa» c'è anche un po' di pretattica e il tentativo di sgonfiare le pericolose aspettative di un confronto stravinto da Obama. Che poi avrà altre due occasioni di dibattito con Romney: una il 16 ottobre alla Hofstra University di Long Island, vicino New York, dove i due candidati risponderanno alle domande di politica estera e interna del pubblico e della moderatrice, Candy Crowley della CNN. L'ultimo dibattito il 22 ottobre a Boca Raton, in Florida, con un confronto a tutto campo diretto da un altro «veterano»: il 75enne Bob Schieffer, celebre «anchor» della CBS.

La scelta di due «grandi vecchi» ha fatto storcere il naso a molti. Così come la loro insistenza per cambiare il formato dei dibattiti. In quello di domani sera, che dovrebbe essere seguito da circa 60 milioni di americani, Lehrer ha insistito - spuntandola - su una riduzione delle domande: saranno 6 invece delle 9 di quattro anni fa. Questo significa che i candidati avranno più tempo, 15 minuti circa, per sviscerare ciascun tema. Un vantaggio per il presidente, in teoria. Sempre che non cada nel vecchio vizio di essere verboso.

 

 

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