CHI E’ IL “POTENTE SIGNORE” CHE NON VUOLE LA ZANICCHI A SANREMO? IVA FURENTE: HA DETTO CHE DEVONO PASSARE SUL SUO CADAVERE.  GLI AUGURO LUNGA VITA, MA HO PRONTI…” – IO, MILVA E MINA TRE PESI MASSIMI? MINA DI SICURO, COSI’ MASSIMO CHE STA SPIAGGIATA SUL DIVANO – CHIEDEVANO ALLA VANONI ‘UN FIUME AMARO’, LE DISSI: “ASTIENITI, NON SAI CANTARLA” - LA BORDATA ALLA EX MOGLIE DI GALLIANI DANIELA ROSATI: SI E’ FATTA SUORA. HA SEMPRE GODUTO DI PROTEZIONI ALTISSIME. PRIMA GALLIANI E ORA IL PADRETERNO - HO MOLTO AFFETTO PER BERLUSCONI, PERÒ VOTERÒ MELONI- LIBRO

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Antonello Piroso per La Verità

 

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Vulcanica. Irriverente. Sanguigna. Soprattutto una grande interprete musicale «dalla voce quasi tenorile» (così Wikipedia). Iva Zanicchi, 79 anni, ha scritto per Rizzoli Nata di luna buona. Avvertenza: i giudizi abrasivi qui riportati vanno letti immaginando di sentire in sottofondo le sue risate. Perché può scherzare su gli altri solo chi è capace di non prendere troppo sul serio se stesso.

 

Questo non è il suo debutto letterario.

«No. Sono al terzo libro, dopo Polenta di castagne del 2002 e I prati di Sara del 2005».

 

Il primo fu un libro di ricette?

«Macché. C' è chi all' epoca lo pensò e lo scrisse, senza evidentemente averlo neppure sfogliato. È che dove sono nata io, sulle montagne a Vaglie di Ligonchio (Reggio Emilia), per la miseria c' era solo quello da mangiare, il piatto più semplice, che ha sfamato generazioni. Era un libro autobiografico, che arrivava fino al 1974, quest' ultimo ne è la ripresa e la prosecuzione arrivando ai giorni nostri».

 

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Dinastia contadina e umile, la sua.

«Ma dignitosa. Sempre. Mio nonno con la famiglia emigrò in America. Si fecero la quarantena a New York: li tenevano ammassati come bestie per vedere se portavano qualche malattia. Poi finirono in Montana. Peggio che a Ligonchio! Perché qui giravano i lupi, di notte. Lì anche gli orsi. Di giorno».

 

Ricorda che per un breve periodo fui tra i suoi autori a Iva Show, trasmesso da Rete 4 nel biennio 1996-1998?

«Sinceramente no. E perché se ne andò?».

 

Non mi trovavo bene nella squadra, mi sembrò giusto levare il disturbo. Era un tipo di approfondimento nazionalpopolare, ma lavorandoci si poteva farne la versione nostrana di Oprah Winfrey.

«Piroso, con lei non si capisce mai dove inizi lo sfottò. Sa come finì, vero? Un giorno accendo la tv per rivedere la puntata (registravamo sempre) e scopro che c' era un altro programma. Solo che il mio faceva il 20% di share, il rimpiazzo il 3».

 

Se ne saranno pentiti, allora.

«Se ne sono fatti una ragione, invece. Il mio posto era stato preso dalla moglie di Adriano Galliani, quindi intoccabile».

Daniela Rosati.

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«Poi si è fatta suora. Ha sempre scelto di godere di altissime protezioni: prima Galliani, poi il Padreterno».

Bella indelicatezza, comunque.

«Manco l' unica. All' epoca di Ok! Il prezzo è giusto, per cui il contratto si rinnovava di anno in anno, stavo aspettando che mi chiamassero per la nuova stagione. Parlo con la costumista e lei: "Ma come, non sai che sei stata sostituita da Gigi Sabani?". Rimasi di stucco. Fu il mio compagno (Fausto Pinna: stanno insieme da 33 anni, nda) a telefonare alla direzione di Canale 5, che confermò: avevano pensato di cambiare senza neanche dirmi "crepa, cane".

