IN ATTESA DELLA LIBERTÀ, UN PO’ DI LIBRI LIBERTINI – SCARAFFIA CONSIGLIA: LA VITA DI CASANOVA. PER SEDURRE NON ESITAVA DAVANTI AD ALCUN MEZZO, DA UNA LIEVE VIOLENZA AL DENARO - MA IL VERO MARTIRE E PROFETA DELL’EROTISMO ERA IL MARCHESE DE SADE. CHIUSO IN PRIGIONE RUGGIVA: "AVETE IMMAGINATO DI FAR MIRACOLI RIDUCENDOMI A UN'ATROCE ASTINENZA...È STATO UNO SBAGLIO: MI AVETE INFIAMMATO LA MENTE, INDUCENDOMI A CREARE DEI FANTASMI CHE DOVRÒ REALIZZARE"

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Giuseppe Scaraffia per Dagospia

 

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La solitudine forzata di questi giorni spinge forzatamente i lettori verso “quei libri pericolosi che, dice Rousseau, una donna di mondo trova scomodi, perché li si può leggere soltanto con una mano sola”. E il Settecento è la patria di questa letteratura venduta sottobanco. Si racconta di dame che avevano fatto rilegare le opere di Sade come un messale per leggerlo durante le messe.

 

Benchè fosse innegabilmente un avventuriero, la vera ossessione di Giacomo Casanova erano le innumerevoli conquiste. Per sedurre le sue prede, Casanova non esitava davanti ad alcun mezzo, da una lieve violenza al denaro, offerto generosamente prima per vincere le resistenze e poi, esaurito il desiderio, per dare una dote alla pupilla. “Sentendomi nato per l’altro sesso, l’ho sempre amato e, per quanto ho potuto, me ne sono fatto amare”. Piccante e inesauribile, “La storia della mia vita” è il più ampio giacimento di avventure libertine del XVIII secolo.

 

Niente a che vedere con il delicato libertinaggio di un autore acclamato come Crébillon fils che aveva raggiunto la celebrità con opere come Il sofà, una storia osé in cui l’anima di un defunto, incarnata in un divano, racconta i rapporti amorosi cui assiste.

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Era stata l’avidità di quella donna non particolarmente bella, ma straordinariamente civetta a indurre il giovane Denis Diderot a emulare i successi di Crébillon fils, un’amante avida di denaro Conversando con lei, il filosofo aveva sostenuto che, per fare un romanzo, bastava trovare un’idea piccante, su cui imperniare il resto. Sfidato a dimostrarlo, Diderot era tornato quindici giorni dopo con i Gioielli indiscreti e cinquanta luigi.. Un anello magico è in grado di far confessare all’organo sessuale delle dame di un’esotica corte le loro avventure. 

 

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Nei loro resoconti solo una finta distrazione s’oppone alle mani dei seduttori, che stringono corpi ansiosi di essere esplorati. “Mi adatterei volentieri al giovane paggio” ammette il “gioiello” di una donna “ma non so quando si farà avanti. Nell’attesa mi accontento del bramino. D’accordo, è bruttissimo, ma appena ha finito ricomincia”.

 

Sotto le cortine roccocò di quel finto Oriente era facilmente riconoscibile la corte galante di Luigi XV e l’abitudine del sovrano di farsi leggere, appena alzato, i rapporti della polizia sulle cronache scandalose del giorno prima.

 

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Il successo del libro gli aveva fatto erroneamente attribuire Teresa filosofa, scritto dal marchese d’Argens. Come spesso accadeva, la storia si basava su un fatto realmente accaduto: la seduzione di una fanciulla misticheggiante, Eradice, da parte del suo confessore, il gesuita Girard. Nel processo seguito alla gravidanza della ragazza, il sacerdote era stato assolto e la puerpera condannata per calunnia. Nel libro la voce narrante è quella di un’amica di Eradice, Thérèse, che racconta la sua iniziazione al sesso.

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Messa in convento assiste agli amplessi dell’ingenua amica, fatti passare dall’astuto gesuita per esercizi d’ascesi.

 

Affidata dalla famiglia all’illuminata guida di una virtuosa vedova e di un abate, Thérèse scopre ben presto che i due sono amanti. Solo dopo aver sfiorato la prostituzione, cade nelle braccia di un generoso conte, con cui, in omaggio all’imperante ritorno alla natura, si ritira a vivere in campagna.

 

Ma il vero martire e profeta dell’erotismo era il marchese de Sade. Chiuso in prigione per le sue orge e per le sue opere ruggiva: "Avete immaginato di far miracoli riducendomi a un'atroce astinenza...è stato uno sbaglio: mi avete infiammato la mente, inducendomi a creare dei fantasmi che dovrò realizzare".

 

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Dalle “Centoventi giornate di Sodoma” alla “Filosofia del boudoir”, i suoi libri esprimono un concentrato di sensualità da gustare a piccole dosi, per non rischiare di stancarsene. Ma la sua opera migliore resta “Justine o gli infortuni della virtù”, le disavventure di una fanciulla bella e virtuosa, destinata a subire ogni sorta di oltraggio da una serie di mostri libertini. Ineffabile l’ultima frase: “Se Dio permette che sia perseguitata sulla terra è per prepararle in cielo la ricompensa più lusinghiera.”

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