1. LA SPIA DELLA CIA CHE HA PERMESSO DI TROVARE BIN LADEN E CHE HA ISPIRATO IL PERSONAGGIO DELLA PROTAGONISTA DI ‘’ZERO DARK THIRTY’’, DICHIARA GUERRA ALLA CIA 2. L’AGENZIA HA CONFERITO SIA A LEI, CHE AD ALTRI AGENTI LA PIÙ ALTA ONOREFICENZA PER LA CATTURA. MA LA 007, CHE HA DOVUTO FATICARE PER CONVINCERE I VETERANI A SEGUIRE LE SUE INTUIZIONI, SI è INCAZZATA DICENDO CHE SOLO LEI MERITAVA LA MEDAGLIA 3. ORA CHE LE DONNE SONO PROTAGONISTE DEL MONDO DELL’INTELLIGENCE E NON SOLTANTO COMPARSE SEXY E DOPPIOGIOCHISTE, LO SCAZZO STA DIVENTANDO UN CASO NELLA CIA 4. ATTRAVERSO DI LEI, IL FILM DELLA BIGELOW SUGGERISCE LA DIFFERENZA DI PROSPETTIVA CHE ESISTE TRA LO SGUARDO DI UNA DONNA E QUELLO DI UN UOMO

1. ZERO-ZERO-TETTE - LA DONNA-AGENTE CHE HA PERMESSO DI TROVARE BIN LADEN, DICHIARA GUERRA ALLA CIA
Guido Olimpio per il "Corriere della Sera"

Agente-donna della Cia, sui 30 anni, ha sfidato i veterani: «Se vogliamo trovare Osama dobbiamo seguire chi gli porta i messaggi». E così gli americani sono arrivati a Bin Laden. Sei mesi dopo, la Cia le ha conferito la più alta onorificenza. Ma la medaglia è stata assegnata anche ad altri. E lei non ha gradito («Solo io la meritavo»), forte anche del fatto di aver ispirato il personaggio di «Maya» nel film Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow dedicato al blitz contro Osama.

Che sia di carattere e combattiva lo dice la sua storia. Agente-donna della Cia, sui 30 anni, ha sfidato i veterani più scaltri insistendo con la sua teoria del corriere: «Se vogliamo trovare Osama dobbiamo trovare e seguire chi gli porta i messaggi». Lo diceva, lo ripeteva, non le davano retta. Poi alla fine si sono convinti. La Casa Bianca premeva per dei risultati nelle indagini sul capo di Al Qaeda e allora hanno provato. Bingo. Così - secondo la versione ufficiale - sono arrivati a Bin Laden e al suo rifugio a Abbottabad in Pakistan.

Lei ha gustato quella vittoria fino in fondo, riuscendo a vedere il corpo senza vita della «preda». La sua «preda». Poi un pianto liberatorio - raccontano - accucciata sull'aereo che trasportava la salma del terrorista. Ma il caso della 007 ha avuto una coda non proprio elegante. La Cia, mesi dopo, le ha conferito la più alta onorificenza dell'agenzia - la Distinguished Intelligence Medal -, un riconoscimento meritato. Solo che quella medaglia è stata assegnata anche ad altri agenti che hanno partecipato all'operazione. E lei non ha gradito. Con un gesto inusuale ha spedito un'email interna a dozzine di colleghi: «Voi mi avete ostacolato e osteggiato. Solo io meritavo quel premio».

Al settimo piano del comando Cia, dove siedono i vertici dell'agenzia, non l'hanno presa bene. E così - come svela il Washington Post - hanno bloccato la sua promozione, uno scatto che le avrebbe portato in busta paga un aumento annuale di circa 14 mila euro. Uno stop bilanciato dal trasferimento ad una nuova unità anti-terrorismo e da un bonus in denaro. Ma neppure questo ha riportato la pace tra le «ombre».

Agli sgarbi di scrivania - la Cia è spesso simile a qualsiasi altro ufficio del mondo - si è aggiunto del veleno. Intinto nella gelosia. La 007 ha ispirato il personaggio di «Maya» - interpretato da Jessica Chastain - nel film «Zero Dark Thirty» di Kathryn Bigelow in uscita tra pochi giorni e dedicato al blitz contro Osama. La regista ha costruito la storia sull'agente donna e per farlo uno dei suoi collaboratori ha potuto consultarla a lungo.

Colloqui, scambi di idee, una visita al «centro» che ha gestito l'assalto e al poligono che riproduceva la palazzina di Abbottabad. Vuoi vedere, insinua qualcuno, che la vera «Maya» ha parlato troppo. Un'accusa che i repubblicani hanno esteso in questi mesi all'amministrazione Obama: hanno aperto le porte della Cia e svelato segreti alla Bigelow per celebrare il presidente con un film propagandistico.

