1. E LO CHIAMAVANO SUPERMARIO, COME L’EROE DEL VIDEOGIOCO! VITA (BREVE), MIRACOLI (MANCATI) E MORTE (ANNUNCIATA) DI “SCIOLTA CIVICA” E DEL SUO LEADER MONTI 2. GENNAIO 2013-NOVEMBRE 2013: A SOLI DIECI MESI DALLA SUA NASCITA IL PARTITINO CREATO DAL SENATORE A VITA PER GRAZIA RICEVUTA DA RE GIORGIO FA BANCAROTTA E LA DIPARTITA NON TROVA ALCUNA ECO NEI GIORNALONI DEI POTERI MARCI CHE AVEVANO ACCOLTO L’ARRIVO DEL BOCCONIANNO TRISTE CON ALTI RUMORI DI GRANCASSA…

DAGOANALISI
E lo chiamavano pure Supermario, come l'eroe del videogioco...

Ma più che un Trinità spietato delle praterie accademiche, Mario Monti si è rivelato soltanto un imbelle Trilateral oggi ammaccato dai tanti insuccessi accumulati nel giro di una brevissima stagione sia nel disbrigo degli affari di governo sia nel ruolo successivo di capo bastone di un manipolo di Superboni parlamentari oggi allo sbando.

Un mandriano costretto a pascolare imbolsito nel parco buoi della politica dove i suoi di "Scelta civica" - in testa il fidato stalliere Andrea Romano -, scappano come branchi feriti e inferociti nei suoi confronti. E dopo averlo accolto al suono delle fanfare, nei giorni della sua scomparsa dell'ultimo partitino figlio della cosiddetta seconda Repubblica, i media dei Poteri marci scelgono il silenzio (della vergogna) al momento di accompagnare quel loro "congiunto" nel Pantheon dei Grandi Bluff della politica.

"Sciolta civica" toglie così il disturbo nel Paese e alle Camere dopo appena dieci mesi dall'atto della sua incredibile nascita: gennaio 2013 - novembre 2013. Un altro primato conquistato da Rigor Mortis dopo il debito pubblico record lasciato in eredità al momento della sua uscita da palazzo Chigi (aprile 2013). E sul terreno dell'ennesima disfatta, Minusmario abbandona al suo triste destino pure il cagnolino Empy. Oggi cucciolo rinnegato dopo averlo ben mostrato nella tv della Bignardi tra un boccale di birra e l'altro.
Così da attirare, vanamente, le simpatie e i consensi in vista della sua disastrosa avventura elettorale (primavera 2013).

Ma sul Corrierone, il quotidiano diretto da Flebuccio de Bortoli, non c'è neppure un necrologio di circostanza in prima pagina sulla fine di Supermario.
Nemmeno un gesto di "rabbia e di orgoglio" di cui era capace la tanto adorata (e non rispettata professionalmente) Oriana Fallaci: "Il nostro è un Paese così fazioso, così avvelenato da meschinerie tribali! Si odiano anche all'interno dei partiti(...)non riescono a stare insieme (...)gelosi, biliosi, vanitosi, piccini, non pensano che ai propri interessi personali, alla propria carrieruccia...."

Già, dimenticare il bocconiano triste.
Il professore che era sbocciato all'improvviso nei giardini inariditi del Quirinale nell'autunno del 2011. E spedito da re Giorgio a Palazzo Chigi per salvare un Paese a rischio default.
L'italietta allora era governata, grazie comunque a un voto popolare, dal Cavaliere Nero Silvio Berlusconi.

Con i giornali dei Poteri marci che accompagnarono l'arrivo del Salvatore della Patria, anzi propiziandolo, con fragorosi e assordanti "Monti uber alles" scanditi dalla grancassa.
Un rullare di tamburi che annunciavano pure le rituali "Lacrime&Sangue" (tasse e licenziamenti) ai poveri lettori (in tutti i sensi) che hanno avuto il solo effetto di farli scappare in massa dalle edicole.
Ma il lettore non era il primo padrone del giornale?

Tanto rumore per nulla, verrebbe da dire dopo che le imprese di Mario Monti si sono rivelate l'ultima "bancarotta" dei tecnici al governo.
Gli stessi che da oltre vent'anni occupano i posti chiavi dell'economia e della finanza ma continuano a maledire l'operato dei ministri del passato ventennio.

