zucchero fornaciari

BASTA UN POCO DI ZUCCHERO - "VI RACCONTO DI QUANDO FECI PIANGERE MILES DAVIS E DEL PIU’ GRANDE INSEGNAMENTO DI PAVAROTTI" - L’INFANZIA A REGGIO EMILIA (“RADICI CONTADINE, NON C'ERA PERMESSO DI FARCI DELLE PIPPE MENTALI”), IL SUCCESSO TARDIVO (DICEVO: “MALE CHE VADA FARO’ IL VETERINARIO”), GLI ATTACCHI DI PANICO PRIMA DEI CONCERTI E DEI TOUR COMBATTUTI CON LA GRAPPA E IL PROZAC – "LA PIÙ BELLA CANZONE DEL SECONDO NOVECENTO? ‘A WHITER SHADE OF PALE, SEMBRA SCRITTA SOTTO EFFETTO DELL'LSD…” – VIDEO

 

Antonio Gnoli per Robinson – la Repubblica

 

zucchero

La frase più amara che gli sento pronunciare è che per lungo tempo ha creduto di morire. Non una morte fisica. Se è per questo, è stato un giovane forte e resistente.

Ma una morte sottile, di testa, che ti tiene in vita ma che ti fa alzare tutte le mattine con l' ansia di non farcela. È uno Zucchero in libera uscita quello che incontro e che non ha dimenticato l' inflessione dialettale, alla quale si aggrappa come alle radici in un giorno di vento forte. È cordiale, simpatico con quella faccia un po' vichinga, aperta, energica e concupiscente.

 

Nel linguaggio dei media Zucchero è una rockstar internazionale. Uno dei pochissimi italiani in grado di reggere il confronto con le altre stelle americane e inglesi. Partirà tra un po' per un lungo tour che toccherà le maggiori città dei vari continenti: dall' Europa agli Stati Uniti, all' Australia per finire con undici concerti a settembre all' Arena di Verona. Porterà le sue canzoni e il nuovo album. La prima tappa Londra, alla 02 Arena, in un' esibizione insieme ad altre star come Tom Jones ed Eric Clapton, i Procol Harum e i Dire Straits, Cat Stevens e Paul Young.

 

Di solito come vivi questi lunghi tour?

«Oggi con maggiore tranquillità. Ma in passato ci sono stati momenti duri e complicati».

 

zucchero

Dovuti a cosa?

«Al panico. Al terrore di dover salire sul palco».

 

Ti è accaduto spesso?

«Il primo attacco di panico fu all' inizio degli anni Ottanta. Estate. Varazze. Con una band ero stato ingaggiato per cantare in un locale. Il gestore mi dice vai e canta Rock' n roll robot, che era in quel momento il successo di Alberto Camerini. Sto per iniziare, controvoglia. Un caldo infernale. Comincio a sudare freddo. Il cuore che va su di giri. Poso la chitarra e come un automa esco di scena. Un disastro».

 

Non eri ancora famoso.

«Sconosciuto ai più».

 

zucchero nel suo mulino

A cosa ti aggrappasti?

«A niente, era come galleggiare nel vuoto. Improvvisamente sentivo che qualcosa mi afferrava trascinandomi giù. Ero impotente, smarrito e anche incredulo».

 

Incredulo?

«Sì, perché a me? Che cosa ho che non va? Vengo da una terra solida, dura ma aperta. Radici contadine, non c' era permesso di farci delle pippe mentali».

 

Sei di dove?

«Di Roncocesi, frazione di Reggio Emilia. Un piccolo mondo che avrebbe potuto descrivere Guareschi: il parroco e la chiesa da un lato, il sindaco e la casa del popolo dall' altro».

 

La tua famiglia da che parte stava?

«Era comunista, soprattutto mio zio Enzo, detto Guerra: marxista, leninista, maoista. Autodidatta.

Aveva la stanza da letto piena di libri. Non potendo fare pressoché nulla, era seminfermo per colpa di una scheggia di granata vicino al cuore, teorizzava. Sognava il suo mondo migliore. Era diverso dal fratello, cioè da mio padre».

 

Perché, com' era tuo padre?

zucchero al mare con la compagna

«Terragno, pratico, impulsivo. Ricordo che quando veniva il prete in casa si toccava i maroni. Poi sopraggiunse una malattia, di quelle degenerative ma che allora non si sapeva che cosa fosse. E un giorno si presentò il prete e papà si alzò a fatica dalla poltrona e si fece il segno della croce. Allora mi sembrò strano, un po' come arrendersi. Poi ho capito che quel gesto era il segno di una redenzione».