 

Che mancanza di tatto e di rispetto. Ma sa il colmo quale fu?

Mi telefona il giorno dopo Carlo Momigliano, direttore del marketing: "Peccato Iva che tu voglia lasciare la trasmissione"».

 

È uno sport molto praticato, quello delle voci maligne fatte circolare ad arte alle spalle altrui. In tutte le aziende.

«Gli risposi che ero stata accantonata d' ufficio. Lui rimase in silenzio, poi mi invitò ad aspettare, ché si sarebbe fatto risentire. Commissionò un sondaggio presso gli inserzionisti pubblicitari, risultato? Un plebiscito per me: 90 a 10. Morale: contratto rinnovato per altri due anni, i dirigenti dovettero ingoiare il rospo, tiè».

 

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Ok, il prezzo della vendetta è quello giusto!

«Nessuna vendetta, non sono il tipo. Ho il gusto della battuta, questo sì, ma non porto rancore».

Neppure a quel personaggio che giorni fa avrebbe giurato: «La Zanicchi di nuovo al Festival? Deve passare sul mio cadavere»? E dire che lei è la cantante che ha vinto più edizioni: tre.

«Vuol farmi fare polemica a tutti i costi, ho capito. Ma lasciamo perdere, voliamo alti».

 

Aspetti, all' Aquila di Ligonchio arriviamo dopo. Conferma che non si tratta di Amadeus?

«Sì. Faccio con tutto il cuore il tifo per lui, si merita il più sfavillante dei successi. Guardi, io non auguro il male neppure al mio peggior nemico, e questo "signore" che se la tira da molto potente spero davvero sia sempre in salute e che possa campare fino a 100 anni, o oltre...».

 

Non so perché, ma ho come l' impressione stia per arrivare un ma...

«Nessun ma. Diciamo che se però la sorte non fosse così favorevole, mi farei trovare pronta con un bel paio di scarponi chiodati».

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Eccallà, commenterebbe alla romana Maurizio Costanzo. Io credo che se due sue rivali, Ornella Vanoni (classe 1934) e Patty Pravo (classe 1948) hanno gareggiato nel 2018 e nel 2019, potrebbe tornare a Sanremo tranquillamente pure lei. Anche solo come ospite.

«Patty Pravo non è mai stata una rivale, perché è arrivata dopo. Quanto alla Vanoni, nei concerti volevano sempre eseguissi una canzone di Ornella, Un' ora sola ti vorrei, convinti fosse mia. Lei un giorno mi ferma arrabbiata: "Sai che tutti pensano che la mia canzone sia tua?".

"Guarda che me la richiede il pubblico". E lei: "Ah be', del resto hanno l' impudenza di domandare Un fiume amaro a me". E io: "Astieniti. Perché tu Un fiume amaro non la sai cantare".

 

Quando si dice «la solidarietà femminile».

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«Non fraintenda: è per la timbrica e per la voce, non perché non sia all' altezza. Quindi io le sue posso farle, lei le mie no. Del Festival che dire? Ho già dato. Ho partecipato 10 volte, l' ultima 10 anni fa, con quell' intervento offensivo di Roberto Benigni, pieno di doppi sensi sulla mia canzone Ti voglio senza amore, e gli ammiccamenti del conduttore (Paolo Bonolis, nda)».

Vabbè, Benigni è il solito Benignaccio, e poi le battute sul sesso strappano sempre facili risate.

«Se non altro, lui si è reso conto e dopo una settimana mi ha telefonato per scusarsi con me e con la mia famiglia, visto che sono una madre e una nonna. Quell' altro invece non l' ho mai sentito. Solidarietà dei politici? Nessuna, il #metoo non era ancora di moda. L' unico a scrivermi una bellissima lettera fu il presidente emerito Francesco Cossiga».

 

Silente anche Silvio Berlusconi?

«Sì, ma la mia stima e l' affetto per lui ci saranno sempre, anche se poi, quando sono stata eletta in Europa con Forza Italia, il partito mi ha lasciata totalmente sola. La politica è un ambiente ancora più carogna di quello dello spettacolo».

