salvini di maio renzi

IL VOTO SULLA TAV SPACCA IL MOVIMENTO CINQUE STELLE E MANDA IN TILT ANCHE IL PD - IL GODIMENTO DI SALVINI E’ TOTALE PERCHE’ ORA DI MAIO E’ AZZOPPATO DALLA FRONDA INTERNA CHE VUOLE RIDIMENSIONARNE I POTERI. E NEL PARTITO DEMOCRATICO SI E’ RIACCESA LA GUERRA TRA I RENZIANI, IN MAGGIORANZA NEI GRUPPI PARLAMENTARI, E IL CERCHIO MAGICO DI ZINGARETTI CHE NON RIESCA A IMPORRE UN DIALOGO CON I PENTASTELLATI... - FOSSE PREVALSO IL TEOREMA ZANDA, IL PD SAREBBE USCITO DALL’AULA LASCIANDO LA LEGA SOLA A SCHIANTARSI. INVECE RENZI HA REMATO CONTRO - A FINE GIORNATA MATTEUCCIO HA...

1 - M5S ACCUSA DI MAIO «COSÌ NON REGGIAMO BASTA CEDERE SU TUTTO»

Simone Canettieri e Emilio Pucci per “il Messaggero”

 

luigi di maio e matteo salvini. 4

«Tre ministri sono troppi». Luigi Di Maio non chiude alla richiesta di rimpasto di Matteo Salvini. Ma tre, ecco, tutti M5S, sono un po' troppi, ha risposto all'(ancora per poco?) alleato. Non proprio una difesa granitica di Toninelli, Trenta e Costa, se vogliamo. Ma soprattutto Costa - un simbolo per il mondo ambientalista a 5Stelle - è un boccone troppo difficile da mandare giù per i pentastellati, già provati da tanti colpi leghisti. «Tre ministri sono troppi», appunto. Di Maio farà del suo meglio, ora per barcamenarsi tra le richieste salviniste e i malumori sempre più palpabili della sua base.

 

salvini e di maio ai lati opposti dei banchi del governo

Ieri, all'assemblea dei senatori grillini, l'unica dissidente presente era La Mura, Mantero è rimasto solo alcuni minuti, gli altri senatori che sono usciti dall'Aula lunedì sul voto di fiducia sul dl sicurezza bis sono rimasti alla larga dalla riunione a palazzo Madama. L'accelerazione sulla crisi, con Salvini che ieri ha soffiato sul fuoco dopo le mozioni sulla Tav, ha cambiato il quadro. «Non indeboliamo Luigi. In questo momento occorre compattezza: Il leader è lui, non va attaccato».

 

Sono intervenuti in tanti, elogiando poi il capogruppo Patuanelli per il lavoro di mediazione. E le critiche che nei giorni scorsi sono state rivolte al capo politico sono state sfumate. Troppo importante il momento per mettere sul banco degli imputati apertamente chi deve trattare ed evitare il tutti a casa. Anche se Morra lancia una proposta-choc: votare su Rousseau se andare avanti oppure no col governo.

GIANLUIGI PARAGONE NICOLA MORRA

 

Tra i pentastellati gira un sondaggio allarmante: il Movimento 5Stelle ora sarebbe al 14%. «In caso di urne sarebbe una catastrofe», alza le braccia un big. E allora meglio abbassare i toni e nel caso acconsentire alla richiesta di rimpasto dell'alleato. Perlomeno è la tesi che è prevalsa.

 

Il documento al quale ha lavorato il direttorio e portato all'attenzione di Di Maio alla fine non è stato votato. Discusso sì, apertamente, punto per punto, ma si è poi deciso di evitare qualsiasi forzatura, anche per non far emergere alcuna spaccatura. Ma se Di Maio (per ora) è stato solo evocato senza però essere additato come colpevole numero uno della situazione che si è creata, per i senatori non si salvano invece sottosegretari e alcuni ministri. Serve un governo più efficiente, la richiesta, una condivisione sulle leggi tra i membri dell'esecutivo e i gruppi parlamentari, una comunicazione e una organizzazione diversa.

luigi di maio stefano buffagni riccardo fraccaro danilo toninelli barbara lezzi

 

L'APPELLO

La sintesi dell'appello lanciato a di Maio è che «dobbiamo cambiare, altrimenti si muore». Dotandosi di una struttura simile alla Lega. L'invito arrivato a Di Maio è sempre lo stesso: «Devi allargare la squadra, non puoi fare tutto da solo». Poi c'è l'argomento Salvini. E' vero che la volontà di andare a votare non c'è, ma serve una maggiore difesa dei valori pentastellati, mettere un freno allo strapotere del Carroccio. E se Di Maio dovesse sul serio sacrificare alcuni ministri come Toninelli e Grillo, l'ala ortodossa è pronta ad irrigidirsi ancora di più.

