''DOVREI RIMPROVERARE MIO FIGLIO PERCHÉ…'' - MATTIA E VITTORIO FELTRI TORNANO SULLA QUESTIONE BOLDRINI. IL PRIMO: ''NON NEGO, NON HO MAI NEGATO, CHE QUESTA VOLTA INTERVENGONO QUESTIONI PERSONALI. E QUANDO L'ALTRO GIORNO HO CHIAMATO PER LA PRIMA VOLTA IN VITA MIA L'ONOREVOLE BOLDRINI, MI SONO MESSO IN TRAPPOLA DA SOLO'' - VITTORIO: ''NON HO MAI DETTO CHE LA VITTIMA È RESPONSABILE, SOLO CHE È INGENUO TORNARE TRE VOLTE A CASA DI UNO CHE SI IMBOTTISCE DI DROGA, ED ENTRARE IN CAMERA SUA''

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1. LA CENSURA E NOI - QUALCHE APPROFONDIMENTO SUL CASO CON L’ONOREVOLE BOLDRINI

Mattia Feltri per www.huffingtonpost.it

 

In capo a due giorni bizzarri, nel corso dei quali HuffPost e io ci siamo imbattuti in una quantità di giudici instancabili, spesso sommamente severi, la maggior parte sprovvisti dei titoli e delle conoscenze necessarie – della professione e del caso – per emettere giudizio, penso sia mio dovere tornare, per l’ultima volta, sulla questione dell’onorevole Boldrini.

 

Lo faccio perché mi dispiace che sulla redazione di HuffPost – una redazione meravigliosa, di ragazzi che lavorano seriamente dalla mattina alla sera, che non si lamentano mai, che sono un esempio di dedizione e di correttezza – si sia riversato tanto malanimo ingiustificato (ma anche tanta solidarietà). E lo faccio perché ero convinto che la mia succinta risposta all’onorevole Boldrini dell’altro giorno fosse sufficiente per respingere attacchi e accuse surreali. Evidentemente non era così.

mattia e vittorio feltri premio e' giornalismo 2018 14 mattia e vittorio feltri premio e' giornalismo 2018 14

 

Non nego, non ho mai negato, che questa volta intervengono questioni personali, del rapporto fra mio padre e me. Mi sono dato una regola: non parlo in pubblico di mio padre, da vent’anni, direi, perché qualsiasi cosa dica – nel bene e nel male – sarebbe usata contro di me. Qualche volta vorrei difenderlo, qualche volta vorrei criticarlo, ma come si vede in queste ore non c’è serenità d’animo per accogliere le mie parole per quelle che sono: il mio pensiero.

 

Non ne parlo e non voglio che se ne parli sul giornale che dirigo. Quando mi è stato segnalato il riferimento dell’onorevole Boldrini nel suo post, ho deciso di chiamarla e di chiederle la cortesia di ometterlo. Era la prima volta che parlavo con lei in vita mia. Pensavo fosse una telefonata con una persona corretta e ragionevole. Ho sbagliato. Sbaglio molto spesso.

 

laura boldrini laura boldrini

Poi torno a quella telefonata, ma prima tocca precisare che, più in generale, su HuffPost non ingaggiamo duelli con altri giornali. Se ci capita, è per ragioni eccezionali, ben meditate e condivise da redazione e direzione. Da che alla direzione ci sono io, non è ancora successo. Di sicuro non deleghiamo la pratica a un blogger, cioè a un ospite: se nel blog di Laura Boldrini il bersaglio fosse stato Luciano Fontana o Maurizio Belpietro, avrei fatto una telefonata molto simile.

 

Ma c’è un ulteriore particolare che forse Laura Boldrini ha dimenticato o trascurato, ed è la policy a cui tutti i nostri blogger sono sottoposti. Sulla policy c’è scritto che la redazione e la direzione si riservano di non pubblicare i blog senza dare spiegazione e senza nemmeno avvertire (un paio di settimane fa ho sospeso il blog di Carlo Rienzi del Codacons per una ragione che dettaglierei così: non mi piace). Non ci siamo inventati nulla.

 

Vale sempre e vale ovunque: in trentadue anni che faccio questo mestiere ho visto quotidianamente e più volte al giorno direttori buttare via articoli per mille motivi, di opportunità, di linea politica, di convenienza, di gusto, talvolta le scelte sono illustrate, altre liquidate alzando un sopracciglio, ed è la normalità eterna della stampa. Se nella policy le regole sono esplicitate, è proprio perché chi non pratica i giornali magari non le conosce, e crede di usare una testata come il suo profilo Facebook. Dentro queste regole, i blog di Huff hanno prosperato e costituiscono una comunità ricca, plurale e libera. Ma non licenziosa.

 

Dunque avrei potuto cestinare il blog e lasciare l’onorevole ai suoi fantasmi, nella piena legittimità di direttore. Ma mi sembrava sgarbato. Avrei potuto chiamare l’onorevole Boldrini e restare sul vago, ma mi sembrava disonesto. Invece sono uno stupido, e le ho detto le cose come stavano, nella fiducia di trovarmi a confronto con una persona con cui intrecciare un ragionamento.

 

VITTORIO E MATTIA FELTRI VITTORIO E MATTIA FELTRI

Lei ha rifiutato e, sul sottofondo delle sue proteste, pensavo che mi ero intrappolato con le mie mani, e all’impossibilità di uscirne: se avessi pubblicato, si sarebbe detto ecco anche il figlio scarica il padre eccetera; se non avessi pubblicato si sarebbe detto censura, e infatti l’hanno detto, senza conoscere il significato di censura; alcuni mi hanno persino spiegato che di mio pugno avrei dovuto aggiungere in coda al suo pezzo due righe di dissenso, ma temo sarebbe stata un’innovazione un po’ brusca e vagamente comica nella plurisecolare storia del giornalismo; in ogni caso lasciar correre sarebbe stato un tradimento verso gli altri blogger.