A dirla tutta, però, il figlio del "papocchio Napolitano" in realtà si era già auto-candidato a quel ruolo di premier-vassallo dell'Europa guidata dalla teutonica Angela Merkel.
Nell'estate di quello stesso anno Mario Monti scriveva un editoriale sul "Corriere della Sera" per sostenere che allo scopo di evitare il "downgrading politico e finanziario" e recuperare "dignità" al Paese, sarebbe stato auspicabile l'avvento di un "podestà forestiero". Sia pure imposto dall'alto dalla Troika del vecchio continente.

E chi meglio di Rigor Mortis, l'uomo dei miracoli (alla rovescia), poteva vestire quel ruolo?
Sull'empio Colle di Re Giorgio si consumarono nefandezze istituzionali mai viste prima di allora. Ma che sfuggirono all'occhio solitamente accigliato dei costituzionalisti in servizio sui giornaloni di Lor signori: dalle dimissioni di Berlusconi, sotto la pressione indebita (moral suasion) del capo dello Stato e senza alcuna sfiducia in Parlamento -, alla nomina, irrituale e improvvida, di Rigor Mortis a senatore a vita. E, dulcis in fundo, le elezioni anticipate e irrituali (fine febbraio di quest'anno) dopo che Rigor Mortis annunciava le sue dimissioni dal governo e aveva il colpo d'ala (o di follia) di presentarsi in prima persona al giudizio degli elettori.

Mal gliene colse!
Nelle urne "Scelta civica" raccoglieva un misero 8,3% che senza il voto di coalizione superiore di poco al 10% (Fini-Casini-Tabacci-Montezemolo) non gli avrebbe mai consentito di superare il quorum per portare i suoi in Parlamento.
Un tonfo annunciato (da pochi, compreso Dagospia).
Tant'è.

Torniamo al debutto al governo dei super-tecnici del nostro Trinità-Trilateral.
Il 17 novembre 2011 il ronzino varesino nominato senatore a vita da Caligola-Napolitano avrà una fiducia record dai due rami del parlamento: 288 sì al Senato e 556 a Montecitorio. La più alta mai registrata nella storia repubblicana. A votare contro sono soltanto i leghisti di Bossi e Maroni, che di polli varesini (città natale di Monti) se ne intendono.

Il suo anno di governo tra "alti e bassi" come annotano gli editorialisti compiacenti per non perdere la faccia dopo la fiducia (sfacciata) accordata a Rigor Mortis, non lascerà traccia visibile dei miracoli annunciati dal Profeta della Bocconi.

Per i Gabibbo alle vongole del Corrierone, Stella&Rizzo, le dimissioni di Berlusconi - appena condannato a quattro anni di reclusione per frode fiscale -, e l'ascesa di Rigor Mortis "marcano" pure la fine della seconda Repubblica.

Almeno così favoleggiano i due cronisti a valve spente nell'ultimo volume di "Politica in Italia" edito dal Mulino. La casa editrice bolognese dei politologi "a la carte" (Panebianco, Pasquino, Della Loggia etc) da cui negli ultimi anni si sono allontanati in fretta prima il geniale Beniamino Andreatta e a seguire il suo allievo prediletto, Romano Prodi.

Ma è storia nota, gli italiani (o chi li rappresenta: partiti e media) hanno sempre qualche attenuante da accampare e - come osservava lo scrittore Giuseppe Prezzolini -, spesso si fanno "guidare da imbecilli i quali hanno fama di essere machiavellici, riuscendo così ad aggiungere al danno la beffa, ossia l'insuccesso alla disistima".
Ogni riferimento a Rigor Mortis è puramente casuale...


 

ANDREA RICCARDI E MARIO MONTI FOTO INFOPHOTO monti montezemolo riccardi jpegMARIO MONTI E LUCA DI MONTEZEMOLO jpegmonti figlia e cane montezemolo MONTI - SCHIFANI - NAPOLITANO - FINIFOTO DI GRUPPO BAGNASCO MONTI BERTONE NAPOLITANO SCHIFANI FINI Napolitano e Mario Monti fba e cb ac d bfa monti casini

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