«Maya» è rimasta in mezzo, anche se era inevitabile. Molti le riconoscono la determinazione e l'intuizione che ha portato le spie sulla pista giusta. Però aggiungono che l'individuazione di Bin Laden è stata il frutto di un lungo lavoro di squadra. Infine non risparmiano critiche al suo carattere, a volte sopra le righe. E la stessa Bigelow ne ha suggerito qualche aspetto. In una scena del film, dopo l'uccisione di altre due donne della Cia in Afghanistan (fatto vero), «Maya» reagisce con queste parole: «Credo di essere stata risparmiata in modo da poter finire la mia missione».

2. UN INCUBO CHIAMATO OSAMA
Giulia D'agnolo Vallan per "Il Manifesto"

Zero Dark Thirty, in gergo militare, è il il cuore della notte. È anche l'ora (le 24.30) in cui i Navy Seals di Team Six, il primo maggio 2011, misero piede nel cortile delle residenza fortificata di Osama Bin Laden, ad Abbottabad. Il film di Kathryn Bigelow che presenta lo stesso titolo, apre su un'oscurità ancora più profonda e vertiginosa. Prima di tutto, su schermo nero, passa una ricreazione audio del panico di voci e rumori dell'undici settembre. Stacco e siamo in un black site (sì, ancora nero) in un luogo non identificato dove la Cia conduce i suoi interrogatori segreti.

E Bigelow, nel caso qualcuno sospettasse che avrebbe aggirato l'ostacolo, fa esplodere immediatamente l'idea stessa del segreto, affidando le prime immagini del suo film proprio a una scena di tortura.

Jack Bauer e Carrie Mathison, in 24 e Homeland, hanno portato lo spettro di quegli interrogatori disumani nel salotto di casa, insieme alla psiche, turbatissima, dei due agenti. La mise en scene classica e precisissima di Bigelow non ci risparmia niente, e non cerca scorciatoie: quello che si vede è una combinazione di metodicità scientifica e macelleria medioevale.

I rituali e gli attrezzi di scena svelati al mondo dalle micidiali foto di Abu Ghraib ci sono tutti - cappio, cappuccio, collare da cane, waterboarding, le umiliazioni sessuali, l'heavy metal a volume assordante... «La jihad continuerà a esistere tra cent'anni», riesce a mormorare tra sangue, sputo e lacrime Ammar (Reda Kateb, l'attore di Un Prophet)

«Ammiro la tua resistenza, fratello. Ma alla fine cedono tutti. È questione di biologia», gli dice l'uomo Cia. Interpretato dal luminoso attore australiano Jason Clarke, non è un sadico o un depravato (la famose «mele marce» di Rumsfeld). Ma uno che sta facendo il suo lavoro.

Nella sua complessa architettura drammatico/visiva (la sceneggiatura dell'ex giornalista Mark Boal è un ibrido tra reportage investigativo e fiction, la mise en scene di Bigelow è limpida, inequivocabile, priva dei virtuosissimi manipolatori di un Greengrass), Zero Dark Thirty è un film che non prevede «zone di conforto» per lo spettatore. Quello che sta succedendo - che sia una bomba su un bus di Londra o in una base militare afghana, o un uomo torturato selvaggiamente in una remota prigione pakistana o polacca - è un problema di tutti.

Il «lavoro» della guerra era anche il tema di The Hurt Locker e tutto il cinema di Bigelow è fatto di appassionate immersioni in microcosmi di cui esplora procedure e codici (che si tratti di bikers, vampiri, surfisti rapinatori o militari che disinnescano bombe). Allo stesso modo Zero Dark Thirty è un film che esiste in un microcosmo preciso, la caccia a Bin Laden vista non attraverso le scelte di Bush o Obama, ma nel quotidiano di chi l'ha fatta.

Bigelow e Boal affidano la loro storia a un'analista fresca di college (Jessica Chastain), catapultata a Islamabad da Langley. Il personaggio esiste realmente. Attraverso di lei, Bigelow suggerisce in modo sottile, ma inequivocabile, la differenza di prospettiva che esiste tra lo sguardo di una donna e quello di un uomo. Che è poi il senso profondo di tutto il suo cinema.

Maya (Chastain) ci mette un po' ad abituarsi alla realtà della «guerra contro il terrore». Ma poi trova il modo di adeguarsi - dopo tutto, come dicono nei corridoi della sede Cia in Pakistan, ha l'istinto di un killer. In un arco di tempo di circa otto anni, concentrato in due ore e quaranta di film, Maya punta tutte le sue energie su quello che molti dei suoi colleghi credono un fantasma: Abu Ahmad-alKuwaiti, un classico «ago nel pagliaio» che si rivelerà il corriere speciale di Bin Laden e l'uomo che porterà gli americani allo scalcinato «fortino» di Abbottabad.

