BEETHOVEN SUONAVA COL GREMBIULINO – IL GENIO INFLUENZATO DAGLI “ILLUMINATI” (L’ALA SINISTRA DELLA MASSONERIA) - SENZA DI LORO NON AVREBBE MAI COMPOSTO LA NONA, OMAGGIO ALLE IDEE MASSONICHE E TRASGRESSIONE DELLE REGOLE DELLA SINFONIA…

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Marina Verna per \"La Stampa\"

Nel 1779 un giovane compositore tedesco di nome Christian Neefe arrivò a Bonn, chiamato a ricoprire il ruolo di organista di Corte. Era un sognatore e un entusiasta, infiammato dalle idee della Rivoluzione scientifica e dell\'Illuminismo, bramoso di portare in superficie e sviluppare tutte le potenzialità umane. Bonn era la città perfetta per un progressista come lui, essendo una delle più colte e illuminate della Germania, con una Corte che finanziava musica e teatro.

BeethovenBeethoven

Neefe, racconta il compositore e musicologo americano Jan Swafford sulla rivista online Slate, era un uomo complesso e, oltre alla vita ufficiale, ne aveva una segreta. Era stato massone ma, stanco delle continue chiacchiere sulla libertà e la moralità che gli sembravano inconcludenti, aveva aderito a una nuova setta: l\'Ordine degli Illuminati. Una emanazione dell\'Illuminismo francese, una costola della massoniera, la sua ala sinistra: in pratica, una nuova società segreta, fondata in Baviera nel 1776 da un professore di diritto naturale e canonico all\'Università di Ingolstadt, Johann Adam Weishaupt.

Proprio quella società iniziatica di cui racconterà Dan Brown nel «Codice da Vinci». Quando gli Illuminati aprirono una loggia a Bonn, Neefe ne divenne il capo, sottoscrisse il nuovo piano per governare il mondo e cominciò a guardarsi intorno alla ricerca di proseliti.

Fu a quel punto che gli capitò il meglio che può capitare a un maestro: un genio da educare. Ludwig van Beethoven. All\'epoca aveva 10 anni ed era un bambino imbronciato, sporco e taciturno. Un onesto tastierista, come ce n\'erano tanti a Bonn. Sotto questa crosta, Neefe intuì però il talento e gli insegnò organo e composizione. Pubblicò le sue prime variazioni e ne scrisse in un suo articolo con le profetiche parole: «Con il nutrimento adeguato questo bambino diventerà sicuramente un altro Mozart».

Abbondò dunque nel nutrimento. Gli diede lezioni di musica e di vita. Beethoven era un bambino prodigio con il classico problema dei bambini prodigio: sapeva tutto della musica ma nulla della vita. Dei tanti mentori della sua giovinezza, Neefe fu forse quello che più cercò di orientarlo nel mondo, inculcandogli i valori degli Illuminati. Senza parere, com\'era suo dovere di affiliato, aspettando che raggiungesse l\'età per essere reclutato apertamente.

Su questo punto la sua missione fallì, perché gli Illuminati si sciolsero nel 1785, quando Beethoven aveva 14 anni. Ma nella sostanza, scrive Swafford, Neefe centrò l\'obiettivo. E l\'Inno alla Gioia della IX Sinfonia ne è la prova.

Neefe non fu l\'unico Illuminato a incrociare la strada di Beethoven. Molti dei suoi futuri amici, dei mentori e dei protettori erano ex Illuminati o Framassoni. Senza di loro non sarebbe mai stato composto quel quarto tempo della IX Sinfonia, omaggio alle idee massoniche e trasgressione delle regole della sinfonia, che è sempre solo per strumenti e mai per voci.

Gli Illuminati non furono mai numerosi, ma tra loro ci furono nomi importanti: Goethe, ad esempio, e il giurista Christian Koerner, grande amico del poeta Schiller, che indusse a scrivere l\'«Ode alla gioia», spesso musicata e cantata nei circoli massonici prima di trovare la sua forma musicale definitiva ed entrare nella storia con la Nona.

Tutto questo accadrà quando Beethoven aveva già lasciato Bonn. Ma l\'idea di musicare l\'Ode gli era venuta già negli anni tedeschi, quando, grazie all\'insegnamento di Neefe, aveva capito a che cosa alludessero quei versi e come, dietro la superficie letteraria, si muovessero le correnti profonde degli spiriti illuminati. Aveva raccolto idee e ideali e maturato la decisione di essere un compositore diverso da tutti gli altri. Non solo un intrattenitore di Corte.

Scrive Swafford che, se Beethoven fosse cresciuto in una città diversa da Bonn, sarebbe certo stato un genio ma non sarebbe stato lo stesso uomo e lo stesso compositore: «A Bonn maturò l\'idea della musica come linguaggio esoterico maneggiato da pochi uomini illuminati a vantaggio del mondo».

Beethoven sentì sempre il dovere verso quell\'astrazione chiamata «umanità»: questo gli era stato insegnato e questo perseguì. Mettendo la sua musica al servizio dell\'idea. E quando volle predicare di fratellanza, non fece un sermone ma regalò un\'emozione.

 

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