TRENTA COSTA BONISOLI TONINELLI LEZZI GRILLO

 

«Cedere alla Lega? Così non reggiamo», taglia corto un grillino della prima ora. Il rischio è sempre quello del logoramento. Non si nasconde però l'amarezza perché «nonostante i nostri sforzi Salvini ci sta annientando». Mentre Di Maio ha promesso che agosto sarà il mese della riorganizzazione del Movimento e che d'ora in poi ci sarà una maggiore compartecipazione nelle scelte.

 

2 - CAOS PD, ZINGARETTI: «ORA CONTE LASCI» MA LA STRATEGIA PER L'AULA SPACCA I DEM

Barbara Acquaviti per “il Messaggero”

 

TOMMASO CERNO E MATTEO RENZI

Finisce con Matteo Renzi che appunta una spilletta del Movimento5stelle sul bavero del senatore Tommaso Cerno, unico dem (portato a palazzo Madama proprio dall'allora leader pd) ad aver votato con i pentastellati. Per il resto, il Pd a palazzo Madama va dritto contro le mozioni no Tav e a favore di quelle che chiedono il completamento dell'opera.

 

Un secondo dopo, Nicola Zingaretti, detta la linea: è «assolutamente evidente che il governo non ha più una maggioranza», «Conte si rechi immediatamente al Quirinale dal presidente Mattarella per riferire della situazione di crisi che si è creata». Insiste il governatore del Lazio: «L'Italia ha bisogno di lavoro, sviluppo, investimenti e ha bisogno di un governo che si dedichi a questo e non ai giochi estivi di Salvini e Di Maio contro gli italiani».

RENZI ZINGARETTI

 

ILLUSIONE

La compattezza, però, è un'illusione che regge solo in quei microsecondi in cui il tabellone di palazzo Madama si illumina, esprimendo il verdetto'. Perché alla scelta di rimanere in aula e votare insieme al resto delle opposizioni - di fatto tutto il centrodestra - ci si arriva, è vero, dopo una mattinata di contatti tra il segretario e il capogruppo Andrea Marcucci, ma comunque a colpi di guerra interna.

 

DOPPIO PERCORSO

zanda

Due diverse strategie, due diversi obiettivi, di fatto, due diversi partiti: l'ultimo delicato voto prima della pausa estiva non fa che accrescere la spaccatura tra i renziani e gli uomini del segretario. Gli uni, maggioranza nei gruppi parlamentari, riescono a imporre la decisione: si sta in aula e si vota contro i grillini e insieme a tutti gli altri.

 

A mettere agli atti ufficialmente la linea degli uomini vicini a Zingaretti, a voto appena lasciato alle spalle, è invece il tesoriere del partito, Luigi Zanda. «Sono a favore della Tav ma ho votato per disciplina del gruppo, perché politicamente sarebbe stato molto più utile uscire dall'Aula per fare emergere con più forza l'incompatibilità ormai conclamata tra Lega e M5S».

NICOLA ZINGARETTI E MATTEO RENZI

 

E ancor più chiaramente: «Non mi è piaciuto vedere il voto Pd accostato a Lega, Forza Italia e Fdi». D'altra parte, il senatore aveva già fatto partire la contraerea renziana ricordando all'ex premier, in un'intervista a Repubblica, di aver promesso di lasciare la politica in caso di sconfitta al referendum.

 

Fuori da palazzo Madama a contestare la linea dell'ex segretario è invece Carlo Calenda: se fosse passata la mozione del M5S «con l'astensione delle opposizioni, la spaccatura sarebbe diventata una sfiducia politica a Conte». Insomma, lasciar vincere i grillini per far deflagrare la situazione.

TOMMASO CERNO

 

Ma la corsa alle urne per i parlamentari vicini all'ex presidente del Consiglio significa andare incontro al rischio quasi certo di non rimettere piede in Parlamento, perché le liste ora sono in mano al nuovo segretario. L'area zingarettiana, al contrario, avrebbe tutto l'interesse a prendersi la maggioranza dei gruppi, visti anche i sondaggi che danno il Pd in recupero rispetto alle politiche.

 

LA TENTAZIONE DI RENZI

A cambiare tutto potrebbe essere però la tentazione di Renzi - sempre più forte anche se sempre pubblicamente negata - di creare una sua formazione politica. «A settembre», sussurra un senatore a lui vicino. Molto dipenderà dai tempi di una eventuale crisi. Intanto, i suoi fedelissimi si intestano il successo della strategia d'aula. E a Calenda fanno notare che anche senza i 51 voti del Pd, tutti gli altri partiti insieme sarebbero stati sufficienti a bocciare la mozione M5S.

 

alessandro di battista 1

Il senatore di Rignano prende spunto dalle parole di Di Battista, ma parla a suocera perché nuora intenda. «Noi pensiamo al Paese e dunque siamo per il sì alla Tav, divertente la strategia di alcuni statisti nostrani, a cominciare da Di Battista e persino qualche dem: il Pd doveva votare contro la Tav, così Salvini si sarebbe arrabbiato». Né lo scambio di cortesie tra colleghi di partito finisce qui: «Matteo ti voglio bene ma non fare il paravento giocando con opinioni altrui», gli replica Calenda.

Ultimi Dagoreport

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…