Be', nel 2011 fu invitata in un talk de La7 in cui il Cavaliere fu attaccato duramente per il bunga bunga, lui telefonò in diretta invitandola «cordialmente» ad abbandonare quell'«incredibile postribolo televisivo», ma lei non lo fece.

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«Non volevo imitare Daniela Santanchè che faceva sempre 'ste sceneggiate. È vero, rimasi lì ma mi arrabbiai tantissimo, difesi con le unghie Berlusconi, sostenendo che se la sinistra pensava di abbatterlo così poteva stare fresca. Non mi pare di essermi sbagliata di tanto».

In effetti, fu una bella macumba.

«Del resto, demonizzando Matteo Salvini (come hanno fatto per decenni con Berlusconi) cosa stanno ottenendo? Che fra poco nei sondaggi la Lega arriverà al 50%».

Però in futuro lei voterà Giorgia Meloni...

«Se continua così, sì».

 

Mi scusi: ma è vero che ha partecipato alle primarie del Pd e ha votato per Andrea Orlando?

«Sì, perché è credibile, serio, e si presenta bene. Ormai guardo più alle persone che agli schieramenti».

Vabbè, come diceva Maurizio Ferrini a Quelli della notte: «Non capisco ma mi adeguo».

Invece da La gabbia di Gianluigi Paragone (senatore del M5s: aveva annunciato le dimissioni se fosse nato il governo con il Pd, ma nisba: è avanzato rinculando) se ne andò con un triplice "vaffa" e anche un "va' a cag...", simpaticamente detto in emiliano.

«Mi accusavano di essere corresponsabile della crisi economica perché ero stata al governo, ma quando mai?

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Esasperata, feci l' errore (perché la beneficenza si fa senza sbandierarla, me lo ripeteva sempre mia madre) di dire che avevo adottato una famiglia di quattro persone. Mi insultarono a sangue, urlandomene di ogni, perché secondo loro ero a caccia di pubblicità. Allora ce li ho mandati, e ho lasciato lo studio».

 

Torniamo allo zoo della canzone italiana degli anni 60 e 70: Mina, Milva e lei. Ovvero...

«La Tigre di Cremona, la Pantera di Goro (in quel di Ferrara) e poi l' Aquila di Ligonchio».

Tre pesi massimi.

«Ah, una di sicuro. Così massimo che sta spiaggiata sul divano, rintanata in casa all' estero, mentre come vede io sono ancora qui, a metterci la faccia».

 

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Ma ci sarebbe anche l' usignolo di Cavriago, la reggioemiliana Orietta Berti.

«Orietta è bravissima e fa bene a rivendicare l' esistenza di un quartetto e non di un trio.

Lo dico perché spero che per Natale mandi i suoi mitici tortellini anche a me, non solo a Mara Venier. Del resto, è vero che con Orietta abbiamo iniziato insieme, partecipando allo stesso concorso nel '61: lei però è andata a casa con una medaglietta, io con una coppa alta tre metri. Lei giura che siamo arrivate prime tutte e due.

Magari ha ragione lei, chissà».

 

Una delle sue canzoni più celebri, con cui ha vinto un Festival, è Zingara. Finita in seguito al centro di una querelle giudiziaria di anni. Con Francesco De Gregori denunciato dagli autori per plagio.

«Ma che poeta, De Gregori.E che bel tipo di uomo. Lo dico senza far ingelosire Fausto, perché lui è un fan sfegatato del Principe (e, ma a distanza e solo dopo, di Fabrizio De Andrè). Ma sa che ci rimasi male io per prima per quella accusa? Ma come: De Gregori fa una citazione, e voi lo portate in tribunale invece di ringraziarlo?».

 

La Cassazione ha confermato l' assoluzione già intervenuta in appello.

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«E per fortuna. Le regalo un particolare: quando espressi il mio sconcerto, De Gregori lo venne a sapere. Una sera, tornata a casa, me la ritrovai inondata di fiori. Nel biglietto di accompagnamento, oltre alla firma, c' erano solo queste parole: "Grazie, Zingara!". Un gran signore».

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