Sorveglianza incessante, interrogatori, bustarelle, piste false, altri interrogatori, altra sorveglianza... il tutto punteggiato da notizie di bombe che esplodono qua e là, colleghi che ci lasciano la pelle, incluso il regalo di una sfavillante Lamborghini gialla a un ricco saudita in cambio del numero di telefono della mamma di Abu-Ahmad...ll suo è un lavoro ossessivo, frustrante e certosino. Condotto quasi esclusivamente lontano da Washington e occasionalmente insubordinandosi al proprio capo, che la vorrebbe impegnata su altro. Nell'arco di quegli anni di caccia ossessiva, la Casa Bianca cambia di mano. Sullo sfondo di una scena, Obama in tv promette la messa fuori legge della tortura.

«L'aria è diversa a Washington. Fai attenzione a non rimanere l'ultima con un collare di cane in mano», le dice un collega prima di rientrare in Usa. Ma in genere Zero Dark Thirty evita accuratamente le maiuscole della politica. Si vedono per un paio di scene Panetta (James Gandolfini), Brenner... Ma il film, e la storia, appartengono a Maya, ai suoi colleghi e ai Seals che completeranno il raid. Al momento della messa in lavorazione, alcuni repubblicani l'avevano denunciata come un'operazione di propaganda favorita dalla Casa Bianca di Obama per opportunistici scopi elettorali. Per evitare problemi, l'uscita del film era stata posticipata a Natale.

Visto adesso, a rielezione avvenuta, Zero Dark Thirty non solo non è un film banalmente «pro Obama»: non è un film su un evento del passato, né descrive un sollievo. Nella sua magnifica, sicura, chiarezza formale e politica è una finestra su un problema aperto - Guantanamo, i black sites, i droni... Ci stanno davanti, portando con sé interrogativi difficili da risolvere. Sono decisamente, ancora, un problema di tutti.

 

 

Gli americani festeggiano la cattura di Osamaosama bin ladenOSAMA BIN LADENL'elicottero Usa abbandonato per un problema tecnico nei pressi del complesso in cui era nascosto Osama Bin Laden ad Abbottabad (Epa)elicotteroosama bin laden death picture Sangue vicino al letto del compound di Osama Bin LadenZero Dark Thirty zero dark thirty jessica chastain Zero Dark Thirty zero dark thirty Zero Dark Thirty guai sul set e titolo di lavorazione per il film di Kathryn Bigelow KATHRYN BIGELOWosama-obamaObama ha beccato Osama OBAMA ANNUNCIA LA MORTE DI OSAMA

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…

maurizio belpietro giorgia meloni galeazzo bignami francesco saverio garofani sergio mattarella

GIORGIA MELONI NON ARRETRA! DOPO L'INCONTRO AL QUIRINALE CON MATTARELLA, LA DUCETTA HA RIBADITO LA VERSIONE DEL CAMERATA GALEAZZO BIGNAMI: “RAMMARICO PER LE PAROLE ISTITUZIONALMENTE E POLITICAMENTE INOPPORTUNE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI” – AL CONSIGLIERE DI MATTARELLA SARÀ SFUGGITA UNA PAROLA DI TROPPO, MA DA UNA BANALE OSSERVAZIONE POLITICA SUL CENTROSINISTRA AL GOLPE QUIRINALIZIO, CI PASSA UN OCEANO – PERCHÉ BELPIETRO NON PUBBLICA L'AUDIO IN CUI GAROFANI EVOCAVA UN “PROVVIDENZIALE SCOSSONE” (AMMESSO CHE LO "SCOSSONE" NON SI RIFERISSE AL CENTROSINISTRA)? SE LO FACESSE, LA QUESTIONE SAREBBE CHIUSA: PER GAROFANI SAREBBE DIFFICILE RESTARE AL SUO POSTO – IL QUIRINALE AVEVA FATTO SAPERE CHE DOPO L’INCONTRO CI SAREBBE STATO UN COMUNICATO. PER ORA L’HA FATTO LA MELONI: CI SARÀ UN’ALTRA NOTA DAL COLLE? - BIGNAMI INSISTE: "CI HA SORPRESO LA REAZIONE SCOMPOSTA DEL PD, GAROFANI HA CONFERMATO I CONTENUTI E NON HO VISTO PIATTI VOLARE DAL QUIRINALE..."