 

Parli di fede?

«Ho sempre avuto qualche riferimento spirituale. La mia vita e, aggiungo, le mie canzoni sono state un continuo oscillare tra sacro e profano. Il primo strumento che ho suonato è stato l' organo in chiesa.

 

Fu don Tagliatella, lo chiamavamo così, il parroco che veniva spesso a pranzo la domenica e discuteva con lo zio Guerra, a permettermi di suonarlo. Sai quale è stata la prima grande emozione? Quando sono riuscito a suonare A Whiter Shade of Pale, la più bella canzone del secondo Novecento».

 

zucchero

Un classico, ma con un testo ermetico che parla di vergini e di mugnai.

«Ma è bella anche per questo, sembra scritta sotto effetto dell' lsd, con un sottofondo di Bach e un riferimento ai racconti di Canterbury di Chaucer.Pazzesco! Ogni tanto la canto nella versione originale dei Procol Harum».

 

Toglimi una curiosità, come sei arrivato al rhythm and blues?

«Per puro caso. Un ragazzo nero di Memphis, che studiava agraria a Bologna, aveva degli amici o dei parenti a Roncocesi. E ogni tanto veniva a trovarli. Ci conoscemmo e poiché sapeva che strimpellavo la chitarra mi fece ascoltare un disco di Otis Redding. Sai quando hai una botta di adrenalina?Ecco, restai folgorato da (Sittin' on) the Dock of the Bay. Quello fu il primo passo».

Al successo non sei arrivato subito.

«Quasi dieci anni di gavetta, di porte sbattute in faccia e anche dopo non è stato facile».

 

Hai mai pensato di non farcela?

«Più di una volta. Oltretutto, avevo una moglie che non era il massimo dell' incoraggiamento. Due figli, i soldi che non bastavano e la precarietà di un mestiere per il quale ti sembra sempre di stare sul ciglio di un burrone».

zucchero al mare con la compagna

La popolarità arrivò con Sanremo.

«Fino a un certo punto. Partecipai arrivando penultimo. I discografici non erano molto convinti che avrei sfondato. Sì, ho pensato di non farcela e mi sono anche chiesto, in alternativa, di che cosa avrei vissuto».

 

Avevi un piano B?

«Dicevo: male che vada farò il veterinario. Mi ero iscritto alla facoltà di Pisa, sostenendo una trentina di esami. Ma poi avevo smesso per gli impegni musicali. Mi sarei occupato di bestie. Perché no?».

 

I tuoi come vedevano le tue imprese di cantante?

«Se ne fregavano, soprattutto mio padre. Pensa che quando sono diventato "Zucchero", per un periodo, visti i dissapori con mia moglie, mi trasferii nella vecchia casa dei miei genitori. Volevo respirare l' aria di famiglia, ripensare alla mia infanzia, rivedere i volti familiari.

 

zucchero al mare

Mio padre mi svegliava alle quattro del mattino. Alzati Delmo che devi andare nei campi a lavorare. Capisci? Non aveva realizzato nulla del mio successo. E quando gli dissero: hai un figlio musicista famoso, lui rispose non mi piace la sua musica, a me piacciono il valzer e la mazurka.Non ce l' ho fatta a restare e sono andato via nuovamente».

 

Dal punto di vista professionale sei stato ampiamente ripagato. A cosa devi il tuo successo?

«Lo devo innanzitutto a me stesso. Poi ci sono gli incontri con le persone giuste, la stima che comincia a circondarti. La gente che ti guarda con un occhio diverso. E poi, nonostante fossi un provinciale, o forse grazie al fatto che lo ero, ho sempre guardato fuori dal nostro Paese. Volevo far parte di una famiglia musicale che capisse il mio sforzo, i miei desideri, i miei sogni».

 

Alludi al confronto con le grandi rockstar?

«Sono stato fortunato nell' incontrare artisti che hanno capito e apprezzato la mia lingua musicale: Eric Clapton, Sting, Bono, Joe Cocker e ovviamente Miles Davis».

 

È vero o è una leggenda che sia stato Miles Davis a chiederti di suonare con lui?

«Lui sentì Dune mosse, chiese chi fossi e decise che avrebbe fatto volentieri quel pezzo con me. Lo raggiunsi a New York e in una sala di registrazione facemmo il pezzo. Superammo alcune incomprensioni e alla fine disse che gli piaceva la mia voce. Ero stordito. Disse anche che quella musica lo aveva fatto piangere. Non so se esagerava o se era entrato in un mood particolare».