 

Mentre riflettevo su queste cose, l’onorevole Boldrini mi ha avvertito che, se non avessi pubblicato il blog, avrebbe reso pubblica la nostra telefonata. Ricordo di essere stato zitto un secondo, di avere valutato la violenza della minaccia, poi ho preso la decisione che continuo a considerare la più dignitosa: allora non pubblico, ho risposto. Ed è finita lì. E’ cominciata lì.

 

Sul sessismo e altre fantasie non mi voglio pronunciare: sono il napalm dei nostri tempi.

 

Mi rimane qualcosa da dire su Carlo Verna, il presidente dell’Ordine dei giornalisti. Due giorni fa, dopo aver letto la denuncia dell’onorevole Boldrini, ha rilasciato una dichiarazione all’Ansa parlando di censura inspiegabile. Inspiegabile perché non ho potuto spiegarla: non mi ha nemmeno telefonato. Cioè, il presidente del mio Ordine, sulla base di uno scritto su Facebook a firma di un’ex presidente della Camera, condanna pubblicamente un suo iscritto senza curarsi di sentirne le ragioni. Che, ripeto, sono ovvie ed eterne, ma se ne può sempre riparlare. Però io aspetto una sua chiamata da due giorni e non arriva. Possiamo parlare anche della censura.

 

 La censura è la pratica di controllo del potere sulla stampa, per esempio di un’ex presidente della Camera che si arroga il diritto di prevalere su un direttore e decidere che cosa va pubblicato e che cosa no. Mi rendo conto che le parole ormai assumono i significati più arbitrari, in questo caso capovolti, ma vorrei chiedere a Verna come intenda ridefinire il ruolo del direttore, quali sono i confini del suo potere, della sua responsabilità, in che modo le sue scelte, fin qui considerate insindacabili, non diventino censura. E più precisamente se Verna immagini un giornalismo in cui il collaboratore, o pure il blogger, abbiano facoltà di imporre al direttore i loro articoli.

 

Comunque, siccome Verna mi ha rivolto un’accusa così violenta, immagino che ora si aprirà un’istruttoria su di me. È un bel problema. Con che serenità posso accettare un giudizio se il presidente ha già pronunciato la condanna? Oppure, molto più probabilmente, non si aprirà nessuna istruttoria, e le parole di Verna resteranno lì, nel nulla che valgono. In ogni caso continuo ad aspettare una sua telefonata, di scuse naturalmente, che sarò lieto di accogliere.

 

 

2. DOVREI RIMPROVERARE MIO FIGLIO PERCHÉ…

Vittorio Feltri per ''Libero Quotidiano''

 

LAURA BOLDRINI E ASIA ARGENTO LAURA BOLDRINI E ASIA ARGENTO

Dovrei rimproverare mio figlio Mattia, direttore di HuffPost, per non aver pubblicato lo sproloquio di Laura Boldrini perché conteneva una aspra critica nei miei confronti? Infatti, quel che dice di me la ex presidente della Camera non ha alcuna importanza, trattandosi non solo di fregnacce miserabili ma soprattutto di falsità. La signora mi accolla frasi e concetti che non mi sono mai sognato di esprimere. Non ho mai sostenuto su Libero che la responsabilità dello stupro commesso da Genovese sia da attribuire a chi lo ha subito.

 

Al contrario ho affermato che la ragazza è stata ingenua (che non è una parola offensiva) quando per la terza volta ha accettato l'invito in casa del riccone, noto drogato, per giunta recandosi in camera da letto con l'anfitrione balordo. Se una delle mie figlie avesse voluto affrontare una simile esperienza, avrei fatto di tutto per trattenerla. Dove è ravvisabile il sessismo, dove è la mancanza di rispetto per la povera fanciulla? Evidentemente Boldrini, che siamo convinti non soffra di analfabetismo funzionale, non ha letto l'articolo che contesta, altrimenti non lo avrebbe confutato.

 

Se fosse una persona seria dovrebbe scusarsi con mio figlio e con me per aver preso lucciole per lanterne. Mattia non ha messo in circolo l'intervento della donna politica non soltanto per gentilezza filiale nei miei riguardi, bensì - suppongo - pure per un altro motivo: madame ha vergato una idiozia. Io comunque non mi offendo se qualcuno a sproposito mi attacca, anzi ne sono felice poiché ciò dimostra che ho ragione. Ecco perché Libero offre alla signora la possibilità di manifestare le sue stupidaggini sulle proprie pagine.

 

Per lo stesso motivo riporto in sintesi una frase di Luigi Manconi sul medesimo tema. Costui, il quale ritenevo essere cieco e scopro che è anche analfabeta, critica il mio italiano in quanto, riferendomi alla giovane vittima dello stupro, ho adoperato il termine «donzella». Gli segnalo che pure Leopardi non conosceva la lingua quando scrisse: «La donzelletta vien dalla campagna in sul calar del sole...».

alberto genovese alberto genovese

 

Il poeta, di sicuro, non supponeva di rischiare le reprimende insensate o, meglio, ridicole del letterato Manconi. Infine, rivolgo un pensiero al peggior presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Verna, modestissimo cronista sportivo, il quale ha trovato modo di sbarcare il lunario nella corporazione. Egli ha provveduto a condannare mio figlio Mattia (perché non ha diffuso in rete le corbellerie di Boldrini), ignorando che il direttore di una qualsivoglia pubblicazione ha il diritto di divulgare quanto gli garba. Impara, presidentino dei miei stivali.

 

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