 

Cosa ti colpì di lui?

«Era un misto di aggressività e tenerezza. Finimmo la serata in un ristorante. Era nero, vestito di nero, con le lenti nere. Si tolse gli occhiali e vidi due fessure verdi. Erano i suoi occhi. Bellissimi. E aveva acceso il mio buio».

 

Una canzone del tuo nuovo album,"D.O.C", si intitola "Spirito nel buio". Parli di feste in paradiso, di gioia nel mondo, del fiume Giordano, di sacro e di profano. Davvero è questo il mondo che stai cercando?

«È la spiritualità di cui ti parlavo prima. Si tratta di una conquista difficile. Quella canzone dice anche che mi sento come perduto nella nebbia e che vorrei un mondo in festa. Ma il mondo non è quello che sognavo da bambino. Ci sono i fallimenti privati e quelli collettivi».

 

A quali stai dando la precedenza?

zucchero nel suo mulino

«In questo momento mi pare evidente che stiamo andando tutti, chi più chi meno, incontro a una sconfitta epocale. Siamo ancora sospesi, con la paura di non farcela».

 

Prima hai raccontato del tuo primo attacco di panico. Come hai contrastato questo problema?

«Intanto vivendolo. Anche drammaticamente. Fu terribile prima di un concerto al Cremlino e un' altra volta quando fui invitato a cantare a Wembley per un tributo a Freddie Mercury. C' erano i Queen, David Bowie, Elton John, George Michael. Stavo malissimo. Sudori freddi. Quando arrivò il mio turno volevo solo andarmene. Dietro il palco la fuga. Davanti ottantamila persone. L' angoscia mi terrorizzava. Ero nella fosse dei leoni.

 

Alla fine l' adrenalina ebbe il sopravvento e cantai alla grande. In seguito le cose si complicarono. All' inizio di un tour per il mondo venni preso dal panico.

Decisi di annullare tutti i contratti e partii per Pisa con l' intento di ricoverarmi nell' istituto diretto dal professor Cassano, grande specialista di patologie legate alla depressione».

 

zucchero

Cosa accadde?

«Gli spiegai cosa avevo e che intendevo ricoverarmi nella sua clinica. Nel frattempo gli organizzatori del tour minacciavano penali mostruose da pagare.

Non mi importava. Volevo solo stare lontano dalle scene e curarmi. Volevo la mia piccola tana. Ma Cassano fu irremovibile. Mi spiegò che la cosa migliore era affrontare il tour assumendo tuttavia dei farmaci che lui avrebbe dosato. Niente.

Insistevo per essere ricoverato. Poi vidi una vecchia in un corridoio che urlava che voleva uscire e mi sono spaventato. Rischiavo di fare la stessa fine. E allora decisi di tornarmene a casa».

 

E alla fine?

«Partii per il tour grazie anche all' intuizione di un amico che mi offrì molta grappa. Il professor Cassano ci mise il Prozac. La miscela fu per me risolutiva».

 

E oggi?

zucchero

«Come ti ho detto va molto meglio. Ogni tanto penso a mio nonno. Anche lui, scoprii, aveva avuto attacchi di panico. Non si sapeva, allora, esattamente cosa fossero. La nonna lo faceva sedere, gli sfilava la maglia e gli asciugava il sudore.

 

Poi gli serviva un brodo caldo e lui ricominciava a vivere. Come accade a me: Adelmo Fornaciari in arte Zucchero. Ma io, per i miei ero Delmo, e le mie radici sono ancora lì in quella terra. Mi ricordo quando diventai amico di Pavarotti: i concerti eseguiti insieme in giro per il mondo. Luciano era planetario. Aveva più popolarità di Michael Jackson, ma quando tornava a Modena giocava a carte con gli amici e tagliava i salumi. Essere provinciali e universali. Questo mi ha insegnato. Mi chiedi di oggi. Ho imparato a conoscere il mio male e a contrastarlo. Sono vigile e sereno. Un tempo mi ero fissato che il pubblico venisse ai miei concerti per giudicarmi e criticarmi. E ci stavo male. Ora so che in realtà viene perché ama le mie canzoni, la mia musica. Anche questa, giuro, è stata una conquista».

zucchero ZUCCHERO QUALE SENSO ABBIAMO NOIzuccherozuccherozuccherozuccherozuccherozucchero

 

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?